Al cimitero

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"Oggi Simone viene dimesso dall'ospedale?" sento gli occhi di Laura addosso. Annuisco senza distogliere lo sguardo dall'orologio sulla parete: le lancette indicano le 12.30. Manca solamente mezzora alla fine della lezione del professor Lombardi. Trenta minuti che mi separano dal momento in cui finalmente avrei potuto rivedere Simone fuori da quella stanza d'ospedale tanto fredda e angusta. Mi metteva sempre un po' di angoscia entrarci, nonostante nell'ultimo mese fossi andato parecchie volte a trovarlo. Gli portavo i compiti e gli raccontavo la giornata trascorsa a scuola. Qualche volta mi era addirittura capitato di leggergli il giornale. Non che le notizie che leggevo ci interessassero più di tanto, era semplicemente un modo come un altro per far passare il tempo. Simone ascoltava sempre attentamente ciò che gli dicevo o che leggevo. Tuttavia era sempre di poche parole. L'incazzatura nei miei confronti non gli era ancora passata completamente, ma ogni giorno che passava continuavo a sentirlo sempre più vicino a me. E questo mi bastava. 

Finalmente la tanto attesa campanella suona. Mi fiondo fuori dalla classe immediatamente, senza rivolgere la parola a nessuno. Salgo in sella al motorino, allaccio frettolosamente il casco e mi dirigo verso casa di Simone.                                                                                                                                        Lui è già li ad aspettarmi. Lo trovo seduto fuori in veranda mentre legge il giornale. Mi viene quasi da sorridere "Mica non te ne fregava nulla di leggere quelle stupidate?" Lui sembra contento di vedermi. Non riesce a trattenersi e subito un sorriso a 32 denti compare sul suo volto. Da un mese a questa parte non lo avevo mai visto così tanto felice di vedermi. Se ne rende conto subito anche lui, che cerca immediatamente di smorzare il sorriso e ricomporsi.          "Sono felice che tu sia a casa finalmente. Come stai?" cerco di cambiare precipitosamente discorso.                                                                                                                                                                             "Sto bene, grazie. Mi fa così strano essere tornato a casa dopo un mese. Stavo quasi per abituarmi alle quattro mura della stanza dell'ospedale e al cibo che servivano" mantiene il tono di voce calmo e pacato, nonostante glielo si legga in faccia quanto sia eccitato all'idea di essere di nuovo a casa sua.                                                                                                                                                              "Come fai a chiamare cibo quella roba lo sai solo te." Questa volta vedo comparire sul suo volto un sorriso che non tenta minimamente di nascondere. Inizio a sentire una strana sensazione allo stomaco. Il suo sorriso non mi aveva mai fatto un effetto del genere prima d'ora. E' la prima volta che sento una sensazione mista di estasi e ansia anche solo guardandolo in faccia.                   "Senti... avrei un favore da chiederti. Ti va di accompagnarmi in un posto?" Annuisco immediatamente senza farmi alcun tipo di domanda. Non mi importa minimamente di dove voglia andare. Ho solo voglia di passare del tempo con lui. "Certo, ti ci porto io con la moto."

Scesi dal motorino capisco immediatamente dove ci troviamo. E' un cimitero. Non un semplice cimitero. E' un cimitero di bambini. Non ci ero mai stato in vita mia e il solo pensiero di entrarci scatena in me un sentimento di paura. Simone inizia a farmi strada, sembra conoscere bene la strada da percorrere. "E' qui" Jacopo Balestra. Leggo il nome sulla lapide e sento un tuffo al cuore. Mi giro verso di lui e noto i suoi occhi lucidi. Una lacrima solitaria gli percorre tutta la guancia destra.                                                                                                                                                                        Vorrei dire tante cose, ma in queste circostanze qualsiasi parola risulta sempre superflua. Mi limito ad appoggiargli un braccio attorno alla spalla come a dirgli "Sono qui. Per qualsiasi cosa io sono qui e non ho intenzione di lasciarti. Non me ne sono mai andato". Lui capisce immediatamente e in quel momento sembra che tutto quello che ci è capitato nell'ultimo mese sia stato cancellato. Non ci sono più litigi, rabbia e incomprensioni. Siamo solo io e lui. Siamo sempre stati io e lui e finalmente entrambi ce ne accorgiamo. Restiamo fermi così per un tempo che sembra eterno. Nessuno dei due sembra intenzionato a muoversi. In fin dei conti stiamo bene assieme.  


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