One boy, thousand feelings.

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Nella stanza la penombra faceva da padrona. Dalla finestra riuscivano ad entrare i fiochi raggi di sole ancora percepibili da dietro le nubi e niente sembrava poter mutare quel silenzio imbarazzante che regnava tra i ragazzi. Tutto li dentro sapeva di passato: le travi in bellavista in parte marce, i muri segnati dal tempo che passa, il legno del pavimento in degrado in prossimità degli angoli e vari spifferi provenienti dalla grande finestra ormai decadente. Attorno ai ragazzi si aggirava, lento e delicato, il pulviscolo che, svolazzando, raggiungeva la finestra ed usciva dalla stanza. Il silenzio era improvvisamente calato nella stanza, mentre Jimin e Jeongguk si guardavano negli occhi. Improvvisamente, Jimin si alzò dalla sedia e appoggiò le spalle al muro, con la faccia seria e i capelli che gli nascondevano gli occhi. Taehyung si alzò, raggiunse l'amico vicino alla porta e lo prese sotto braccio.
-Andiamo- disse accompagnandolo verso la sedia ormai libera. In quel momento però le ginocchia di Jeongguk non ce la fecero e si piegarono, facendolo cadere a terra. Taehyung si accasciò leggermente non riuscendolo a sostenere. La borsa si rovesciò sul pavimento, gli spartiti ed i quaderni si sparsero per la stanza e dalla bocca di Jeongguk uscì un piccolo gemito di dolore.
In quel momento, i ragazzi che stavano guardando la scena, si alzarono per aiutare.
-Attento!- gridò Namjoon correndo verso i due a terra.
Jeongguk tossì un paio di volte e, rialzandosi lentamente grazie all'aiuto di Taehyung e Namjoon, arrivò alla sedia.
-Ma dove sei stato? Sei messo proprio male!- chiese preoccupato Namjoon mentre gli allentava la cravatta.
Jeongguk non disse nulla, abbassò la testa e si lasciò sbottonare i primi bottoni della camicia. Nel frattempo Seokjin ed Hoseok iniziarono a raccogliere gli oggetti sparsi per la stanza.
-Cos'è questo?- bisbigliò Seokjin guardando uno dei tanti fogli caduti.
Hoseok, curioso, si avvicinò per vedere meglio.
-Sembra una canzone- disse avvicinando il suo viso a quello di Seokjin mentre cercava di leggere .
-Jeongguk! L'hai scritta tu?- Seokjin era sempre più curioso.
La testa di Jeongguk era pesante e gli occhi rossi non aiutavano. Annuì col capo e ritornò a riposare.
-Posso dare un'occhiata?- chiese Namjoon inginocchiandosi accanto a loro.
I tre iniziarono a leggere i fogli e a metterli in ordine per ricomporre la canzone.
-Daebak!- disse Namjoon entusiasta -Compongo anche io e questo è davvero del buon materiale su cui lavorare!- un attimo di silenzio totale bucò la stanza -Posso prenderla e lavorarci un pò su?-
Jeongguk annuì stanco.
-Mi è venuta un'idea!- esclamò Hoseok felice.
Gli sguardi curiosi degli altri ragazzi si posarono su di lui, mettendolo in soggezione.
Hoseok allora incominciò a parlare -Visto che siamo gli unici che devono rimanere a scuola dopo le lezioni, perchè non ci riuniamo tutti qui dopo aver finito i nostri lavori e facciamo della buona musica?- si voltò verso Namjoon e gli sorrise delicatamente.
-Io non devo rimanere dopo scuola- iniziò Seokjin -Ma la musica è la mia passione ed il mio sogno, quindi appoggio la tua idea! Aiuterò te e Taehyung a pulire le lavagne così avremo più tempo per stare insieme.- disse guardando Taehyung, che rispose annuendo soddisfatto.
-Hyung! E' un'ottima idea! Ci sono anche io. Mi piace comporre e rappare! Anche Yoongi-ssi è bravo in questo! Lo costringerò io a rimanere!-
-Non mi devi costringere. Rimango. Meglio subire voi che il silenzio assordante di quella merda di famiglia che mi ritrovo.-
Jeongguk a quelle parole alzò la testa e spostò lentamente lo sguardo verso Jimin, che se ne stava a testa bassa con le spalle al muro. I loro sguardi si incrociarono e rimasero così per qualche istante. Jeongguk era preoccupato. In quel momento Jimin si abbassò senza distogliere lo sguardo.
-Idem.- mormorò.
-Non ho mai avuto così tanti amici!- Gridò Taehyung saltando sulla sedia.
-Chi ti ha detto che siamo tuoi amici?- replicò deciso Yoongi, costringendo Taehyung a sedersi.
-Comunque, Jeongguk forse è meglio che torni a casa a riposare. Non ti vedo per niente bene!- consigliò Hoseok accarezzando leggermente la testa del ragazzo. -Dai, ti accompagno.- un sorriso affettuoso si disegnò sul viso del ragazzo che prese il braccio di Jeongguk e lo aiutò ad alzarsi.
Adesso Jeongguk riusciva a camminare, dopo aver riposato un pò in quell'aula. -Grazie hyung! Grazie per avermi accompagnato in infermeria oggi.- bisbigliò a testa bassa mentre si dirigevano verso l'uscita.
Jimin alzò la testa. "Allora era per questo che non è venuto a pulire oggi?". Il suo pugno si chiuse stretto ed lo sguardo tornò a coprirsi con i folti capelli che cadevano ribelli sulla fronte. "Stupido!". Rimase immobile a fissare il pavimento impolverato per qualche minuto.
-Dovremmo dare una bella pulita a questa stanza se vogliamo stare qui! E' proprio una merda!- borbottò Yoongi sventolandosi la mano davanti la faccia, sempre con la sua espressione disgustata che ormai lo accompagnava ovunque. Si alzò così una lieve risatina, che si spense quasi immediatamente.
-Dai, andiamo ragazzi. Ci vediamo qui domani pomeriggio per pulire. Ormai si è fatto buio e stanno per chiudere i cancelli!- il tono di Seokjin era rassicurante ma allo stesso tempo si percepiva la sua malinconia. Gli occhi formavano delle piccole lunette ed i lati della bocca tirati in su non riuscivano a nascondere la delusione per ciò che era successo poco prima.
In quel momento Jimin staccò le spalle dal muro e, con scatto felino, si diresse verso l'uscita senza dare alcuna importanza al resto del gruppo.
-My God, ma che ha quel ragazzo?- Chiese stupito Namjoon con occhi spalancati, come per vedere meglio lIn situazione.
Nel frattempo Jimin scendeva di corsa le scale, aggrappato al passamano gelido ed impolverato portandosi via anche qualche residuo di ragnatela. C'erano solo due rampe di scale ma sembravano un'infinità in quel momento. Finalmente poggiò il piede sull'ultimo gradino e si spinse verso il portone d'ingresso. Si aggrappò alla cornice della porta e una scheggia di legno gli si conficcò nell'indice facendo fuoriuscire un rivolo di sangue. Jimin si guardò per un attimo la mano. Non riusciva a pensare a nulla ora. Attraverso il vetro sporco fissò il paesaggio cotonato ormai oscurato del tutto ed, in lontananza, vide Hoseok e Jeongguk camminare sotto braccio. In quel momento sentiva solo di dover correre da loro, non capiva il perchè di quell'istinto, ma doveva. I piedi si mossero da soli. Il dito sanguinante venne schiacciato in un forte pugno. La borsa ciondolava a ritmo con il passo del proprietario, pronta a cadere in qualsiasi momento. I due erano quasi arrivati al cancello e Jimin aveva appena superato di corsa il campo da calcio quando, improvvisamente, si fermarono. Jeongguk si toccava la testa ed Hoseok gli accarezzava i capelli mentre gli diceva qualcosa. Intanto Jimin correva mentre li guardava farsi sempre più vicini. Ad una decina di metri di distanza si fermò. Le mani si poggiarono sulle ginocchia. Il sangue gli sporcò i pantaloni. Il respiro affannoso provocava piccole nuvolette di condenza che gli uscivano dalla calda bocca. Alzò lo sguardo ed iniziò svelto a camminare. Finalmente arrivò alle spalle di Jeongguk, lo superò e si inginocchiò, rivolgendogli le spalle.
-Me ne posso occupare io- disse guardando il terreno umido ricoperto da un sottile strato di neve. -Aiutalo a salire sulle mie spalle- e spostò la borsa davanti al petto.
Hoseok non sapeva che fare, quel ragazzo l'aveva del tutto spiazzato. Spostò lo sguardo su Jeongguk che allungò il braccio e lo mise attorno al collo di Jimin. Dopo essersi sistemato per bene, Jimin si alzò da terra e lentamente iniziò ad avviarsi verso casa dell'amico. Il silenzio era quasi imbarazzante. Lo scricchiolio della neve sotto le scarpe bagnate era chiaro e l'unica cosa che spezzava il silenzio erano le macchine che lentamente passavano in strada. I lampioni emanavano una luce fioca, ma abbastanza forte per riuscire a vedere la direzione del marciapiedi.
-Da che parte devo andare?- Erano arrivati ad un incrocio e da li, per Jimin, quella era una strada del tutto sconosciuta.
-Sinistra- gli bisbigliò ad un orecchio. Le calde labbra di Jeongguk incontrarono il freddo orecchio di Jimin ed un brivido gli percosse la schiena. Rimase lì fermo per un attimo, poi ricominciò a camminare. Svoltò a sinistra ma la fatica iniziava a farsi sentire. Qualche lampione più avanti, Jimin decise di prendere una breve pausa, così fece lentamente scendere Jeongguk dalla sua schiena e lo aiutò ad appoggiarsi sul muretto affianco a loro.
-Grazie- iniziò il ragazzo dai capelli rossi. Lo sguardo era basso ed il suo naso iniziava a colare. Se ne stava appoggiato con le spalle al muro e si reggeva ai due piccoli paletti di ferro gelido. Più si faceva buio, più l'aria diventava gelata e Jeongguk non riusciva più a contenere i suoi brividi. Jimin si era seduto sul piccolo muretto dopo averlo sgombrato dalla neve. Dall'alto guardava l'amico tremare. -Questo è il mio modo per scusarmi- continuò Jimin -una volta tornato a casa non ti dovrò più nulla-.
Jeongguk alzò lo sguardo e lo guardò sorpreso. -Scusarti per cosa?-
-Non sapevo fossi in infermeria oggi. Ti ho insultato e mandato al diavolo senza sapere nulla. Ti ho evitato credendo che fossi stato sleale, ma l'unico stronzo qui sono io!-.
In quel momento dei fiocchi di neve cominciarono a cadere sui loro visi.
-E' meglio che andiamo, sennò siamo fottuti!- disse Jimin scendendo di corsa dal muretto. Si rimise al collo la borsa e si inginocchiò. Jeongguk si adagiò lentamente e i due continuarono il cammino. Ad ogni incrocio Jeongguk indicava la via da prendere e Jimin la seguiva senza fare obiezzioni. Il tempo passava e la neve scendeva sempre più imperterrita sui due ragazzi. Jeongguk sentiva freddo. Congelava. I brividi gli attraversavano tutta la spina dorsale fino a raggiungere la testa. La neve poco a poco si depositava sul suo giaccone diventando poi acqua e penetrando nelle piccole cuciture. Jimin si fermò nuovamente. Si accucciò senza far scendere Jeongguk ed aprì la borsa. Tirò fuori un piccolo ombrello e lo aprì. Le gambe forti si rimisero in piedi. -Tieniti- gli bisbigliò. Prese l'ombrello e se lo poggiò tra il collo e la spalla destra, facendolo cadere sulle spalle dell'altro. La forza di Jimin si affievoliva ad ogni passo e il fiato mancava ormai. -Siamo quasi arrivati, alla prossima gira a destra, la seconda casa.- disse Jeongguk stringendo Jimin più forte. -Posso scendere, ce la faccio-
Jimin non ne voleva sapere, c'era quasi, non si sarebbe fermato proprio lì. Nonostante il freddo delle goccioline di sudore gli scendevano imperterrite sulla fronte. Le nuvole di condensa erano sempre più frequenti, questo ad indicare l'affanno che aveva. Finalmente c'era quasi. Svoltò l'angolo e la vide. Riuscì a vedere la seconda casa, quella di Jeongguk. Il cancelletto nero era coperto di neve e dalla finestra del pian terreno si intravedeva una fioca sgusciare fuori attraverso le grandi tende bianche che la coprivano. I due finalmente arrivarono davanti al cancello. Jimin si accucciò nuovamente e Jeongguk scese, tenedo l'asticella dell'ombrello tra il collo e la spalla.
- Allora grazie- iniziò Jeongguk.
-Ora non ho più debiti con te. Vai- Jimin si rialzò. La sensazione di essere molto più leggero di prima lo fece ciondolare un pò ma riprese subito il controllo del corpo. I loro sguardi non si incrociarono. Jeongguk a quel punto fece un passo avanti e coprì con l'ombrello anche Jimin.
-Non hai mai avuto debiti con me.- la sua mano si poggiò su quella di Jimin e, lentamente, la poggiò sul manico dell'ombrello. -Grazie ancora. Per tutto.- Ora il suo sguardo era ben fisso sul viso dell'amico che, nel frattempo, si guardava le scarpe bagnate dalla neve. La mano di Jeongguk si staccò dal manico e si allontanò senza aggiungere altro. Jimin adesso era immobile sotto i fiocchi di neve che cadevano silenziosamente e si poggiavano sull'ombrello.
"Ora non ho più debiti con te." ripensava a quella frase. "Ed ora che non ho più nessun debito con lui?". Jimin gettò uno sgurdo verso la casa. Il giardino era ricoperto da un sottile strato di neve ma sembrava tenuto in ottime condizioni. I vasi lungo l'ingresso erano di una creta elegante e la piccola luce che illuminava la porta d'ingresso dondolava tranquilla cullata dalla brezza. Respirò a pieni polmoni quell'aria fredda. Poi capì.
-La bici!- esclamò spalancando gli occhi. Nonostante la stanchezza, Jimin prese un bel respiro, chiuse l'ombrello e corse verso la scuola, ripercorrendo esattamente il percorso fatto poco prima. L'aria e i fiocchi di neve gli pungevano il viso come aghi gelidi. Il naso e le guance erano paonazze e gli occhi lucidi. Si passò la manica del giubbino sotto il naso. Sentiva che le forze l'avrebbero presto abbandonato ma continuava a correre. In lontananza riuscì a scorgere il cancello ancora aperto della scuola. Ormai il buio della notte era sceso e l'uniche cose che lo guidavano erano i lampioni ai lati della strada. Le insegne luminose, le luci dei semafori, i fari delle macchine che passavano caute, vedeva tutto sfocato attraverso i grossi lacrimoni che gli invadevano gli occhi. I piedi si fermarono, la mano afferrò la sbarra del cancello, le ginocchia si piegarono e Jimin finalmente riuscì a prendere fiato. Il freddo tessuto del giubbino incontrò i suoi occhi, asciugando le lacrime negli occhi. Ora vedeva bene. La bici di Jeongguk era proprio davanti ai suoi occhi, col sellino ricoperto di neve.
"Trovata!"
A passi lunghi la raggiunse e, quasi come per darle la colpa o maledirla, con due veloci pacche fece cadere a terra la poca neve sul sellino.
"Avanti. Un ultimo sforzo " Si autoincitava Jimin.
Montò così in sella ed iniziò a pedalare rapido ed affaticato verso casa dell'amico. La strada già percorsa un paio di volte ormai era diventata facile da riconoscere.
"Destra. Destra. Sinistra. Ora dritto."
Nella testa di Jimin c'era solo la sua voce decisa ad arrivare il prima possibile a destinazione. La neve non smetteva di cadere ma almeno si era calmata, permettendogli di guardare bene il percorso. Le gocce di sudore gli invadevano il corpo e scendevano libere sulla fronte, fermandosi sul bordo della mascella, venendo così risucchiate dal tessuto lanoso della sua sciarpetta. Le gambe erano diventate di nuovo pesanti come macigni, i polpacci pulsavano a ritmo del cuore che ormai era arrivato in gola. Il freddo premeva sulla faccia, costringendo le lacrime ad unirsi col sudore. Avrebbe voluto fermarsi. Avrebbe voluto almeno essere in grado di staccare una mano da quel manubrio e prendere un fazzoletto, ma sapeva benissimo che se l'avrebbe fatto non sarebbe più riuscito a ripartire. Decise di continuare a pedalare. Pensando fosse la cosa più giusta da fare. Finalmente svoltó l'angolo e la casa di Jungkook si fece visibile. Con la sua luce al piano terra ancora accesa ed il cancello ricoperto dalla neve. Iniziò così a rallentare. I muscoli dopo essere stati contratti così a lungo iniziarono a rilassarsi. Le nuvolette di condensa uscivano dalla bocca di Jimin sempre più veloci. La testa cominciò a girare.
"Che succede?" pensò stranito. "Dio santo fammi avvicinare al muretto"
Non finí il suo pensiero che uno spasmo del braccio fece traballare la bici e Jimin cadde a terra.
"Perché sono così cretino? Perché ho dovuto fare tutto questo?"
A pancia in giù sulla neve, il suo sguardo era rivolto verso la luce che faceva capolino dalla finestra. Non aveva pensieri o parole. La forza era sparita come anche tutta la voglia che aveva di rivedere il volto dell'amico.
"Sono un coglione"
Solo queste tre parole gli vagavano in mente mentre inerme giaceva sul terreno gelato.
-Dove sei stato? Perché sei conciato in questo modo? Vieni che ti metto qualcosa sull'occhio- disse con voce un po troppo alta la madre di Jeongguk.
-Lascia stare mamma, non è niente.- rispose seccato il figlio. -Voglio solo andare a dormire.-
Si scrollò di dosso le braccia appiccicose della donna e la fulminò con lo sguardo.
"Che rottura di coglioni!"
Si voltò rapidamente ed iniziò a salire le scale. La testa girava leggermente e gli occhi erano pesanti. La prima rampa delle scale ad "L" era quasi conclusa e Jeongguk riusciva a vedere la luce della luna entrare in casa dalla piccola finestra che ridava sul giardino.
"Chissà se quel pazzo è arrivato a casa. Forse dovrei scrivergli."
Il suo braccio si appoggiò sulla cornice di quella piccola finestra e la fronte trovò riposo sul tessuto inumidito della divisa. Gli occhi chiusi e la bocca socchiusa.
"Sembrava arrabbiato con me ma allo stesso tempo preoccupato. Che razza di comportamento sarebbe?"
I pensieri si facevano sempre più fitti quando si inumidì le labbra con la punta della lingua e decise di riaprire gli occhi per raggiungere la camera.
Le sopracciglia si aggrottarono.
"Che cacchio è quella cosa?"
Dalla finestra, davanti al cancello, si intravedeva un sacco nero buttato a terra. Jungkook si incuriosì. Avvicinò il naso al vetro, facendolo appannare leggermente con il respiro. Il suo sguardo scrutava attentamente tutta la scena e più guardava, più quello non sembrava un sacco. Passò qualche minuto prima che Jeongguk capisse la situazione.
-Cazzo!- urlò dandosi una piccola spianta verso le scale.
Velocemente scese al piano terra e, senza fermarsi, calzò le converse nere ancora bagnate. L'occhio poco curato pulsava fortissimo, facendo traballare il ragazzo per un attimo. Poggiò rapido la mano sulla fredda maniglia del portone e, all'apertura della porta, entrò in casa il vento freddo della notte. La neve sembrava essersi calmata, preoccupata anche lei per quello che stava succedendo. Corse verso il cancello ghiacciato e, con un movimento quasi impercettibile, lo aprì sgusciando in strada ancora stordito.
-Jimin! Jimin!- urlò il ragazzo correndo verso la sagoma dell'amico. La bici caduta vicino al muretto pareva una di quelle opere d'arte contemporanea che mettono in mostra nelle gallerie. La neve intanto aveva ricoperto il giubbino di jimin quasi del tutto e si potevano notare le nuvolette di condensa che uscivano a stento dalla sua bocca, segno che stava ancora respirando. Jeongguk si inginocchiò affianco a lui.
-Jimin! Rispondi,cazzo!-
Delle piccole paccette sulla guancia fredda e bianca.
-Jimin, ti prego! Alzati!-
Il braccio attorno al collo ed il corpo proteso in avanti, coprendo la testa dell'amico col calore del suo corpo.
"Ti prego."
Un colpo di tosse fece drizzare Jeongguk che posò lo sguardo sul volto pallido dell'amico.
-Hyung, stai bene?- chiedese preoccupato.
Jimin aprì leggermente le palpebre e le sue labbra screpolate si aprirono quasi a fatica.
-Jeongguk, la tua bici.-
Jeongguk si voltò verso la bici. Rimase a fissarla per qualche istante, poi tornò a concentrarsi sull'amico.
-Vaffanculo coglione! Pensi che mi interessi di più quella merda di bici o della tua salute?- gli urlò contro con gli occhi lucidi. -Sei proprio un cretino! Se non ti avessi visto saresti morto! Idiota!-
La sua testa cadde sul petto di Jimin.
Il silenzio ora era assordante. Nemmeno la neve si sentiva.
"Cosa faccio?" si domandava. "Devo portarlo dentro il prima possibile".
Alzò allora lo sguardo.
-Ti porto dentro-. Il suo viso era serio. Il naso rosso, le labbra screpolate e l'occhio ammaccato non davano la sensazione che stesse bene.
-Proverò ad alzarmi. Tranquillo.- ribatté Jimin.
-La smetti di fare il coglione e cerchi di ascoltare quello che ti dico? Sei uno hyung ma, cazzo sei più scemo di un bambino viziato-
Jeongguk era sempre più scontroso.
"Che ha sto tipo adesso?" pensò Jimin stranito. "Fino a poco tempo fa era così educato ed ora insulta!"
-Avanti.- aggiunse Jeongguk voltandosi. -Sali.-
La mano di Jimin afferrò la spalla del ragazzo ed il suo busto si alzò, formando un angolo retto con le gambe ormai congelate.
-Non riesco a muovere le gambe- disse strofinando l'altra mano vicino alle ginocchia.
Jeongguk si alzò. Il suo volto era più serio del solito. Dal naso uscivano aloni di condensa che lo facevano somigliare ad un drago arrabbiato. A quel punto allargò le gambe a Jimin.
-Facciamo così- il suo tono era ormai risoluto. Si inginocchiò all'interno dello spazio formato dalle gambe e si mise le braccia di Jimin attorno al collo. Aveva il fiatone ed era evidentemente stanco. Afferrò le gambe dell'amico e se le incastrò attorno al bacino. Con uno scatto si alzò, e si diresse verso l'entrata. I suoi passi erano lenti e pesanti. Superato il cancello, ci misero un paio di minuti prima di riuscir ad arrivare davanti al portone.
-Fammi scendere ora- chiese Jimin.
-No. Non stai bene.-
-Se è per questo neanche tu ma ti ostini a fare il cretino!-
A quelle parole Jeongguk si fermò. La presa sulle gambe si allentò e jimin poggiò i piedi a terra.
-Fai come ti pare. Ora entra dentro sennò muori- il viso di Jeongguk era basso e cupo, aprì la porta ed entrò in casa.
La mascella di Jimin sembrava non volesse smettere di fermarsi. Il ticchettio dei denti che sbattevano l'uno contro l'altro era facilmente udibile anche da qualche metro di distanza.
-Forza, entra- disse Jeongguk prendendo il braccio del ragazzo.
-Si ecco, non vorrei distu...- Jimin cadde a terra. Jeongguk riuscì a prenderlo ma cadde su di lui.
-Jimin! Ehy!- gridò.
Dei passi svelti si avvicinavano sempre di più ai due ragazzi sdraiati a terra.
-Santo cielo! Cosa sta succedendo?- urlò la madre portando le mani alla bocca.
-Niente. Aiutami piuttosto!- replicò Jeongguk cercando un appiglio per alzarsi.
Finalmente in piedi, si mise il braccio destro dell'amico attorno al collo, lanciò uno sguardo fulmineo alla madre che, un pò imbarazzata, fece lo stesso.
-Portiamolo sul divano-
Jeongguk era allo stremo delle forze. Sentiva anche lui che mancava poco a ridursi nelle stesse condizioni dell'altro. Arrivarono in sala. Con delicatezza appoggiarono il busto di Jimin sul divano, Jeongguk cadde in ginocchio.
-Vai a riposarti. A lui posso pensarci io.- disse la madre preoccupata.
-Tranquilla, sto bene. Ho solo bisogno di un bagno caldo-
-Te lo preparo subito-
-No. Tu pensa a lui!-
La madre abbassò lo sguardo e Jeongguk si avviò verso il bagno.
"Ma che gli passa per la testa a quel cretino? La bici la potevo riprendere benissimo un altro giorno!" un sospiro uscì alleggerendo il peso che si portava addosso.
Il bagno stretto odorava di vaniglia. L'arancione delle pareti ed il bianco della vasca calmarono Jeongguk che si apprestò ad aprire il rubinetto. L'acqua scorreva veloce zampillando qua e la. Fredda, poi d'un tratto calda, di nuovo fredda e poi bollente.
-Cazzo!- sussurrò ritirando il dito bruciato.
Quella volta ci mise un pò prima di trovare il giusto equilibrio tra caldo e freddo. Tappò la vasca, che iniziò a riempirsi.
"Che giornata è questa?" pensò sfilandosi la giacca della divisa. "Non ho mai passato una giornata più schifosa" il primo bottone della camicia si sbottonò. Poi il secondo. Il terzo. Seguì il quarto ed il quinto ancora. La pelle di Jeongguk era immacolata. Anche se aveva l'aspetto di un ragazzino ancora poco sviluppato, sotto quel cotone rivelava un addome scolpito ed un ventre piatto. La nube di condensa si faceva sempre più fitta, tanto da iniziare ad appannare lo specchio sopra il lavandino.
"Però mi sono divertito" l'ultimo bottone si sganciò mentre la sua mano accarezzava delicatamente lo specchio appannato. I suoi occhi che si scrutavano, e la camicia che scivolava ai suoi piedi. Sentiva la pelle umida. Nudo di tutto, si infilò nella calda acqua e poggiò finalmente la testa sul bordo liscio e freddo della vasca. La mente ritornava indietro ripercorrendo tutta la giornata appena passata e, dolcemente, si addormentò.
-Io non lo so, mi voglio prendere cura di lui e che fa? Mi lascia qui a pensare a questo sconosciuto!- borbottava la madre mentre inzuppava delle bende di acqua fredda. -Io non so che gli prende a quel ragazzino. Ultimamente è un po scorbutico!-
Tra le sue lamentele, Jimin si svegliò. La bocca secca, la vista appannata ed un forte mal di testa lo accolsero al suo risveglio. Cercò un appiglio e si issó.
"Devo andare in bagno" pensò inumidendosi le labbra con la lingua.
Una volta in piedi, zigzagando, si diresse al di la del corridoio, senza avere però una meta precisa in quella casa ancora sconosciuta.
-Jeongguk! Jeongguk-ah!- diceva, aprendo ogni porta che gli si parava davanti.
-Jeongguk-ah!-
La porta del bagno si spalancò e Jeongguk sobbalzò spaventato.
-Che cazzo ci fai qua?- chiese stupito.
-Jeongguk-ah! Sai dov'è il bagno?-
Jeongguk rimase senza parole. Non sapeva cosa fare.
"Dovrei alzarmi, ma mi vedrebbe nudo! Vabbè ma se non riconosce il bagno figurati se capisce che sono nudo!"
Quella fu la sua decisione. Si alzò nella vasca, il suo corpo tutto bagnato e caldo era proprio davanti a Jimin, che lo fissava silenzioso. Si piegò per arrivare all'asciugamano e se lo legò al bacino.
-Dai su, vieni che ti porto al bagno- disse infilandosi le ciabatte ed allungando una mano verso l'amico.
A quelle parole Jimin fece qualche passo ma inciampò e cercò di aggrapparsi all'amico.
-Jimin! Stai bene?- chiese preoccupato che fosse svenuto ancora.
-Jeongguk-ah!-
-Dimmi-
-Profumi di vaniglia-

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