In ospedale

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"Tu per me manco esisti" sono le parole che mi rimbombano nella testa e a cui non riesco a smettere di pensare. Ho ancora impressa la faccia di Simone. Il volto leggermente contratto in una smorfia per mascherare le lacrime. "Vaffanculo" sono state le ultime parole ad uscire dalla sua bocca prima di allontanarsi da me frettolosamente. Ed è stato in quell'esatto momento che ho sentito il suo cuore rompersi. Forse non è stato solo il suo di cuore ad essersi spezzato. Ma questo lui non lo sa. Non sa di tutti i sensi di colpa che ho provato e che continuo a provare. Mi stanno divorando pian piano e non riesco a darmi pace.                  

"A cosa pensi?" sono le parole di mia madre a riportami alla realtà. "Niente mà, non ti preoccupare. Sono solo stanco". Niente? Come faccio a spiegarle di come mi senta morto dentro. Sbaglio sempre tutto. Ferisco qualsiasi persona mi stia attorno. Soprattutto Simone. Lo stesso Simone che ora giace su un letto d'ospedale. Lo stesso Simone che sta lottando tra la vita e la morte in questo preciso istante. 

Ho bisogno di riposarmi, di smettere di pensare anche solo per un secondo. Decido di sdraiarmi. Chiudo gli occhi ed è proprio in quel momento che nella testa riaffiorano tutti i ricordi. Il bacio nel cantiere. I nostri corpi che si fondono per diventare un tutt'uno. I brividi lungo la schiena. "Non ti lascio perché ti voglio bene". Il nostro è più di un semplice volersi bene. O forse no. Simone è come un fratello per me. Eppure ci siamo baciati in quel cantiere. Sono stato io a volerlo, a spingermi per primo contro di lui. Ma a me i ragazzi non piacciono. "Quello che c'è stato, è stato divertente. Però finisce là" No invece, io quel momento avrei voluto che non finisse mai. Sono stato un coglione a staccarmi da lui in quel modo.                                                                      Non riesco a darmi pace. Sono stanco, vorrei solamente dormire e spegnere il cervello. Eppure nella mia mente continua ad essere impresso il volto insanguinato di Simone. Il suo corpo gelido sdraiato sulla strada e le mie mani che cercano di sorreggerlo. Sono stato io a trovarlo. Sono stato io il primo a soccorrerlo e forse dovrei esserci io al suo posto. Me lo meriterei sicuramente più di lui.                                                                                                                                                                                Vedo un'ultima volta il volto di Simone, i suoi occhi fissi sui miei. Poi finalmente il buio.

Mi risveglio. Non so neanche quanto io abbia dormito, quanto tempo sia effettivamente passato. Mamma è in piedi, davanti alla porta della camera di Simone. "Come sta, mà?" mi avvicino a lei. Ho bisogno di saperlo. "Sta bene" mi rassicura. In quel momento mi sento come se fossi appena tornato a respirare dopo una lunga apnea. Il cuore che prima batteva all'impazzata, ora sta riacquisendo il suo normale ritmo. I muscoli del viso finalmente si rilassano. Simone sta bene ed è tutto ciò che conta.

"Ho bisogno di vederlo. Di parlargli. Devo chiedergli scusa, è importante."                                                 Sento gli occhi di mia madre addosso, mi scruta attentamente. Mi conosce come le sue tasche, sa perfettamente quello che provo. Raggiunge immediatamente l'infermiera del reparto. Le vedo parlare. Inizialmente l'infermiera scuote la testa. Anita inizia a supplicarla. In quel momento si avvicina anche Dante. Ha gli occhi lucidi, deve aver smesso da poco di piangere. Il professore fa un breve cenno all'infermiera e subito dopo stringe forte a sé mia madre.                      "Seguimi" ora è l'infermiera ad avvicinarsi a me. "Vi lascio soli 5 minuti, non di più". Annuisco. Non riesco a trattenere l'emozione e decido istintivamente di abbracciarla "Grazie. Grazie mille davvero." Lei rimane rigida, mi da una leggera pacca sulle spalle e mi esorta ad entrare. 

Simone è disteso sul lettino, una benda intorno alla testa e un tubicino nel naso. Sembra quasi sorpreso nel vedermi lì, in piedi davanti a lui. Mi saluta con un cenno. Sorrido, ma questa volta è lui a non ricambiare il mio sorriso. Sicuramente è ancora arrabbiato con me e ha tutte le ragioni di questo modo per esserlo. "Scusa" sono le uniche parole che riesco a pronunciare. Mentre ero fuori in sala d'attesa la mia mente aveva elaborato un discorso di scuse sicuramente migliore. Ma una volta trovatomi lì davanti a lui le parole fanno fatica ad uscire dalla mia bocca. Ci sono tante cose che vorrei dirti Simone ma quando mi trovo davanti a te poi diventa tutto più difficile.                                                                                                                                                                             "Scusami davvero" ripeto, cercando di sembrare più convincente rispetto a prima. Lui non risponde, si limita a fissarmi. Probabilmente anche lui vorrebbe dirmi qualcosa. Lo percepisco. Ma so per certo che fa più fatica di me a esprimersi in quel momento. Dimmi qualcosa. Qualsiasi cosa. Questo silenzio lo odio.  Preferirei davvero che mi urlassi in faccia tutto quello che provi, piuttosto che vederti così.                                                                                                                                                   "Lo so" le sue parole finalmente rompono il silenzio che si era creato nella stanza. Come se davvero avesse sentito tutto quello che pensavo nella mia testa. In quel momento vorrei abbracciarlo. Forse addirittura baciarlo. Vorrei che tornassimo ad essere i Manuel e Simone di sempre. Eppure temo che qualcosa all'interno del nostro rapporto si sia spezzato.

"Sono passati i 5 minuti, muoviti ad uscire" l'infermiera non sembra accettare scuse. Lo saluto con un cenno della mano "Rimettiti presto Simò" lui ricambia il saluto e chiude nuovamente gli occhi. 



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