Accarezzai la mappa, una delle poche superstiti della passata tempesta.Il papiro era ingiallito dal tempo e l'inchiostro rovinato qua e là dall'acquasalata, eppure traspariva ancora tutta la minuzia impiegata dal cartografo neldisegnarla. Avevo percorso questa rotta così tante volte che ormai nonnecessitavo nemmeno più di seguire le indicazioni, ciononostante avevo sempretrovato un posto d'onore nella mia bisaccia dove custodire questo foglio dipapiro. Quando ero stata per la prima volta gettata dalle onde sulle spondedella pietrosa Itaca, lei era stata al mio fianco. La mappa era stata la primacosa che aveva iniziato a farmi ricordare. Con noi Figli dell'Acqua funzionavacosì, le nostre memorie venivano cancellate, sbiadite, proprio come l'inchiostrodall'acqua; e poi, piano piano, cominciavano a ricomparire, le pagine ad essereriscritte, ma era come se l'autore fosse diventato analfabeta all'improvviso, ela storia non aveva più senso. Quando avevo sfiorato la superficie della cartageografica mi si era appannata la vista e un vortice di voci disordinate avevafatto irruzione tra i miei pensieri. Ad un certo punto, però, una voce si erafatta più forte delle altre, subito seguita da un'immagine. Quella fu anche laprima volta che sentii la voce di mio padre...
. . .
Mi avvicinai all'uomo che mi aveva cresciuta e gli chiesi "Dove stiamo andando padre?"
"Ad Itaca" mi rispose lui senza staccare gli occhi dal foglio colorato. I miei disegni non li osserva mai così a lungo, pensai, sentendomi leggermente offesa.
"E come fai a sapere che stiamo andando nella direzione giusta se siamo circondati solamente da acqua?" chiesi con tono a metà tra il curioso e il saccente. Lui mi guardò negli occhi, mi porse il papiro e disse "Questa è una mappa, vedi? Ti indica dove devi andare per raggiungere un determinato posto."
"La hai disegnata tu? Non sapevo fossi così bravo, ecco perché non ti piacciono i miei disegni allora." Esclamai io. Lui mi guardò divertito e disse "Purtroppo io non so disegnare le mappe, Olimpia, ma ci sono dei signori che sono molto bravi a farlo, si chiamano cartografi."
"Tu ne conosci molti?" chiesi con sguardo innocente.
"No, purtroppo, nemmeno uno." fu la sua risposta.
"Allora questa come l'hai avuta?" Chiesi io indicando il pezzo di carta ingiallito dal tempo.
"Questa, signorina, mi fu donata da uno degli uomini più scaltri che mai metteranno piede su questa terra"
"E chi sarebbe?" domandai io.
"Ulisse. Ulisse re di Itaca. È lui che stiamo andando a trovare. Mi donò questa mappa la prima volta che ci incontrammo, fu molti anni fa." raccontò lui.
"Perché stiamo andando a fargli visita padre?"
"Per onorare la nascita di su figlio, il principe Telemaco."
. . .
Dopo quella frase la visione si interruppe, e nelle successive, di Telemaco, non ci fu nemmeno l'ombra. Anche ora, però, percorrevo quella rotta per andare a fargli visita, come avevo fatto tante volte sin dall'inizio della Guerra di Troia.
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Olimpia
Fiksi Remaja"Mi dispiace" mi disse lui senza neanche guardarmi in faccia. Sentivo le sue mani, grandi e forti, le stesse mani che la notte prima mi avevano accarezzat...