The truth.

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KELLY'S POV.

Un mese. Tre fottute settimane. Esatto, io e Justin non ci parlavamo da tre settimane. Bella merda, vero? Oh, per me si, per lui probabilmente no.

Erano passati tre giorni dall'episodio dello scontro con Devon e Justin. Ancora non avevo parlato con nessuno dei due, e non ero uscita dalla mia camera, neppure per andare a scuola.

Qualcuno bussò alla porta e, dopo aver fatto un tiro della mia sigaretta, risposi con un leggero 'avanti'.

"Kelly, hai ignorato i miei messaggi." un Devon triste si mostrò davanti alla mia porta. Aveva ragione, avevo spento il telefono il giorno precedente, stanca di ricevere quelle scuse da parte sua.

"Per favore, non volevo tirarti quello schiaffo, sai che non ero in me. La sola idea che quel ragazzo ti avesse fatto qualcosa da distruggerti a tal punto, mi aveva mandato in palla il cervello. Mi dispiace, per favore. Perdonami, io ti amo." disse con le lacrime agli occhi.

Annuii debolmente, e lo feci avvicinare a me, seguì subito un abbraccio. Uno di quegli abbracci pieni di bisogno e di scuse. Ma i suoi bisogni forse venivano soddisfatti, i miei no. Mi prese il viso tra le mani e cominciò a baciarmi con foga: nessun sentimento, ma a me stava bene così. Ormai ero un pezzo di ghiaccio. Lasciai che mi spogliasse, e in pochi minuti eravamo entrambi nudi sul mio letto. Passarono tre secondi, dopodiché lui entrò in me, con un colpo secco. Perché lo stavo facendo? Io non volevo. Conosceva a memoria il mio corpo, ormai. Però non potevo concederglielo in questo modo, e soprattutto non provando assolutamente niente. Aumentò la velocità, e lì cominciai a provare un leggero piacere, che pian piano aumentava con le spinte. Mi sforzavo solo di fargli vedere che stavo godendo sotto il suo tocco: sapevo che l'avrebbe fatto impazzire. Infatti, venne subito dopo, uscendo da me e, lasciandomi un bacio sul collo, si spostò al mio fianco.

"Ti amo." sussurrò con il fiato corto.

"Anche io." risposi.

"Ho una cosa fantastica da farti provare." disse alzandosi con il busto.

"Fai vedere." dissi seguendo la sua posizione.

Si alzò lentamente e, dopo essersi rimesso i boxer, andò a frugare nella tasca destra dei suoi jeans, da cui estrasse poi una bustina con della polvere bianca. Oh, no. Prese dalla tasca della sua felpa un cucchiaio e poi eccola, l'arma fatale: la siringa.

Si posizionò sulla mia scrivania e, dopo aver selezionato un po' di quella roba, la mescolò assieme a un po' d'acqua presa dalla mia bottiglietta, poi mise tutto dentro a quel tubo con l'ago.

"Hai già capito, vero?" disse sorridendo. Purtroppo sì. Ma non lo dissi, mi limitai ad annuire leggermente.

"Dammi il braccio." disse prendendomi la mano: glielo lasciai fare.

Ma cosa stavo facendo? Anche quello? Cazzo.

Mi strinse l'avambraccio, e lentamente infilò quel fottuto ago in me, iniettando più roba possibile. Istintivamente chiusi gli occhi. Quando li riaprii vidi tutto sfocato, e ripensai a Justin. Se solo sapesse cosa quel cretino mi aveva appena portata a fare. No, lui non era cretino; io lo ero. Io l'ho lasciato fare, ho lasciato che lui facesse ciò su di me. Come ho potuto? Improvvisamente mi sentii più rilassata, leggera. 'Ovviamente, il cervello mi sarà andato in tilt.'

E così, da poco meno di un mese, avevo iniziato ad iniettarmi eroina. Mi stavo rovinando, ma ormai che senso aveva continuare a lottare? Ho lottato per tanto, per poi rendermi conto di aver rovinato la vita ad altre persone e soprattutto la mia. Ormai il danno è fatto, non ho mai avuto il coraggio di mettere fine a questa merda di vita, così, lo facevo in questo modo, facendo finta di scaricare le colpe su quell'ago.

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