5. Vacanze

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In un batter d'occhio arrivarono le vacanze natalizie, così attese da tutti, studenti, insegnanti, genitori. Eppure, io non volevo restare a casa per le prossime due settimane. Mi sarebbe piaciuto sentire maggiormente l'atmosfera natalizia, vedere la neve, fare un qualsiasi cosa in compagnia, ma potevo solo sognarmi un evento del genere. Almeno mi confortavo sapendo che in pochi giorni avrei compiuto 15 anni. Già mi immaginavo di stare a casa davanti allo schermo del computer a scrivere e chattare con le amiche, ad ascoltare musica e a disegnare. Oh, e magari ripassare latino per la prima verifica del pentamestre. Almeno avevamo concluso il primo trimestre e potevamo riposarci, senza passare intere giornate sui libri. L'ultimo giorno di scuola coincideva con il compleanno di Marta, che per l'occasione aveva portato una torta da dividere tra noi compagni. Era davvero gentile come gesto, soprattutto perché durante quel piccolo festeggiamento sua madre, insegnante di matematica e fisica dell'altra sezione, non era passata da noi; sarebbe stato imbarazzante, anche se ormai io potevo chiamarla tranquillamente per nome e darle del tu, come richiesto da lei. Marta era la copia sputata di sua madre, entrambe appena più basse di me, more, occhi scuri, con la pelle olivastra. Certo, Ilenia aveva qualche ruga in volto, ma era una gran bella donna, piena di spirito e sempre con la battuta pronta, e di sicuro voleva molto bene a sua figlia ed alle sue amiche.
A casa mi annoiavo. Mia madre era in fermento per il pranzo di Natale con i parenti, nonni e zii, compreso lo zio che tornava sa Roma una volta l'anno per quel periodo di feste. Io preferivo star lontana dalla cucina, l'aria era quasi invivibile tra le due generazioni di madre e nonna alleate contro di me per farmi cucinare, lavare, pulire ed aiutare. Preferivo piuttosto stare in camera a leggere, dicendo di dover studiare. Per loro lo studio veniva prima di tutto, addirittura dell'aiuto in casa. Mio padre era preso come me: approfittava della pausa invernale per preparare lezioni, correggere compiti, non mancando di farmi notare risposte alquanto divertenti e fuori luogo ai quesiti delle verifiche: lui insegnava in un istituto professionale, i suoi alunni avevano la mia età, ma di sicuro non aprivano mezzo libro neanche per sbaglio. D'altronde, i livelli di preparazione richiesti erano totalmente differenti, così come tutte le ore di pratica che loro dovevano svolgere. Almeno mio padre riscuoteva successo in quanto professore di una materia pratica, meccanica, e di anno in anno cercava di migliorare il suo corso proponendo ai ragazzi delle piccole costruzioni da realizzare.
Mio fratello era all'ultimo anno delle medie, già pensava all'anno successivo, in cui avrebbe iniziato agraria, la sua passione, ma nemmeno lui vedeva di aprir libro: si divertiva di più a creare video di trattori o altri mezzi agricoli da postare poi su youtube, con tanto di musiche tamarre di sottofondo, ma ancora accettabili. Ogni volta che terminava un'opera mi chiamava per avere il mio consenso artistico, e mi spanciavo sempre. Almeno aveva qualcosa da fare, se fuori non si poteva stare per il freddo.
Iniziai a scrivere, o meglio, a pensare ad una scaletta per una storia basata su Hayley Williams e Josh Farro, la coppia del momento per me e la mia cerchia di amiche. Mi piaceva scrivere fanfiction melense; da fuori sembravo una ragazzaccia dura, una di quelle che ascoltava solo punk, rock e metal, ma dentro ero morbida e dolce come del cioccolato fuso, e molto probabilmente gran parte era merito di Alessandra Abanesi. Quanto mi mancava quella donna. Mi ero ripromessa di provare a non pensare a lei durante le vacanze, ma ogni tanto, la sera, mi capitava di ascoltare quella canzone che descriveva perfettamente la situazione in cui mi ero cacciata con lei e partivo con i film mentali. Altro che oscar, avrei vinto qualsiasi premio possibile e immaginabile. Eric Clapton era la perfetta colonna sonora. Forse "Layla" era più che solo un nome, forse era la condizione in cui mi trovavo, per cui pregavo per un qualche segnale da parte della Abanesi, da lei, che era entrata a mani basse nel mio mondo e me l'aveva completamente scombussolato; volevo che mi dicesse che tutto quello che provavo era in qualche modo ricambiato, che non mi stavo struggendo invano, che avremmo trovato un modo per vivere un amore che reputavo, con la poca lucidità che mi rimaneva, impossibile. Sapevo bene di essere ancora piccola, non volevo assolutamente iniziare subito una relazione o scappare con lei, o finirci a letto; speravo che, in fondo in fondo, anche lei stesse iniziando a vedermi sotto una luce diversa, non solo quella di sua alunna, ma anche di una persona di cui fidarsi, con cui confidarsi e da cui andare per trovare rifugio quando più ne avesse bisogno. Ci sarei sempre stata per lei, era l'unica promessa che mi ero fatta, l'unica che sapevo avrei mantenuto. Layla ero io, il mio nome arrivava da quella canzone; Layla era lei, la protagonista, per me, di quella canzone.

Finirono presto quei giorni segnati dalla noia e dalle amicizie lontane. Il ritorno a scuola fu traumatico, inutile dirlo. Già il secondo giorno c'era la tanto temuta verifica di latino, una versione in cui comparivano tutte e cinque le declinazioni, oltre che altre varie regole e tempi verbali. Non mi aspettavo un bel voto, ero riuscita a compiere poche frasi di senso compiuto, ma almeno ci avevo provato. I miei compagni erano nella mia stessa situazione; almeno saremmo stati tutti penalizzati.
Maledetta riforma, e maledetti i programmi che sono stati stravolti per essere adeguati al nuovo orario scolastico ridotto. Gli insegnanti pensavano che potessimo fare gli stessi argomenti in metà del tempo che avevano avuto fino all'anno precedente. Robe da matti. Non vedevo l'ora di arrivare a giugno, mi sarei rilassata e non avrei avuto l'ansia da compito.




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Ciao a tutti, e grazie per leggere la mia storia! Perdonatemi per il capitolo corto, ma l'ho trovato intenso da scrivere.
Votate e commentate! Secondo voi come evolverà la storia?

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