Capitolo 10

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Riven corse via da quell'inquietante parco. Con un nodo in gola vagò per le strade buie di quella zona della città, pentendosi di essersi inoltrato così tanto. La conosceva, sapeva che lei lo stava cercando e adesso sapeva anche che per questo era in estremo pericolo. Si fermò in un angolo, scoprendosi con un gesto nervoso il polso, e rivelando il braccialetto che mesi prima era stato datogli dalla preside Faragonda. Quel che vide lo fece trasalire. Un viola intenso illuminava quel braccialetto, fatto che poteva significare soltanto una cosa: Musa era su un altro pianeta.

Il ragazzo estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni, e chiamò con le mani tremanti Brandon. Non appena lo scudiero rispose, Riven gli disse: "Musa è in pericolo. Al parchetto, subito." Chiuse la chiamata, riposando il telefono in tasca, poi serrò i pugni. Diede un pugno alla corteccia di un albero che si trovava accanto a lui, spaccandosi le nocche. Era proprio questo ciò che temeva così tanto. Era per questo che aveva paura di innamorarsi e di affezionarsi a qualcuno. Non sapeva cosa fare, pensava soltanto a quella ragazza che per colpa sua si trovava adesso chissà in quale pianeta, chissà in quale situazione.

Gli Specialisti lasciarono casa delle Winx non appena seppero di ciò che era successo. Dissero alle ragazze di aver avuto un problema con Riven e di doverlo subito raggiungere, e le 5 fate non chiesero ulteriori spiegazioni, seppur titubanti. Come accordato, si ricongiunsero con il loro amico nel parchetto tanto adorato da lui e la sua fata della musica, la stessa fata che li aveva portati sulla Terra e che loro dovevano a tutti i costi ritrovare. Mentre spiegava la situazione, Riven camminava avanti e indietro per l'ansia, per la paura, e soprattutto per quello strano nodo nel petto che sentiva come una morsa in quel momento.

"Cosa ti è saltato in mente, Riven?! Perché addentrarti in quella zona, proprio mentre..." Brandon fece un respiro profondo, cercando di incanalare la preoccupazione. "Non importa. Dobbiamo trovarla."

Musa si risvegliò di soprassalto, sdraiata su un lettino di foglie per terra, e con davanti a sé quello che sembrava proprio essere un nano, come quelli che sono descritti nelle favole. Sentì un dolore lancinante alla testa e al petto, come se li avesse sbattuti violentemente.

"Ti sei svegliata, mia cara guardiana." Disse il nano adagiando sulla testa di Musa una strana tovaglietta umida, intrisa probabilmente di qualche unguento, a giudicare dal suo odore forte. Era una piccola creatura con una lunga barba bianca e tante rughe. Le sue braccia e le sue gambe erano molto corte e grigie, ed indossava dei vestiti fatti con fiori e radici. "Resta qui, vado a chiamare Faragonda." Non ricordava come fosse finita in quel posto, l'ultimo suo ricordo risaliva a quando stava cercando Riven.

La direttrice della scuola magica entrò dentro la minuscola stanzetta dove Musa era ricoverata, seguita dal nano di pochi secondi prima. "Mia cara, per fortuna stai bene... Come ti senti?"

"Ho molto dolore al petto e alla testa, dove ci troviamo Direttrice?"

"Siamo su Narken, pianeta dei nani. Sei stata assistita da uno dei medici del loro villaggio, Musa. Adesso riposa, quando starai meglio ti dirò cosa ti è successo." Proprio come qualche istante prima, la fata si ritrovò da sola.

Gli Specialisti si trovavano adesso sulla navicella, in modo tale da poter scegliere come agire. Sapevano che l'unico modo per poter ritrovare Musa era agire in fretta, far passare poco tempo e non concedere agli avversari troppo vantaggio.

I ragazzi non sapevano cosa fare, avevano paura di un eventuale arrivo dei Larok. Erano creature che riuscivano ad entrare nella tua mente, forzandoti a seguirli. A livello pratico, la scuola per specialisti aveva offerto loro una buona preparazione. Senza alcuna esitazione, infatti, gli Specialisti erano sempre riusciti a battere mostri di ogni tipo: orchi, dinosauri, ragni mutaforme e persino robot. Però, mai erano stati a contatto con delle creature così enigmatiche, che agivano attraverso la mente e non attraverso l'attacco diretto. Ognuno di loro era seduto di fronte ai comandi della navicella, insieme discutevano e cercavano una strategia, preparandosi a combattere.

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