Entrambi sdraiati sull'unico letto presente nella stanza. Uno di fianco all'altro. Lei appoggiata sul suo petto, mentre osservava orizzontalmente la pelle liscia e odorava il profumo del bagnoschiuma sulla stessa superficie.
Lui aveva entrambe le mani a fare da scudo alle sue spalle, in parte coperte dalle bretelle del reggiseno nero.
La più piccola cercava di ammazzare il tempo e l'imbarazzo facendo dei cuoricini immaginari sulla pelle dell'altro con le dita. Da cuori a disegni più confusi, come cerchi o infiniti.
Lui se ne stava scomodo, con la testa contro la testiera bianca del letto che, nonostante non fosse un king o un queen, riusciva a ospitare i loro due corpi senza luce. La osservava e cercava di capire se spostarla e andare in bagno o restare a farsi disegnare forme immaginarie sulla pelle. Era un urgenza. Avrebbe capito. E cercò il modo più gentile per scrollarsi di dosso quella piccola cozza, che tanto piccola non era.
La tiró a sé, le fece alzare la testa e poi lo schiocco di un bacio a rese la stanza rumorosa. La spostò delicatamente e infine si alzò per dirigersi al bagno.L'altra adesso stava sdraiata, con la testa sul cuscino a pensare, a desiderare e a sperare che lui tornasse di nuovo da lei a riempirla del suo profumo, ma si arrese a quell'idea troppo lussuriosa. Così, per evitare di andare all'inferno, si alzò con fatica anche lei. Prima la maglietta, la sua maglietta nera, poi i pantaloncini identici e poi dritta in cucina.
Non sapeva bene cosa avrebbe fatto, ma pensava di sgranchirsi un po' le gambe per capire se fosse ancora viva e cosa dovesse fare per restarlo.Lui era ancora in bagno. Cercando di ricordare nel dettaglio ciò che era successo e in che modo avevano torturato il letto più di quanto non si erano torturati loro.
Si guardò allo specchio e i simboli della tortura erano ancora evidenti; macchie rosse sulla pancia, i capelli scompigliati e colui che regnava su quelli: un livido sul collo. Sorrise a se stesso e tornò alla vita noiosa. Che poteva diventare più entusiasmante con lei al suo fianco.In camera non c'era nessuno. Se non gli acari del letto ancora storditi dalla guerra di poco prima. Poi un rumore dalla cucina. La plastica di una bottiglia che si piegava per una lunga bevuta.
Ne approfittò per rivestirsi. Indossò una semplice tuta grigia, ma il petto rimase nudo.
Si diresse, così, in quel posto illuminato di bianco.
La vide seduta su uno sgabello vicino al bancone, mentre se ne stava su una sedia, con la schiena ricurva e gli occhi puntati nel vuoto.
Bevve anche lui. Poi la guardò e notó che non gli aveva rivolto nemmeno uno sguardo da quando aveva fatto ingresso in quella nuova stanza, nella quale il silenzio era solo uno degli elementi decorativi. Si avvicinò a lei e da dietro l'abbracció invece di accoltellarla; le accarezzava i morbidi capelli castani e scendeva sul viso a sfiorargli le guance.
Sembrava essersi svegliata da quel lungo sonno prolungato nell'infinito e oltre. Tiró la testa indietro a toccargli lo stomaco. Lo guardò negli occhi scuri ma chiaramente marroni. Sì rese conto che tutto quello che aveva sempre desiderato era lì, e che la sua anima la sfiorava, la toccava, le parlava, le sorrideva per stare bene e per farla stare bene. Alzò le mani sul suo collo e lui capì quel gesto, chinandosi e lasciando un po' del suo amore sulle sue labbra, cercando di capire quanto fare durare quel momento. Il tempo di pensarci ed erano già lontani.
Lei si alzò e gli gettò le mani al collo delicatamente, alzandosi leggermente sulle punte per convincersi della propria piccolezza. Adesso erano due anime in un corpo solo, costrette a ballare senza mai più staccarsi; si stringevano sempre di più, perché purtroppo i loro due corpi non potevano stare più attaccati di così, nonostante ne condividessero uno solo.La prese in braccio. Le gambe si strinsero dietro la schiena e le braccia non gli lasciavano scoperta la nuca.
Si sedette, sulla poltrona pochi passi più in là, con lei a cavalcioni e la sua testa che si nascondeva dietro al collo. Per sottrarsi all'imbarazzo e anche perché sul suo petto non ci poteva stare. E neanche al suo interno: la gabbia toracica era abbastanza grande da contenere un cuore pulsante e due polmoni sani e rosei, ma non lei e tutto il suo amore, che potevano essere sostituiti a quel sistema di sopravvivenza inventato da Dio e che solo due anime come loro potevano distruggere.E in quel via vai di pensieri si addormentarono. E quando si svegliarono si resero conto di essere in due letti diversi, a domandarsi di quel sistema di sopravvivenza cosa fosse rimasto e cosa fosse indispensabile per vivere.
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Frammenti
General FictionChi dice che una storia debba avere un inizio? E perché? E soprattutto, chi dice che ne possa contenere una sola? Le storie sono infinite. Come lo sono le stelle nel cielo. O i numeri dei matematici. Racconterò frammenti dei miei pensieri: ciò che...