“Mi manchi. Scrivo parole che risuonano a vuoto e le cancello subito, questa immensa paura di ferirti mi attanaglia e mi sbrana. Ti ho sognata ancora, eravamo in classe, ma nel giardino di casa mia, a fare una verifica di phrasal verbs; era troppo facile per me, e per rendere il tutto più alla mia portata mi avevi dato un compito ben al di sopra delle capacità degli altri. Ti odio, ti amo, ti amo, ti odio.”
Questo scrivevo nel mio diario, le parole fluenti come un fiume in piena, cercando nel frattempo di provare a dare un senso al sogno che avevo fatto. Più ci pensavo, più le immagini mi si accavallavano in testa, pronte a darmi del filo da torcere la prima volta che l’avrei rivista. Era ormai inevitabile che passassi buona parte del mio tempo a pensare a lei, a chiedermi cosa facesse, a lasciarmi trascinare dalle emozioni.
Non dovette passare troppo tempo prima di trovarci fianco a fianco, anzi. L’occasione si presentò con il test di recupero di spagnolo, per il quale uscii con quattro compagne e la professoressa, dirette verso la sala insegnanti per stare tranquille mentre gli altri in aula facevano lezione. Temevo di sbagliar tutto, di non sapere, d’altronde non avevamo mai affrontato seriamente lo spagnolo in classe, tantomeno lo avevo studiato a casa: era inutile imparare qualcosa se nelle verifiche avrebbe chiesto argomenti completamente diversi. In ogni caso, avrei affrontato quel compito come avevo fatto con tutti i precedenti: con testa e tanto ragionamento, aiutandomi con l’italiano e il francese dov’era possibile. Ecco, proprio nel bel mezzo dei miei ragionamenti, tra una forma verbale e l’altra, mi ero ritrovata con Alessandra fianco a fianco. La sua abitudine di passare inosservata, ironicamente, non era scomparsa. Mi salutò con un sorriso, dopo essersi appropriata del posto vuoto vicino a me, nonostante le millemila sedie libere, gli angoli in cui stare a correggere compiti, o a prepararsi la lezione seguente. Eppure mi stava attaccata, con le colleghe che giustamente la squadravano male, e mi parlava di quanto i suoi alunni delle altre classi fossero ignoranti in inglese. Mi sconcentrava, inutile dirlo. Ormai prestavo più attenzione alle sue lamentele che non alle quattro facciate di compito che dovevo svolgere, tremavo al solo pensiero che avesse scelto di starmi accanto. La Abanesi riusciva sempre a rapirmi; che donna. Usava i miei oggetti, dalla gomma alla mia matita che mi ero portata, incurante che tutti la squadravano male ogni volta.
Eppure niente riusciva a fermarla: mi parlava di come lei sarebbe venuta in gita con noi, in Spagna, perché se le nostre insegnanti di spagnolo non potevano, almeno lei sapeva l’inglese e sarebbe venuta ovunque con noi. Avrei voluto tanto stringerle il braccio, tenerla saldamente a me e non lasciarla andare, volevo darle la sicurezza che lei stava dando a me, aiutarla dove potevo.
-Ne stiamo ancora discutendo in consiglio di classe, quindi ancora non cantiamo vittoria- mi sussurrò, cercando di non farsi notare. Evidentemente la mitica Vengar doveva aver sentito, perché esplose quasi subito, contenta.
-Para mi sarebbe una grande idea!-.
-Vediamo cosa dicono i colleghi- Ale si strinse nelle spalle, con un obbligato sorriso appena accennato, per poi tornare con lo sguardo fisso sul suo lavoro e non fiatare più. La sentivo tradita, colta nell’atto di parlare con me del più e del meno durante un momento poco opportuno, vicino a persone per niente comprensive, tra colleghi e compagne che sicuramente si stavano chiedendo cosa stesse succedendo. La Vengar, effettivamente, appena veniva a sapere qualcosa doveva urlarlo ai quattro venti. Odiavo quel suo comportamento.Terminai il compito qualche istante prima che suonasse la campanella, così riuscii a sgattaiolare via e ad andare a prendermi una cioccolata prima che si accalcasse alle macchinette una massa informe di studenti. Riuscii a svicolarmi presto in classe, e mi sedetti al mio posto. Non avevo alcuna intenzione di ripensare a cos’era appena successo, né di pensare a cosa sarebbe potuto succedere, mi sembrava ancora tutto irreale. Piuttosto, stavo pian piano realizzando come la Abanesi parlava solo a me durante le verifiche, che fossero sue o di altre colleghe, e solo per me si prendeva del tempo per spiegarmi gli eventuali errori che commettevo. Mi sembrava alquanto strano, soprattutto perché sapevo ci fossero compagni ben più bisognosi di spiegazioni rispetto a me, e più ci pensavo, più rimanevo interdetta. O meglio, interdetta ma sotto sotto soddisfatta ed orgogliosa: nessuno prima si era preso del tempo per me.
A volte avevo paura avrebbe scoperto ciò che provavo per lei, il mio amore, o forse ossessione, o qualunque cosa fosse. Notavo un comportamento strano, certi giorni: sorrideva a tutti, tranne che a me, o guardava chiunque, tranne me. In quei momenti mi sentivo persa, non avevo lei a cui appigliarmi, un suo sguardo, un suo sorriso, così belli da tirarmi su di morale ogni volta. C’erano momenti in cui mi volevo mettere in mostra, facendo la sbruffona, o la sapientina; internamente mi compiaceva farlo, adoravo mostrare quanto ne sapessi di inglese, o qualsiasi argomento uscisse durante le conversazioni con lei. Mi rifugiavo in lei, nei suoi occhi così azzurri, nei suoi abbracci caldi e morbidi, nella sua voce, le mani fra i suoi capelli. Potevo tranquillamente sfidare il mondo e ne sarei uscita vincitrice, niente e nessuno mi dava più sicurezza di lei.
Eppure molte volte quel faro di sicurezza veniva meno, non era sempre tutto perfetto con lei. Spesso mi trovavo delusa e sconfitta da me stessa, dato che sembravo non essere degna dei suoi standard. Non riuscivo ad avere una buona intonazione mentre parlavo, il ché mi causava parecchie paranoie, soprattutto mentali, visto quanto l'intonazione e la musicalità fossero importante per me. Stavo male quando non mi guardava, non mi calcolava. Non volevo accettare che preferisse gli altri, con cui non aveva nulla a che fare, a me, con cui stava nascendo un rapporto stupendo. Alla fine non importa se sarebbe successo qualcosa, a me bastava averla al mio fianco, sapere di poter contare su di lei, vederla sorridere grazie a me, sorridere per me.
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Life in black, white and blue
RomanceL'adolescenza è un periodo burrascoso per tutti, specialmente per una ragazza. Cosa farà lei, quando si accorgerà di provare dei sentimenti per qualcuno di cui non si dovrebbe minimamente preoccupare? Come si troverà a vivere il periodo del liceo, i...