Capitolo 6: Rivelazione

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-Jo
 
La partita tra la squadra di Oikawa e quella di Kuroo si rivelò molto più combattuta del previsto. In tutti e tre i set furono superati i 25 punti, soprattutto nell'ultimo che terminò 34 a 32 per la squadra di Kuroo, regalandogli la tanta agognata vittoria. 
 
“Era ora, dannazione!” esclamò Bokuto, alzandosi in piedi “Cominciavo ad annoiarmi qui! Akaashi, sei pronto? Tra poco è il nostro turno!” 
 
L'alzatore della Fukurodami annuì pazientemente, abituato ai picchi di energia del suo capitano: “Certo Bokuto san, però noi giocheremo questo pomeriggio, lo hai dimenticato?” 
 
“Ah già, è vero” replicò Bokuto, grattandosi la nuca “Però non vedo l'ora lo stesso, sarà una partita fantastica!” 
 
Kenma raggiunse il capitano della Nekoma, scuotendo la testa: “Non ho idea di come abbiate fatto a giocare così fino alla fine... Io mi sento sfinito solo a guardarvi” 
 
Kuroo rise di gusto e si passò un asciugamano sul viso: “Gatti e corvi insieme sono una combinazione letale, dico bene Noya san?” 
 
“Puoi dirlo forte, Kuroo san” rispose Nishinoya, tirandogli una pacca amichevole sulle spalle “Siamo stati bravissimi” 
 
“Formidabili” ribattè Kuroo. 
 
“Pazzeschi e...” 
 
“Bevete di più e parlate di meno” sospirò Kaoru, piazzando in mano ai due ragazzi le loro borracce. 
 
Il capitano della Nekoma trattenne la manager per il polso, appoggiando un braccio intorno alle sue spalle. 
 
“Direi che mi merito un premio per questa vittoria, non credi Kaoru chan?” sussurrò Kuroo, avvicinandosi pericolosamente alle labbra della ragazza. 
 
Kaoru sorrise sorniona e tirò una sberla leggera sul viso del ragazzo: “Quanto sei esibizionista, Kuroo san... E non spalmarti addosso a me con quella maglietta fradicia, non voglio puzzare di sudore per tutto il resto della giornata”
 
Detto ciò, Kaoru girò i tacchi e tornò a distribuire le borracce mancanti agli altri giocatori, la sua gonnellina da tennis nera che sventolava qua e là. 
 
“Sei un uomo fortunato, Kuroo san. Tienilo bene a mente” farfugliò Nishinoya, senza riuscire a togliere lo sguardo dal lato B di Kaoru. 
 
Il capitano della Nekoma annuì, coprendogli gli occhi con una mano per offuscare la sua visuale: “Oh, eccome se lo tengo a mente” 
 
Dall'altra parte della palestra, Kageyama era l'unico componente della squadra a non dimostrare nemmeno un briciolo di soddisfazione per la vittoria appena conquistata. Anzi, sul suo viso era incisa un'espressione dura e arrabbiata, non molto diversa da quella che aveva tenuto per tutto il giorno precedente. 
 
Perchè mi sento così?!
 
Pensò Kageyama, bevendo avidamente dalla sua borraccia. Il fatto di non riuscire a godersi quel semplice momento di gioia in tutta tranquillità lo mandava in bestia e ancora di più lo turbava non riuscire a capire quale fosse la causa di tutto quel malessere. 
 
Abbiamo giocato una partita memorabile e abbiamo vinto. Allora cosa c'è che non va? 
 
A Kageyama bastò far scorrere il suo sguardo sui presenti in palestra e posarlo sul piccolo centrale della Karasuno per trovare le risposte alle sue domande. Le parole che il suo subconscio gli aveva proposto durante la partita di quella mattina riemersero prepotentemente. 
 
Lui non è mio.
 
Vedere Hinata stretto tra le braccia di quel bastardo di Oikawa che cercava di consolarlo per la sconfitta appena subita con buffetti sulle guance e bacini sulla fronte fu la goccia che fece traboccare il vaso. Kageyama sentì il sangue ribollirgli nelle vene ed ebbe la conferma che se fossero stati soli nella stanza, Oikawa se ne sarebbe uscito con un occhio nero e gli zigomi fracassati. 
 
Cercando di trattenere quell'istinto omicida, Kageyama uscì dalla palestra e s'incamminò per il corridoio in direzione del bagno. Doveva assolutamente sbollire quella rabbia, altrimenti al prossimo incontro avrebbe rischiato di fare davvero male a qualcuno. 
 
Immaginò di schiacciare ripetutamente su quella faccia da idiota di Oikawa ma si scosse subito. 
 
Calmati.
 
Una volta raggiunto il bagno, l'alzatore della Karasuno infilò la testa sotto il getto d'acqua gelata del lavandino e rimase sotto lo scroscio corrente per qualche minuto, infischiandosene del lago che si stava formando ai suoi piedi a causa degli schizzi. 
 
Una volta chiuso il rubinetto, Kageyama inspirò profondamente e si guardò allo specchio. La scintilla omicida di poco prima era sparita dai suoi occhi, tuttavia sul suo viso era ancora impressa un'espressione torva, quasi ferita, che non dava segno di voler sparire. 
 
Perché la vista del nanetto insieme ad Oikawa lo disturbava così tanto da ridurlo in quello stato? 
 
Kageyama rimase con le braccia tese sul lavandino e la testa gocciolante appoggiata allo specchio, cercando di trovare una risposta a quella maledetta domanda. 
 
Era Hinata il problema? O era Oikawa? Per quale motivo aveva la sensazione che l'alzatore della Seijoh gli stesse portando via qualcosa di suo? 
 
Era un pensiero stupido. Hinata non era un oggetto e non era suo. Non poteva portarglielo via. 
 
Hinata non è mio...
 
Gli dava forse fastidio il fatto che Oikawa s'intromettesse nel legame alzatore/schiacciatore che lui e il mandarino avevano creato in tutti quei mesi? O forse gli urtava di più che Hinata riuscisse a schiacciare delle veloci perfette anche senza il suo aiuto? 
 
Forse il suo subconscio non tollerava il fatto di essere messo in un angolo come un vecchio giocattolo da buttare. Non era abituato a sentirsi inutile. 
 
Kageyama rimase in quella posizione per un tempo che gli parve infinito. Alla fine, dopo svariati ragionamenti e congetture, arrivò ad una soluzione: il principale problema di quella situazione era Oikawa. 
 
Era la sua profonda antipatia verso l'alzatore a causargli quei picchi di rabbia, visto che quando Hinata stava in compagnia di altri o giocava con altri alzatori, la cosa non gli generava tutto quello sconforto. 
 
Kageyama ripensò anche al modo maleducato con cui aveva risposto a Hinata quella mattina. Anche se sarebbe stato difficile, doveva assolutamente chiedergli scusa. 
 
Quel vortice implacabile di pensieri fu interrotto da un rumore concitato di passi. La chioma fiammante di Hinata fece capolino dalla porta del bagno, un sorriso trepidante stampato in volto. Sembrava essersi totalmente dimenticato del pessimo scambio di battute di quella mattina. 
 
“Ecco dove ti eri cacciato” disse il piccolo centrale “Ci stavamo tutti chiedendo che fine avessi fatto, sei sparito subito dopo la fine della partita”
 
Kageyama si affrettò ad asciugarsi la testa e il viso con un asciugamano: “Sto bene. Avevo solo bisogno di schiarirmi le idee” 
 
Hinata inclinò la testa di lato: “C'è qualcosa che ti preoccupa? È da stamattina che sei strano”
 
Il fatto che il piccoletto si stesse preoccupando per lui gli fece quasi venire voglia di sorridere, ma il suo caratteraccio prese il sopravvento, come sempre. 
 
“Non è niente” bofonchiò l'alzatore: “Come al solito, quell'idiota di Oikawa mi da sui nervi” 
 
In effetti, non stava del tutto mentendo. 
 
Hinata appoggiò una mano sulla spalla del compagno di squadra, scuotendo la testa in modo teatrale: “È perché siete due testoni uguali. Due galli come voi non possono stare nello pollaio senza litigare, è praticamente impossibile”
 
Kageyama aggrottò le sopracciglia, non capendo dove volesse andare a parare il mandarino: “Io non sono un testone. E SOPRATTUTTO NON SONO UN GALLO”
 
“È un modo di dire!” sospirò Hinata, scuotendo la testa “Non devi prendere tutto sempre così seriamente”
 
Kageyama stava per ribattere ma il piccolo centrale lo anticipò: “Ora ci conviene raggiungere gli altri. Sono sicuro che il tuo malumore sia dettato anche dalla fame! A colazione non hai praticamente toccato cibo”
 
“IO NON SONO DI MALUMORE” tuonò l'alzatore, incrociando le braccia al petto.
Hinata fece roteare gli occhi e lo trascinò all'aperto, dove tutti gli altri erano già radunati per il pranzo. 
 
“Sei sempre il solito Bakageyama”
 
La prima voce che giunse alle loro orecchie fu quella timida del professor Takeda: “Avanti ragazzi, mettetevi in fila e non fate confusione. C'è cibo per tutti anche oggi, non serve spingere”
 
I ragazzi erano ammassati gli uni sugli altri, in attesa di ricevere il tanto agognato pranzo, mentre Takeda, la sua fidanzata, Naoko e le ragazze li guardavano con aria piuttosto schifata, preparandosi a servire i pasti. 
 
“Ehhh?! Ma qui non vedo nessun pezzo di carne” brontolò Bokuto, inclinando gli angoli della bocca all'ingiù. 
 
“Ieri sera vi siete spazzolati tutto quanto” rispose il vecchio Nekomata “È ovvio che non è avanzato niente!” 
 
“Ma io volevo ancora la carne! Akaashi, tu non la volevi?!” piagnucolò il capitano della Fukurodani. 
 
Akaashi alzò gli occhi al cielo, sospirando: “Bokuto san, ci saranno altre occasioni per mangiarla. E poi tutta quella carne alla griglia non fa bene all'organismo” 
 
Bokuto mugugnò qualcosa di indefinito che il suo alzatore non si prese la briga di ascoltare: “Coraggio, mettiamoci in fila” 
 
“Quanto sono infantili” commentò la manager della Fukurodani. 
 
Kaoru scosse la testa, passandosi una mano sugli occhi con aria stanca: “Sono tutti dei casi persi. Quando sentono odore di cibo sconnettono il cervello” 
 
Hikari ridacchiò, indossando dei guanti di plastica: “Perché, ogni tanto lo tengono connesso?”
 
Le ragazze scoppiarono in una risata generale. 
 
“Di cosa parlate, signorine?” domandò Kuroo, porgendo il suo piatto a Kaoru. 
 
La manager della Nekoma fece il gesto di avere la bocca cucita: “Non sono affari tuoi”
Kuroo si finse offeso, assumendo un'espressione esageratamente drammatica: “Come siamo velenose oggi, tesoro. È da stamattina che mi tratti male” 
 
“Magari voglio solo stuzzicarti un po', micetto”
 
“Ok, bambini belli” intervenne Naoko, sventolando il mestolo per la zuppa di miso come se fosse una spada “Va bene che alla vostra età avete gli ormoni a palla ma vi prego di contenervi” 
 
Kuroo rimase di sasso e filò via con una rapidità impressionante, mentre il viso di Kaoru diventava dello stesso colore della felpa della Nekoma. 
 
“Devo fare l'adulta davanti a questi qua” sussurrò poi Naoko all’orecchio della manager “Ma se ti serve un appoggio per sgattaiolare da lui dopo cena conta pure su di me, dolcezza” 
 
“Oh... ehm, grazie” farfugliò Kaoru, un po’ imbarazzata. 
 
Nel frattempo, i ragazzi si erano sistemati a gruppetti sul prato per pranzare, chiacchierando allegramente tra loro. 
 
“Ho trovato la postazione perfetta” esclamò Nishinoya di punto in bianco, richiamando a sé l'attenzione di Tanaka e Yamamoto. 
 
“Da questo punto preciso avremo una visuale magnifica delle dee celestiali che ci accompagnano in queste giornate” Noya iniziò a sventolare le braccia a destra e a sinistra come le hostess sugli aerei “Alla vostra destra, miei cari compagni, potete trovare la meravigliosa dea Shimizu e le sue ninfe, mentre alla vostra sinistra incrocerete lo sguardo con la madre di tutte le dee celesti: Naoko-san” 
 
Tanaka e Yamamoto rimasero in contemplazione, quasi con le lacrime agli occhi, continuando a girare la testa da una parte all’altra. 
 
“Noya san, tu sì che sei un vero eroe” biascicò il pelatino. 
 
“Sei la nostra guida” rincarò Yamamoto, che ormai era diventato ufficialmente il terzo membro di quell'improbabile gruppetto. 
 
“Quanto siete patetici” bofonchiò Tsukishima, passando di fianco al terzetto. 
 
Fortunatamente Nishinoya, Tanaka e Yamamoto erano troppo impegnati a fissare Shimizu e le altre ragazze per udire le sue parole. 
 
Il centrale della Karasuno si sedette in disparte, all'ombra di un albero, per gustarsi il pranzo in santa pace, lontano da schiamazzi e discorsi stupidi. 
 
Sono davvero dei casi umani... fissare delle ragazze in quel modo è da incivili
 
Pensò Tsukki, scuotendo la testa. Ma infondo, che cosa gli importava di quello che facevano quei tre? 
 
Mi importa perché tra quelle ragazze c'è Hikari san. E non voglio che loro la guardino... in quel modo…
 
Fu il suo subconscio a rispondere per lui.
 
“Tsukishima san, posso sedermi con te?” la diretta interessata dei suoi pensieri gli si palesò davanti, facendolo sobbalzare. 
 
Tsukishima annuì, cercando di rimanere impassibile. 
 
“Come mai non sei insieme agli altri?” domandò Hikari, prendendo posto di fianco al biondino. 
 
Tsukki scosse la testa: “Fanno tutti troppo fracasso, per i miei gusti. Avevo bisogno di stare un po' tranquillo” 
 
“Oh, beh... Allora ti lascio stare, non vorrei assolutamente disturbarti”
 
La manager dell’Aoba Johsai stava per alzarsi e andarsene ma Tsukishima la prese per mano, bloccandola: “No, aspetta. Tu... tu non sei affatto di disturbo, Hikari san. Anzi… anzi...” 
 
La ragazza arrossì prepotentemente, sentendo una scossa attraversarle il corpo quando la sua mano sfiorò quella del centrale. 
 
“Mi piace la tua compagnia” continuò Tsukishima, accennando il sorriso più sincero di cui fosse capace. 
 
Hikari ricambiò il sorriso: “Anche a me piace molto la tua compagnia, Tsukishima-san” 
 
“Puoi chiamarmi Kei, se ti va. Oppure Tsukki, i miei compagni di squadra mi chiamano così” 
 
Hikari scosse la testa, facendo una smorfia: “Se loro ti chiamano così, allora io ti chiamerò per nome” 
 
La pausa pranzo fu piuttosto rapida e al suo termine i professori invitarono i ragazzi a sistemare il porcile lasciato sul prato e a tornare in palestra per le partite pomeridiane. 
 
“Tra un quarto d'ora cominciamo gli incontri del secondo girone- disse Ukai, battendo le mani “Datevi una mossa”
 
Naoko si passò una mano sul mento: “I tuoi ragazzini mi hanno incuriosita Keishin. Voglio vedere con i miei occhi di cosa sono capaci con quei palloni”
 
All'udire quelle parole, Tanaka, Yamamoto e Nishinoya scoppiarono teatralmente in lacrime. 
 
“La madre di tutte le dee assisterà ad un nostro incontro” biascicò Tanaka. 
 
“Non so se il mio cuore sarà in grado di reggere una tale emozione” continuò lo schiacciatore della Nekoma. 
 
Noya si portò una mano sul petto: “Offriremo a Naoko san uno spettacolo memorabile, ne sono certo”
 
La diretta interessata smorzò immediatamente il loro entusiasmo, tirandogli uno scappellotto sulla nuca: “Placatevi voi tre, potrei essere vostra zia, misericordia divina” 
 
Quei tre non si curarono affatto delle parole della ragazza, anzi, rimasero cinque minuti buoni a farfugliare frasi sconnesse sul fatto che la ‘Grande Dea’ li avesse toccati e che per questo motivo non si sarebbero mai più lavati il collo. 
 
Hinata sghignazzò alla vista di quella scena patetica e si preparò a rientrare in palestra. Si sentiva molto meglio rispetto a quella mattina e anche se non avrebbe potuto giocare per il primo posto, non vedeva l'ora di tornare in campo. 
 
Durante il pranzo aveva tenuto Kageyama sott'occhio per tutto il tempo ed era stato felice di constatare che l'espressione infuriata di quella mattina era quasi del tutto sparita dal suo volto. 
 
Visto che sapeva della pessima alchimia che scorreva tra Kageyama e Oikawa, Hinata aveva fatto in modo di tenerli il più lontano possibile durante quella breve pausa. Per fortuna, Iwaizumi aveva praticamente rapito il suo alzatore, permettendogli di intrattenere Kageyama insieme a Bokuto, Akaashi, Kenma e Lev. 
 
Hinata pregò che l'umore di Kageyama rimanesse alto per tutto il resto del pomeriggio. Non aveva affatto voglia di vederlo arrabbiato come quella mattina. 
 
E adesso per quale motivo mi preoccupo dell'umore di Kageyama? 
 
Il piccolo schiacciatore scosse la testa e rientrò in palestra. Si sedette in panchina insieme ai suoi temporanei compagni di squadra per osservare il secondo incontro del torneo. 
 
I suoi occhi però non riuscivano a mantenere la concentrazione sul campo, continuando a schizzare verso l'altro lato della palestra, dove Kageyama era seduto insieme a Kuroo e gli altri suoi compagni. 
 
La cosa non passò inosservata ad Oikawa: “Sei preoccupato per Tobio chan, piccino mio?” 
 
Hinata si scosse, sentendo la mano dell'alzatore scorrere tra i suoi capelli arancioni.
 
“Non riesco a capire quale problema ci sia tra di voi da farlo infuriare tanto. Dovevi vederlo questa mattina, aveva una faccia spaventosa” 
 
Oikawa lanciò un'occhiata a Kageyama per poi tornare a concentrarsi di nuovo sul piccolo centrale: “Sai, chibi-chan, credo che Kageyama sia geloso” 
 
Hinata inclinò la testa di lato, guardandolo come se stesse parlano di fisica nucleare: “Geloso?”
 
“Sì, geloso” ripeté il capitano: “Ha paura che qualcuno, come il sottoscritto, possa portargli via il suo preziosissimo schiacciatore”
 
Hinata sbuffò, scuotendo la testa: “Pff, impossibile. Kageyama sa di essere molto più bravo di me, io non sono affatto indispensabile per lui” 
 
Quelle ultime parole incrinarono qualcosa nel subconscio di Hinata. Era davvero così importante per lui l'opinione di Kageyama nei suoi confronti? 
 
Oikawa ridacchiò, producendo un'eco cristallina: “Oh, chibi-chan, sei così ingenuo da non rendertene minimamente conto. Kageyama non solo ti reputa indispensabile, ma credo anche che provi qualcosa per te”
 
Hinata per poco non si strozzò con l'acqua. Doveva aver capito male. 
 
“Scusa, Oikawa san, potresti ripetere?”

Un assurdo week-end di quell'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora