Capitolo tre

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Capitolo tre

«"Non è mai solo chi è accompagnato da nobili pensieri" disse Arthur Schopenhauer» poi il docente si rivolse a noi: «Vorrei che voi tutti stipulaste un testo su questa riflessione, avete meno di 48 ore; dopodiché la settimana prossima discuteremo qui in aula i vostri elaborati» disse mentre impugnava la sua ventiquattrore in pelle. «Una buona giornata.»
Andò via chiudendo la porta alle sue spalle.

Chiusi il mio block-notes infilandolo dentro l'enorme libro, mi alzai, presi tutto ed uscii dall'aula. Iniziai a guardare la mappa che mi aveva lasciato ore prima la signora Young, la mia meta fu la libreria, che secondo la mappa, nonostante il mio scarso senso dell'orientamento, non doveva essere poi così lontana.

Cara Ivy, imparerai mai a saper leggere una mappa?

Nonostante le mie scarse capacità nel leggere una mappa arrivai davanti alla Biblioteca. Varcai la soglia e mi fermai stupita a guardare quell'enorme e meraviglioso paradiso.

Si presentava come un ottagono dalle caratteristiche ottocentesche: tutta in legno di ciliegio finemente laccato, le vecchie lampade verdi posizionate nei banchetti rendevano il tutto ancora più ottocentesco, forse anche per la presenza delle scale che facevano da cornice agli scaffali?

Non saprei dirvelo ma, se il paradiso dovesse essere così, gettate la chiave e lasciami lì.

Comunque, dopo aver fantasticato ed essermi registrata, potei finalmente usufruire della biblioteca; mi sedetti poggiando il mio block-notes e il libro ed iniziai a leggere la ri- flessione dataci dal docente.

"Non è mai solo chi è accompagnato da nobili pensieri" questa era una frase, come aveva detto il docente, del famoso filosofo Schopenhauer.

Certo: sarebbe stata una bella sfida scrivere un testo rispecchiando il suo pensiero molto articolato. Quindi, armatami di coraggio, iniziai a cercare la lettera 'S' nella sezione 'Filosofia'.

Non pensavo esistessero così tanti filosofi; quando finalmente trovai ciò che stavo cercando, sollevai le punte dei piedi per poter prendere il libro.

Impugnandolo notai quanto fosse vecchio e polveroso: anche le pagine stesse erano ingiallite.

«Allora è destino, che io e tu ci incontriamo!»
Chiusi il libro, mi girai e vidi Yoora.
«Esattamente» dissi sorridendo.
«Che ci fai qui?» mi chiese con in mano una pila di libri. «Stavo cercando questo» dissi sventolando fiera il mio libro.

«Sei sola?» chiesi indicando la miriade di libri che aveva in mano.
«Oh...» disse, mentre sorridendo li sollevava, «no, sono con i miei amici.»
Concluse la frase quasi seccata, io annuì sorridendole. «Ti vuoi unire? Per loro non credo ci siano problemi.»

Quando mi chiese: "Ti vuoi unire?" aveva una tale luce negli occhi che mi sembrava un peccato spegnerla, ma purtroppo avevo il testo da consegnare in 48 ore e volevo dare il meglio di me.

«Mi spiace dirti di no, ma il docente ci ha dato un testo complesso da consegnare» dissi dispiaciuta.
«Tranquilla, ci si vede in giro» disse facendomi l'occhiolino ed andandosene via per scomparire tra gli scaf- fali.

Cara Ivy, sei stata pessima: dovevi accettare e basta. Cosa penserà? Che sei un'asociale del cavolo, ecco cosa...

Quasi a malincuore mi allontanai, dirigendomi verso il mio banchetto. Quando mi sedetti, mi girai e vidi Yoora poggiare sul suo banco tutti i libri; aveva un sacco di amici.

Mi rigirai per paura che qualcuno potesse vedere che li stavo fissando; notai che l'unico a farmi compagnia era il mio zainetto nero in pelle.

Cara Ivy, cosa stai per fare? Sai che tra un po' ti pentirai...

«È ancora valido l'invito?» chiesi a Yoora mentre era intenta a leggere. Alzò lo sguardo verso di me sfoggiando un sorriso a tren- tadue denti.
«Certo!»
Tolse le sue cose dalla sedia, facendomi accomodare. «Lei è Ivy» disse.

Imbarazzatissima mi sedetti sorridendo.
«Ciao!» salutai a tutti.
«Da dove vieni?» mi chiese una ragazza della comitiva. «Da New York...» le risposi aprendo il libro di Schopenhauer.
«Davvero?» intervenne sorpresa Yoora.
«Sì.»
Alzai lo sguardo verso di lei.
«Da New York a Seoul... hai fatto un pessimo salto di qualità!» enfatizzò Yoora guardandomi dritta negli occhi. «Non lo reputo un pessimo salto di qualità, ma un salto...» ridetti e a sua volta rise anche lei.

«Sono due mondi diversi; imparerò a vivere in questo»conclusi sorridendo.
«Se ci sarò io nel tuo mondo sarà meglio» gesticolò Yoora per poi portarsi i capelli dietro le orecchie.

Alla fine, non conclusi molto: passai tutto il tempo a ri-spondere alle mille domande di alcuni ragazzi incuriositi dalla vita newyorkese; quando arrivammo tutti all'ingresso dell'enorme campus Yoora mi salutò ed io la salutai a mia volta. Mentre camminavo mi fermai. Giratami verso il campus notai che alla fin fine non era così tetro questo posto.

***

«Allora com'è andato il tuo primo giorno?» mi chiese mio padre mentre mescolava la zuppa che aveva fatto mia madre.
«Potrei chiedere lo stesso a te» dissi spezzando una fettina di pane.

«Allora parlo io» intervenne mia madre, poggiando a tavola l'ultima pietanza che aveva preparato. «Sono stata in giro tra mercati e negozietti, la gente è così gentile e pre- murosa» disse sorseggiando un po' della sua zuppa. «Certo è stato un po' difficile, mi sono aiutata molto con il traduttore per poter comunicare con loro» concluse quasi ama- reggiata.

«Sarà difficile, ma ce la faremo» dissi incoraggiando mia madre che mi sorrise appena sentì le mie parole.
«Allora racconta» mi domandò mio padre.
«L'inizio è stato pessimo, ho pestato il piede a qualcuno...» portai una mano alle labbra ridendo, gioii nel sentire la buffa risata di mio padre. «Poi ho incontrato una ragazza che mi ha aiutata, ed infine abbiamo anche studiato insieme.»

Quando finii di parlare guardai mio padre.
«A te?» io e mia madre dicemmo all'unisono.
«Devo confessarvi che pensavo sarebbe stata più dura...invece no, capiscono facilmente la nostra lingua.»
Mi alzai per aiutare mia madre a sparecchiare la tavola. «Quindi posso dire che è andata bene» concluse mio padre passandomi il suo piatto.
«Beh, come inizio non è male, no?» intervenne mia madre.

Cara Ivy, se smettessi di poltrire nella sedia e ti alzassi? Hai un lungo testo da elaborare e consegnare tra meno di 24 ore.

Controvoglia andai nella mia stanza; quando mi sedetti alla scrivania inizia di getto a scrivere quello che pensavo sulla solitudine, accompagnando le mie riflessioni allo studio del pessimismo di Schopenhauer.
Scrissi per tutta la notte, finché stanca non mi misi a letto crollando in un sonno profondo.

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