Puoi svegliarti all'alba, ma il destino si è svegliato mezz'ora prima di te.

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Quella mattina era davvero fredda. Alzarsi dal letto ero davvero faticoso quella volta, e Jeongguk lo sapeva molto bene. Primo giorno alla scuola superiore. Ormai non era più un ragazzino, quindi da uomo cacciò fuori un piede dalle coperte e rimase a fissare il soffitto ancora buio per un pò.
"Non farti picchiare, non farti prendere dal panico, sii simpatico e socializza" si ripeteva in mente, mentre cercava di scoprirsi per scendere a fare il primo pasto. Come suo solito la madre aveva già preparato riso con vari contorni che a lui piacevano tanto ma per qualche motivo Jeongguk quella mattina la fame proprio non la sentiva. Il primo boccone andò giù liscio come l'olio, il secondo, il terzo, pian piano si facevano sempre più faticosi, quasi non volessero scendere giù per la gola. Così scese giù anche un bicchiere di aranciata.
-Figlio mio, la mamma è così orgogliosa di te! cerca di essere anche qui il primo della classe d'accordo? Eh?...-. Parlava, Jeongguk annuiva. In realtà non gli interessava più di ciò che usciva da quella bocca, visto che tanto ciò che diceva erano sempre le solite cose da quando faceva l'asilo; come se la scuola fosse un'eterna gara a chi era il migliore. Chinò la testa come per un inchino mal riuscito e si diresse verso il bagno.
"Eccoci qua!", pensò. La sua immagine riflessa nello specchio, il suo viso stanco, i suoi occhi pesanti erano tutto quello che riusciva a vedere in quello specchio: la tristezza di una vita vuota fatta solo di "primi posti". In realtà a Jeongguk la scuola non piaceva per niente, aveva solo la capacità di ricordare tutto molto bene. Aprì il rubinetto e fissò l'acqua scorrere per qualche istante, mise le mani "a scodella" e incominciò a bagnarsi il viso. L'acqua era fredda, proprio come quella mattina di febbraio. La divisa era appesa come sempre dietro la porta e non aspettava altro che essere indossata. Gli spartiti del piano sulla scrivania e l'amore per la musica nel cuore. Ormai però era tardi per tutto, non poteva concedersi l'onore di fare ritardo proprio il primo giorno, si vestì e preparò di fretta e furia la borsa, montò sulla bici e si diresse verso scuola.

Si fece mattina anche per Taehyung che, come al solito, venne svegliato dalle urla della sorella minore. -Oppa! Svegliati!!- urlava, mentre entrava nella camera e saltava addosso al fratellone ancora dormiente. -Eccomi, aspetta dai!- pregava Taehyung mentre veniva assalito dagli abbracci della piccola. "Tutto questo è così stressante ma, alla fine, mi rende sempre felice questa ranocchia!". La luce fioca del sole entrava silenziosa nella cameretta illuminandogli i capelli arancioni. Finalmente era sveglio e fissava quello spiraglio di luce perdendosi in pensieri che neanche lui sapeva. Gli piaceva fare così, ogni tanto eclissarsi dal mondo e starsene per fatti suoi in tranquillità. Taehyung era un ragazzo strano. Era molto intelligente, ma a modo suo e spesso gli adulti non riuscivano a capirlo, etichettandolo così come "irrequieto". Prima non era così, era sempre attento a ciò che faceva e non era così vivace. Prima. Prima di quel giorno, in cui la madre scomparve e nessuno fu più capace di ritrovarla. E così ogni mattina si ritrovava lì, davanti alla finestra a pensare a tutto e niente, a sperare di intravedere dalle fessure la sagoma materna. Iniziò a guardarsi attorno; quaderni, libri, penne, CDs erano sparsi ovunque sul pavimento della cameretta. A Taehyung piaceva il disordine, o forse era solo una scusa per giustificare la sua mancata voglia di mettere in ordine. Un tonfo al cuore e dagli occhi cadde una lacrima. Una sola, perchè a lui non piaceva piangere. Se piangeva lui, chi teneva in piedi la famiglia? Era un ragazzo forte e dolce ma, a volte, la tristezza gli riempiva il cuore e così lui guardava il cielo e ricordava il volto della madre. Era ormai arrivato il momento di alzarsi e prepararsi. In cucina c'era la colazione pronta sul tavolo, così si affrettó ed afferrò le bacchette per mangiare quel riso, ormai freddo. Una volta finito il pasto si alzò guardando i piatti vuoti e semplicemente li lasciò lì sul tavolo per andare in bagno a lavarsi. Prese poi la borsa, le inseparabili cuffie, si mise le sue adorate scarpe verdi ed uscì di casa con le mani nelle tasche. La brezza fredda di febbraio gli colpì il viso facendogli diventare il naso rosso. Il primo giorno del secondo anno di superiori arrivò anche per lui.

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