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"I nostri dubbi ci tradiscono, e impedendoci di affrontare la battaglia ci precludono sovente i dolci frutti della vittoria"...Mi piace Shakespeare con i suoi manoscritti, in questo sono diverso dagli altri ragazzi. Sono solo, ma non mi pesa. Sono sempre bullizzato da tutti, ma me ne frego. Nessuno mi capisce, ma l'importante è che io riesca a capirmi. Fanculo al mondo, fanculo a tutti, fanculo...
-Alexander stai bene?-
Apro gli occhi con difficoltà e lentezza. La prof.ssa di fronte al mio banco mi guarda preoccupata. Mi sento improvvisamente sveglissimo.
-Sì, sì, sto bene prof.ssa mi scusi immensamente!- quasi urlo tutto d'un fiato.
I miei compagni di classe ridono e sparlano cose del tipo:"il cocco della prof" o "a lui la fanno sempre passare liscia".
Non mi sono mai addormentato durante una lezione di scuola, a me piace imparare: un altro motivo per il quale tutti ce l'hanno con me.
La prof.ssa si rilassa visibilmente.
-Meno male, ero sul punto di chiamare aiuto- dice a mò di battuta...penso.
-La ringrazio e mi scusi ancora-
La prof.ssa mi sorride e si dirige alla cattedra, riprendendo la spiegazione. Non è colpa mia se i professori mi trattano bene...Io studio solo un pò di più rispetto agli altri, che c'è di male? Non che mi interessi, i pareri altrui riguardo sciocchezze simili per me sono insignificanti.
***
Yeee, la mattinata è finita, posso tornare a casa da mamma e mangiare le sue lasagne per pranzo e chiacchierare del più e del meno con papà...Sono ironico ovviamente. Mia madre sarà impegnata a leggere riviste e chiacchierare con le sue amiche al telefono e mio padre sarà in ufficio a lavorare, come al solito. L'unica cosa che mi rilassa è andare in biblioteca. Ci vado sempre dopo la scuola, per ritirare manoscritti o per leggerli lì con calma. Mi preparo la borsa ed esco senza problemi da scuola, cosa strana visto che di solito ci sono dei bulli ad aspettarmi all'uscita per riempirmi di botte o per sfottermi. È un sollievo: meno disturbi e più tempo da dedicare a leggere. In una manciata di minuti arrivo in biblioteca, dietro la scuola. È un edificio di modeste dimensioni, avrebbe bisogno di una riverniciata all'esterno, ma a parte quello l'interno è accogliente e per niente mal ridotto per essere stato costruito oltre cent'anni fa. Una voce familiare mi chiama.
-Buon pomeriggio Alexander, hai passato una bella mattinata?-
Sorrido timidamente.
-Buonasera anche a te, Silvia, una giornata normale, come sempre, tu?-
Silvia è una ragazza di diciott'anni che lavora part-time alla biblioteca, riordina i libri messi in disordine dalle persone maldestre. È anche forse l'unica persona che mi rivolge la parola amichevolmente. La mia unica amica.
-Una noia mortale, nessuno viene mai in biblioteca, le persone che varcano l'ingresso si potrebbero contare sulle dita di una mano!- sbuffa.
Ed è anche forse l'unica che riesce a farmi ridere senza finzione.
-Allora, cosa posso fare per te, mio caro poeta?- sorride gentilmente.
-Romeo e Giulietta- affermo deciso.
-Era ora che mi chiedessi qualche opera conosciuta! Invece di Manch...com'è che si chiama! Oh Romeo mio Romeo perchè sei proprio tu Romeo?- scoppia a ridere.
Non riesco a trattenere un sorriso.
-primo: si dice Macbeth ed è conosciutissimo; secondo: è "Oh Romeo Romeo perchè sei tu Romeo? Rinnega tuo padre, rifiuta il tuo nome, o..."-
-Ehy Ehy Ehy calmo calmo, ho capito, non mi devi raccontare tutto il melodramma!- esclama esasperata.
Mi viene da ridere.
-Ascolta, vattene via dalla mia vista...Scaffale in fondo a destra corsia cinque, sono riordinati per nome, dovresti trovarlo facilmente- sorride mostrando i denti.
Le sorrido a mia volta, la ringrazio e mi dirigo nella corsia cinque. Per un attimo noto alcuni miei compagni di classe intenti a sparlare di qualcuno o qualcosa a giudicare dalle risate trattenute. Ma tanto lo so che parlano di me, ci sono abituato. A volte mi chiedo che cosa ci guadagnano, io lo trovo noioso parlare male di qualcuno ventiquattr'ore su ventiquattro. Non possono lasciarmi in pace?
Sbatto contro qualcuno senza volerlo essendo stato fra le nuvole. Questo qualcuno cade a terra con un leggero tonfo.
-Oh, mi scusi non stavo guardando davanti a me- d'istinto mi inginocchio e porgo una mano verso lei, o lui.
Guardando attentamente vedo un corpo minuto, vestito con leggins neri, un paio di ballerine bianche ed una felpa col cappuccio bianca con delle scritte nere: "The only difference between me and a madman is that I'm not mad". Una massa di lunghi capelli neri con delle ciocche rosse oscura il volto, coperto ulteriormente dal cappuccio della felpa. Sono più che certo che sia una ragazza. La persona rimane in silenzio per qualche secondo, lasciandomi in imbarazzo con la mano in aria. Il silenzio viene interrotto proprio da questa con una risata, di certo non poco rumorosa. Una risata continua, interrotta solo momentaneamente dal suo respiro. Mi sento un pò a disagio. All'improvviso smette di ridere e alza lentamente la testa. I capelli a quel movimento ritornano al loro posto quasi per magia. Spalanco gli occhi al vederla: un piccolo viso pallido con lineamenti delicati, un'eterocromia oculare, l'occhio sinistro rosso, il destro azzurro e delle grandi, immense occhiaie. Sorride, rendendo tutto ancora più macabro con un sorriso che parte da un orecchio e arriva all'altro.
-Scusami tu, neanche io vedevo molto bene-
La sua è una voce infantile, una voce da bambina, ma un pò più profonda. Sottolinea ogni parola con la massima lentezza, rendendo la frase più vellutata.
-Ti sei persa per caso?- chiedo sorridendo appena.
Gira la testa di traverso e aggrotta la fronte, quasi non capisse.
-Perchè pensi questo?- mi chiede con una voce ingenua. Il sorriso non c'è più.
Deglutisco.
-Era solo una domanda, nessuna ragione particolare- rispondo incerto.
Avvicina la testa alla mia, osservandomi con più attenzione. Cos'ho che non va?
-Sai, l'essere umano è fatto cosí, fa domande inutili senza pensarci e non pensa minimamente alle domande fondamentali, quindi in fondo non è colpa tua- sorride in modo meno inquietante.
Sono perplesso.
-Ehm...Grazie...?- non so se suona più come una domanda o come un'esclamazione.
Sorride di più.
-Di nulla-
Solo adesso mi rendo conto che è ancora per terra e che la mia mano vaga ancora per aria. Il mio sguardo passa dalla mano a lei per poi tornare sulla mano. Pure il suo sguardo si posa sulla mano, la osserva per una manciata di secondi, ma decide di non sfiorarla neanche, si tira su da sola aiutandosi con lo scaffale. Ritiro la mia mano con un certo imbarazzo.
-Cosa cerchi qui?- chiedo per non rimanere in silenzio.
-La mia strada- mormora spostando lo sguardo da un'altra parte.
-Eh?- la guardo stranito.
Sorride.
-Letteratura inglese e tu?- continua a sorridere.
-Ma non sei troppo piccola per libri del genere?- chiedo.
Mi lancia uno sguardo gelido che mi fa rabbrividire.
-Sai che è maleducazione non rispondere ad una domanda e porne un'altra in risposta?- usa un tono freddo e capisco che è arrabbiata.
Ribatto.
-Anche tu prima quando ti ho chiesto se ti eri persa hai fatto lo stesso-
Mi guarda sempre con quello sguardo raggelante, poi si mette a sorridere divertita.
-Sei un tipo sveglio, mi piaci-
Wow una tizia inquietante mi fa un complimento del genere! Sono proprio messo bene allora.
-Quanti anni hai?- chiedo.
Sbuffa.
-Quattordici-
Ah.
-Sembri sbalordito, quanto pensavi avessi?- chiede divertita.
Bè, massimo undici, te lo posso assicurare.
Vedendo che non rispondo sospira spazientita.
-Tu invece?- chiede.
-Sedici-
-Odio parlare con i grandi, hanno una mentalità tutta loro- sbuffa.
-Abbiamo solo due anni di differenza!- esclamo.
Sospira ancora.
-Si dice sempre cosí "un anno passa in fretta" o "non abbiamo molti anni di differenza", ma guarda che due anni sono composti da ventiquattro mesi, che sono composti da settecentotrenta giorni, arrotondando...-
-Ok, ho capito!- esclamo esasperato.
Sorride.
-Tu e la matematica non andate a braccetto, non è vero?-
In effetti, tra tutte le materie, la matematica è quella che non sopporto proprio. La studio, ma la odio.
-Io sono Benedetta, ma chiamami Blessed, tu?- chiede.
-Alexander-
-Perchè vuoi farti chiamare col tuo stesso nome in inglese?- aggiungo.
Diventa visibilmente sovrappensiero. Ma ritorna subito di buon umore...Se quel suo sorriso si può definire buon umore.
-Perchè suona come un nome più cazzuto, più adatto a me...Il mio stesso nome è un ironia verso la mia persona- ridacchia in un modo poco sano.
-Cosa?-
Ridacchia ancora.
-No nulla, solo...chiamami Blessed, ok?-
Deglutisco.
-Ok...-
Sorride di più spalancando gli occhi.
-Tu cosa cerchi qui?- cantilena dondolandosi.
-Ehm...Shakespeare-
Si ferma.
-Abbiamo alcune cose in comune. Anche se io rispetto ai melodrammi preferisco la filosofia, è meno pallosa e più geniale-
-Cerchi un libro in particolare?- aggiunge.
-In verità...Sí, Romeo e Giulietta-
-Ohhh che bello! Storie d'amore drammatiche!- esclama allegra.
Sbaglio o la voce ora è davvero uguale a quella di una bambina?
-Di solito alle ragazze piacciono i lieti fine- mormoro.
-Lo so, la specie umana femminile è molto influenzata dalle storie felici. Questo perchè sperano in un lieto fine anche loro. Credono, alla fin fine, nonostante i loro "problemi", che avranno un finale da fiaba. Ma sai una cosa?-
-Cosa?-
-Ci hanno tutti mentito. Le fiabe sono tutte ritoccate. In antichità le fiabe servivano per spaventare i bambini, non per far accendere in loro speranze inutili, quali la speranza di trovare il "principe azzurro" o di trovare nuovi amici. Nella vita le cose non si guadagnano da sole: devi cercare di guadagnartele da te-
La guardo sconcertato.
-Perchè credi questo?- chiedo.
-Perchè io ne ho esperienza...Tu ne hai esperienza- il sorriso sparisce.
-Tu che ne sai di me?-
Mi scruta attentamente, analizzando ogni mio movimento, forse anche ogni mio pensiero.
Ricompare il tanto mancato sorriso che parte da un orecchio e arriva all'altro.
-Nulla, stavo solo supponendo-
Si gira verso uno scaffale e ne estrae un libro.
-Era questo il libro che cercavi?- mi porge un libro.
Leggo la scritta in copertina: "Romeo and Juliet".
-Veramente questa è la recensione del manoscritto...Ma andrà bene comunque- prendo il libro e per un secondo le nostre dita si sfiorano.
È gelida.
Mi guarda senza dire nulla dal basso verso l'alto. Io sono 1.70, lei sarà all'incirca 1.50-1.55, ma dovrebbe riuscire a sollevare la testa per guardarmi in faccia, no? E invece mi guarda solo con gli occhi, tenendo il viso rivolto verso il basso.
-Sei caldo- mormora.
Mi prende una mano e la stringe forte. Diamine, è un freezer!
-Hai freddo?- chiedo.
Alza il viso guardandomi faccia a faccia.
-No- mi lascia la mano, ormai diventata gelida.
-Abiti qui vicino?- chiedo.
Fa troppo freddo fuori, se è fredda qua dentro con l'aria condizionata, quando uscirà diventerà un ghiacciolo!
-Mi vorresti stalkerare?- ridacchia.
-No! Cioè, non vorrei che tu...sí, insomma...magari uscendo...- non so che dire.
Fa un sorriso più umano.
-Sei una persona davvero gentile-
Cala il silenzio, ma è meno imbarazzante e macabro grazie al sorriso leggero di Blessed.
-Io ora devo andare...È stato un piacere conoscerti, Blessed!- esclamo con un sorriso tirato.
Nonostante tutto, questa ragazza mi fa ancora impressione. Faccio un cenno di saluto con la mano e mi allontano. Blessed mi saluta con la mano senza aprir bocca, tenendo il sorriso "umano". Mi incammino da Silvia, sempre tenendo gli occhi verso di Blessed, in qualche modo.
-Hai trovato il libro che cercavi, Alex?-
Mi giro verso di Silvia, che mi sorride gentilmente.
-Sí, grazie mille Silvia-
Ci scambiamo un sorriso e mi dirigo all'uscita. Prima però mi giro a guardare Blessed un'ultima volta.
È strana.
Ha gli occhi spalancati, il sorriso è sparito e fa spazio ad un espressione sconvolta. Mi guarda a bocca aperta. Non ci vedo bene in lontananza ma...i suoi occhi...mi sembrano diversi. Mi giro davanti a me per conservare il libro in borsa. Appena mi rigiro per riosservarla è sparita. Nessuna traccia. Mi guardo intorno per vedere se mi ha raggiunto, ma niente. Deglutisco.
Arrivo a casa in mezzoretta. Sono le 16.30. Io sono arrivato in biblioteca alle 14.00 quindi...DUE ORE?! Ho chiacchierato con quella ragazza per due ore?! Accidenti. È un record per me anche solo il fatto di parlare con qualcuno per almeno due minuti, figuriamoci due ore.
-Sono a casa!- urlo.
Ma urlare non basta per attirare l'attenzione dei miei. C'è un odore nauseante di sigaretta e un chiasso da far urlare i professori: la tv accesa col volume al massimo, mamma che cerca di parlare al telefono sopra la voce della tv...Cazzo mamma, esistono i pulsanti per abbassare il volume! Papà certamente è al piano inferiore, nel suo ufficio. Vado in cucina e abbasso il volume del televisore, salgo in camera mia e mi butto sul letto, insieme alla borsa. Mi sento a disagio. Mi guardo intorno, nulla. Mi sento osservato. Vabbè...Le mie stupide preoccupazioni. Non ho nulla da fare, niente compiti, niente pagine da studiare per domani. Non sono dell'umore per leggere, dormirò un pò.

Spero di non rivederla mai più.

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