capitolo 3

138 16 88
                                    

Quella mattina Harry si svegliò non sapendo se fossero le sette del mattino o le tre di notte, ma comunque non ci badò più di tanto, visto che aveva problemi più angoscianti da risolvere, come un eccessivo bisogno di vomitare tutto l'alcool ingerito la sera prima.

E cazzo.

Perché non riusciva mai a darsi una calmata? Costrinse i suoi arti ancora cigolanti ad alzarsi dal letto, si passò una mano sul viso corrugato dal sonno e poi si precipitò in bagno a vomitare.

Fisicamente Harry in quel momento si sentiva una vera merda, con un post-sbornia tremendo e con un ricordo appena sfuocato della sera prima nella sua confusa e dolorante mente.

Prese il cuscino e ci Buttò la testa sopra emettendo un urlo soffocato.

Sul serio? Perché doveva sempre affogarsi nell' alcol nei momenti di debolezza? Come quella volta in cui il suo ex fidanzato lo aveva tradito. Era stato davvero un colpo basso per Harry, così basso da portarlo nel primo bar sudicio di Londra a bere e fumare come un dannato, e detto sinceramente al ragazzo non era neanche mai piaciuto più di tanto fumare, ma lo tranquillizzava, quindi...fanculo.

Era inutile bere e rifiutarsi di vivere.
Anche se in fondo l'unico motivo per la quale beveva era quello di far sembrare li altri più interessanti.

Beveva perché era certo che chi bevesse unicamente acqua avesse un segreto da nascondere.

Beveva per rendere un po' più dolce la sua vita.

Beveva perché sosteneva che l'alcol fosse la versione liquida del Photoshop.

Insomma beveva per diversi motivi.

Ma soprattutto beveva per nascondere la maschera di frustrazione e umiliazione che sembrava essere attaccata al suo volto.

Passò metà mattinata così, a guardare il soffitto della sua camera e a pensare a tutte le volte in cui l'alcol aveva preso il sopravvento.

Fin quando non sentì il telefono squillare, il suono giunse alle sue orecchie come un frastornante richiamo alla realtà, gemette e si trascinò con tutte le sue forze verso il comodino in legno dove, la sera prima aveva appoggiato il cellulare.

"Sì?" fece un colpo di tosse e ci riprovò "si, pronto?" Disse con la voce ancora impastata dal sono e gli angoli della bocca disegnati da delle leggere sbavature.

"Harry, dove stra cazzo sei?" Chiese un Liam furioso, il riccio fu costretto ad allontare il cellulare dall' orecchio.

Sbadigliò e si costrinse ad aprire gli occhi "hey...ricordami cosa dovrei fare oggi" disse alzandosi poco alla volta.

"Pranzo con Louis alle 12:30 al the Bingham" disse il ragazzo sull'altra linea come a promemoria.
"Sì sì, sono ancora in tempo. In fondo sono solo le..." Harry alzò la testa per guardare l'ora segnata sul gran orologio appeso al muro color crema "Cazzo" imprecò.

Tempo... una lente che rende più nitida la versione della realtà. Questo era per Harry, ma ora, sul serio, di tempo ne aveva davvero poco.

"Sbrigati!" Urlò Liam dall'altra linea "Oppure ti butto io giù da quel letto" era successo una volta, Liam era un ragazzo gentile e disponibile ma quando si trattava di lavoro cercava di non lasciar spazio alla cordialità, o almeno ci provava. Harry si ricordava perfettamente quando il moro era venuto a casa sua per spingerlo fuori dal letto, prima di tirare su le persiane lasciando così spazio alla fastidiosa luce mattutina del sole. Era stato un tragico risveglio. "Sai che non abito distante, ci metto cinque minuti a piedi signorino" gli ricordò il moro.

"Sono già sveglio" rispose un Harry tutto fossette mentre si lavava i denti davanti allo specchio, dopotutto aveva un bel sorriso da mantenere in forma. Canticchiò allegramente i ritornelli di qualche Hit prima di aprire il rubinetto.

Never enough (In revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora