Capitolo 3

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Una mano mi afferrò violentemente i capelli tirandoli dalla nuca perfarmi alzare il capo. Sentivo una lama fredda premermi minacciosa contro lapelle del collo, ma l'unica cosa che riuscivo a vedere erano le tenebre,tenebre così scure, che per un attimo credetti di essere finita nell'antro piùbuio dell'Ade. Poi, davanti a me, apparve una figura alta e slanciata: lespalle larghe e possenti davano vita a braccia poderose, sulle quali siintravedeva un intricato reticolo di nervi che scendeva fino a gli avambracci.Attraverso la cascata di porpora che era la sua tunica si poteva scorgere iltorso scolpito alla perfezione. I pettorali sporgenti e l'addome sembravanoessere stati scolpiti da uno dei migliori scultori dell'Ellade. La sua vesteera decorata da sottili ricami d'oro, ma nulla avrebbe mai potuto far sfigurarela lucentezza dei suoi capelli biondi. Così brillanti che avrebbero fatto sembrareil Sole, poco più di una delle tante candele che i mortali utilizzavano lanotte per farsi luce. Apollo imbracciava l'arco dorato che Efesto avevaforgiato apposta per lui nella fucina degli dei. Bastava la sola presenza delfiglio di Zeus ad illuminare l'intero ambiente. Grazie alla luce divina, riconobbi anche che la lama che stava minacciando di affondare nella mia carne: era la punta letale della lancia di Atena. I due Olimpi, però, decisero di non darmi altro tempo per orientarmi. Il Dio delle Arti avvicinò l'indice e il medio alla mia tempia e fui subito sommersa dal mio passato. Le immagini della mia vita prima che diventassi una figlia del mare mi travolsero come un fiume in piena, sentii di nuovo le sue mani premermi sui fianchi, poi un sussurro: "Uccidilo..." e mi svegliai.

. . .

Aprii gli occhi di scatto, il respiro accelerato e la mano che era corsa a cercare il pugnale tra le pieghe della veste. Il sole stava per sorgere, ma nonostante il cielo si fosse schiarito, la luce era ancora molto debole. L'ultima immagine che avevo visto prima del sussurro era stata quella di un Argo bambino in balia delle onde. Voleva questo forse dire che... mi girai di scatto verso di lui, ma quando vidi che il respiro quieto del sonno ancora gli gonfiava il petto, mi tranquillizzai. Lo guardai dormire pacifico per qualche secondo con una domanda che mi tormentava: - Perché? Perché gli Olimpi lo volevano morto? -. Nonostante mi sforzassi tanto non trovai una risposta, fu uno sbadiglio, però, a farmi riemergere dai miei pensieri.

"Buon giorno" mi disse lui sorridendo.

"Buon giorno" gli ripetei io distrattamente mentre, una volta in piedi, scuotevo via la sabbia dalla tunica. "Ti va di mangiare qualcosa?" aggiunsi. Lui mi rispose con un grugnito assonnato. Non avendo ancora deciso se renderlo partecipe della vicenda di qualche ora prima, e non avendo voglia di fare conversazione, mi girai incamminandomi verso la foresta.

Le foglie verdi degli alberi erano ricoperte di rugiada, e, nonostante fosse ormai giorno, l'umidità si sentiva fin dentro le ossa e creava un sottile strato di nebbia che andava infittendosi. Vagai per qualche minuto, in cerca di qualsiasi cosa fosse commestibile, ma presto persi il senso dell'orientamento. L'aria stava diventando sempre più pesante. Ad un certo punto, grazie alla poca luce che filtrava tra le fronde degli alberi, scorsi il luccichio di un corso d'acqua. Seguendo il rumore del ruscelletto che serpeggiava tra le felci giunsi a un torrente. Il torrente, poi, diventò un fiume e il fiume scomparve sotto una cascata, fu allora che mi resi conto che scorreva in senso contrario. Un fumo verdastro mi avvolse, le acque della cascata si aprirono e io vi passai in mezzo. Mi ritrovai in una caverna buia e fredda, un brivido di nervosismo mi percorse la spina dorsale. Estrassi il pugnale e una scritta fiammeggiante si accese su una parete della grotta: -perite, voi che osate varcare questa soglia senza il permesso degli dei- lessi ad alta voce, e poi il fuoco si spense.

Sentii le unghie affilate di Ade accarezzarmi il profilo della mascella e il suo alito fetido mi stordì leggermente mentre mi sussurrò "La sua anima mi appartiene, la voglio." Fece una pausa come se stesse scegliendo le parole adatte.

"Ed è l'unico modo in cui otterrai la verità Figlia dell'Acqua, perché anche tu mi appartieni." Concluse lasciandomi il Dio degli Inferi.

Uscii dalla grotta e corsi a perdi fiato, corsi senza sapere dove andare. Avrei voluto andare da Argo e raccontargli tutto, eppure ora non sapevo se potevo fidarmi. Che verità mi stava nascondendo? Presi qualche attimo per riflettere e calmarmi, raccolsi qualche bacca e mi diressi verso la spiaggia. L'unica cosa che volevo fare ora era andarmene. Con il cuore che batteva forte mi avvicinai all'altro Figlio dell'Acqua.

"Questo è tutto quello che ho trovato" dissi io porgendogli parte dei frutti. Mi fermai ad osservarlo, ad osservare attentamente i suoi movimenti familiari. Come avrebbe potuto nascondermi qualcosa per tutti questi anni? Qualcosa di così grande da spingere Ade a riemergere del ventre della terra? Lo guardai negli occhi, in cerca di qualcosa che mi fosse sfuggito, ma vi trovai solo il suo sguardo perplesso.

"Tutto bene?" mi chiese corrucciando la fronte.

"Si" dissi io "Non vedo l'ora di andarmene da quest'isola. Forse è il caso che andiamo a preparare tutto e salpiamo." aggiunsi. "A me questo posto non sembra poi così male" commentò lui e io me ne andai senza ribattere; sulla gola ancora la sensazione della lama di Atena.








Ciao a Tutti! ... e Buon Natale in ritardo!

In questo terzo capitolo vediamo la prima apparizione degli Dei (*rombo di tuono drammatico*) che non saranno gli unici protagonisti della mitologia greca a fare delle apparizioni in questo racconto!

Come al solito spero che il capitolo vi sia piaciuto e, se volete, non esitate a lasciarmelo sapere nei commenti.

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