6. Nuvole

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GRACE'S P.O.V

Londra stamattina rispecchia perfettamente il mio stato d'animo; il cielo grigio, coperto dalle nuvole ricolme di pioggia, nasconde il sole.

Guardo questo spettacolo della natura da un'ora ormai, e non cambia nulla; le nuvole si rincorrono, si scuriscono, ma non lasciano cadere nemmeno una goccia di pioggia.

Vorrei così tanto che piovesse, che le nuvole scure che sono i miei occhi, lasciassero cadere le lacrime una volta per tutte, ma non succede.

Nonostante lui mi abbia ferita per l'ennesima volta, trattandomi come lo sbaglio più grande che abbia mai commesso, nonostante il suo comportamento da stupido, loro non vogliono scendere.

Ne ho bisogno, un disperato bisogno per liberarmi del peso che porto nel cuore, ma non ci riesco.

È frustrante, dannatamente brutto non riuscire a gestire più nulla. Fuori appargo indifferente, ma dentro tutte le mie emozioni si scatenano, incapaci di riversarsi all'esterno.

Rimpiango i giorni in cui vivevo di questo, di quelle emozioni che mi caratterizzavano e che mi coprivano come il vestito più bello del mio guardaroba.

Ho deciso io di arrivare a questo, io di concentrarmi sulla razionalità, ma sono finita in una trappola dalla quale non riesco più a uscire. Sento freddo, freddo che percepisco a contatto con il parquet chiaro della mia stanza, in attesa che Jamie si svegli.

Fra tre ore dovrò essere al lavoro e spero che Jamie si riprenda in tempo, non posso tardare e nemmeno lasciarlo qui senza la supervisione di qualcuno.

Sospiro dirigendomi in salotto. Osservo il mio sguardo riflesso nello specchio alla parete; sono orribile e so che stamattina il trucco non basterà a nascondere le occhiaie scure. Il sonno che non sono riuscita a prendere dopo la sua uscita di scena, ha lasciato un'impronta che mi porterò addosso per tutta la giornata.

Mi siedo pesantemente sulla poltrona in attesa di qualcosa, qualsiasi cosa che mi dia da pensare, fare o solo guardare.

Le mie richieste sembrano essere soddisfatte quando un tocco leggero, bussa alla mia porta.

Controllo l'orologio alla parete, sono le sei e per un momento, il mio cuore perde un battito. L'ultima volta che ho aperto quella porta, Harry mi ha dato l'ennesimo colpo di grazia, ma non riesco a frenare la speranza che il suo viso ricompaia dietro al mogano scuro.

Sospiro dirigendomi all'ingresso, senza indugiare oltre sblocco la serratura e apro la porta.

"Buongiorno, principessa!"

Gregg è sull'uscio di casa mia, avvolto in una tuta con un asciugamano bianco attorno al collo. Il sorriso grande è in primo piano e le fossette profonde, ai lati delle due labbra.

"Gregg?" domando sorpresa.

Lui annuisce facendosi largo nel mio appartamento. Caratteristica ufficiale della famiglia Sulkin, è non chiedere il permesso prima di entrare negli appartamenti altrui, ora ne sono certa.

Chiudo la porta alle mie spalle raggiungendolo in cucina. Sta liberamente armeggiando con la macchina del caffè e per un motivo che ancora devo trovare, la cosa non mi dispiace.

"Gregg, cosa stai facendo?"

"Ti preparo la colazione, principessa." risponde ,senza nemmeno voltarsi.

Ok, sono le sei del mattino, Londra non vuole piangere e un ragazzo che conosco da un giorno, mi sta preparando la colazione.

Quando ho espresso il desiderio di avere una vita movimentata, non intendevo strana e nemmeno bizzarra, solo normale ma con un tocco di personalità. È chiedere troppo?

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