Capitolo tredici

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Capitolo tredici

Con ancora il cocktail tra le mani ripensavo a quello che aveva detto Jaekwang da dietro il bancone: "Ti ubriacherai anche stavolta?".

Quelle parole mi balenavano in testa da più di mezz'ora e non mi curavo di quello che mi succedeva intorno; sarei voluta entrare dentro quella testa e chiedere delle spiegazioni in merito alla sua uscita infelice nei miei confronti.

Vidi la mano di Yoora sventolarmi davanti al viso.
«Ivy chiama terra!» disse seria. «A cosa pensi?»

Scosse la testa alzando gli occhi al cielo.
Mi tirò in pista, bevvi il mojito tutto d'un fiato e quando andò in corpo alcool iniziai a ballare insieme a Yoora e Tae sulle note di una musica tecno; mentre ballavamo vidi che verso la mia direzione si stava avvicinando lui.

«Allora, ti è piaciuto il mojito?» mi chiese guardandomi.
«Sì, buono, ma ripenso al perché delle tue parole» dissi quasi urlando.
Lui aveva un'aria così tanto confusa che corrugò le sopracciglia.
«Scusa puoi ripetere?»

Gesticolò per poi avvicinarsi al mio orecchio; sentii il suo odore, un profumo gradevole all'olfatto con una nota di aspro quasi pungente, ma nel complesso dolce e delicato.
«Ho detto: "Si buon-"»
La nostra conversazione venne interrotta da Amanda che si intromise tra di noi, tanto da separarci.

«Ehi ragazzi, posso unirmi a voi?» disse scrutandomi, tanto che istintivamente guardai i miei vestiti.

Amanda era la tipica ragazza americana, dalla carnagione sempre abbronzata, i capelli perfettamente acconciati e mai fuori posto, come il trucco curato nei minimi dettagli. Per quel poco che la conoscevo avevo dedotto nella mia breve esperienza che era una ragazza con un carattere particolare.

«Stavamo parlando del mio mojito.»
Alzai il bicchiere ormai vuoto.
«È davvero bravo il nostro Jk» disse poggiando una mano al suo petto e avvinghiandosi al suo braccio.

Ma quando alzai lo sguardo vidi negli occhi di Jaekwang irritazione verso l'atteggiamento avuto da Amanda, tanto che se n'è andò via scomparendo tra la folla danzante.

«Posso dirti una cosa?»
Si avvicinò a me.
«Sì certo, dimmi pure» dissi sorridendo.
«Stai lontano da Jaekwang» mi sussurrò all'orecchio. Con aria spocchiosa alzò il suo cocktail facendomi l'occhiolino e scomparendo nella direzione dove prima era andato Jaekwang.

Senza salutare nessuno presi il mio cappotto insieme alla mia borsetta e amareggiata e con mille domande in testa mi diressi verso l'uscita; non appena aprii la porta mi scontrai con qualcuno battendo la testa sul suo petto, toccandomi la testa alzai lo sguardo e vidi lui.

«Scusami» disse di fretta.
Mentre stava andando via lo bloccai prendendolo dal posto.
«Ho una domanda in sospeso con te» dissi guardandolo con ancora la mia mano salda sul suo polso.

Lui guardò il punto in cui lo stavo tenendo.
«Hai ragione, cosa dovevi dirmi?»
Abbassò il suo sguardo sostenendo il mio.
«Perché mi hai detto: "Ti ubriacherai anche stavolta?"» Con una mano mimai il gesto delle virgolette; lui si inumidì le labbra. Era la prima volta che notavo un piccolissimo neo sotto il labbro inferiore.
«Perché non vorrei sorreggerti di nuovo la fronte mentre vomiti.»
A quelle parole rimasi sconcertata, mollai la presa e lui andò via.

Cara Ivy, cosa ti aspettavi da un tipo del genere?

Appena aprii il portone di casa mi liberai immediatamente delle scarpe con il tacco, che avevano serrato i miei poveri piedi; con in mano le scarpe mi diressi in punta di piedi verso la cucina, posai le scarpe nell'angolo della penisola e poggiai sullo sgabello il resto delle cose. Allungai il braccio aprendo l'anta della cucina, estrassi una tazza, misi il bollitore ed aspettai; poggiai i gomiti sulla penisola e adagiai il mio viso tra le mani. Immersi il mio sguardo nel vuoto e, in quel vuoto, cercai di fare ammenda.

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