CAPITOLO 1

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Vi siete mai chiesti cosa si prova a morire?

Io si, tante volte.

Ho sempre pensato che la morte potesse essere una liberazione...non la fine di tutto.

La possibilità di lasciare un mondo in cui sei destinata alla distruzione, a non poter vivere come gli altri, a dover pregare ogni dannato giorno di farcela, di non collassare, costretta a combattere a causa di una realtà che mi ha voluta far nascere così.

Nessuno ha mai saputo cosa avessi realmente, ma ogni volta che avevo un attacco e il sangue scorreva a fiumi fuori dalla bocca e dal naso, immaginavo che la mia fine fosse giunta.

Ho sempre pensato che in qualsiasi universo, realtà o spazio dove sarei andata dopo la mia morte non potesse essere peggio di questo mondo.

Oppure no?

Avrei raggiunto la mamma...di sicuro lei è in mezzo a un bellissimo campo di fiori dove è sempre estate, con il suo caratteristico sorriso sulle labbra che canta con gli altri angeli.

Si... la immagino proprio così.

Magari un giorno mi sarei addormentata e in sogno la mamma mi avrebbe preso per mano e portata con lei nella pace di quel nuovo mondo.

E non mi sarei più risvegliata.

Ma poi... chi si sarebbe preso cura di papà?

Distraggo un attimo lo sguardo dal finestrino, per girarmi verso di lui, seduto accanto a me nella limousine.

Non ci fece caso, troppo impegnato a sistemarsi la cravatta e il cappello.

"Vuoi una mano?"

"No, tesoro... posso fare da solo."

Risi leggermente e lo aiutai ad aggiustarsi.

"È che sono un po' nervoso..."

"Da quando il comandante della polizia di New York è nervoso?"

"La gente ha molte aspettative su di me, tesoro. Sai, tornare dopo 10 anni dal trasferimento a Londra non è affatto facile. Ti manca Londra vero?"

"In realtà molto...ma infondo ho sempre voluto tornare a New York. Il proprio nido non si scorda mai."

Lo sguardo di papà rimase per qualche minuto fisso su di me, fino a quando non lo interruppi.

"Che c'è? Perché mi guardi così?" domandai ridendo un po'.

"Ti guardavo, vestita così sembri proprio tua madre."

"Anche lei portava un enorme cappello bianco?"
domandai aggiustandomi il cappello che portavo in testa.

"Si, li portava spesso...ma non è solo questo. Sei diventata una donna, bambina mia.
Sei così bella...quei tuoi grandi occhi azzurri mi aiutano a continuare a vivere.
Più ti guardo, più ringrazio Dio di averti qui con me.
E poi in un giorno così importante come questo...
Sei la mia roccia, scimmietta."

Scoppiai a ridere per quel nomignolo. Me l'aveva dato a 4 anni, quando un giorno allo zoo feci amicizia con una scimmietta in una gabbia, imitando il suo verso.

Quando la mamma era ancora viva.

Sentii gli occhi lucidi e lo abbracciai.

No, non potevo morire.

Non potevo lasciarlo solo.

Dovevo combattere quella guerra e vincerla.

Ad un tratto l'autista si fermò e dichiarò che eravamo arrivati.

SPIDER-MAN: THE NEW UNIVERSEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora