3. Tutta colpa di quello stupido libro

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Le porte d'uscita dell'edificio si trovavano proprio di fronte a me. Mancavano davvero pochi passi. Purtroppo, però, da quando venni catapultata in quell'altro mondo, nulla andava per il verso giusto. Mi sentii prendere all'improvviso dalle spalle. Due braccia possenti afferrarono le mie.

«Lasciatemi andare» dissi in tono di supplica. La presa, però, non voleva cedere. Tutti all'interno dell'ospedale guardarono nella mia direzione. Una giovane ragazza con un camice bianco che si dimenava all'impazzata. Dovevo sembrare pazza. In effetti forse lo ero davvero. Insomma, un altro mondo? Chi mai avrebbe potuto credermi? Se ciò che pensavo fosse stato tutto vero... in quel momento mi trovavo dentro un libro. Un libro. Forse avrei dovuto farmi rinchiudere da sola.

«Venga con noi» disse uno degli uomini, interrompendo il mio flusso di pensieri.

«Dove mi state portando?» domandai, senza ricevere alcuna risposta. Andammo verso l'ascensore. Una volta dentro, cliccarono il pulsante per l'ultimo piano. Cosa ci sarà all'ultimo piano? Il reparto psichiatrico?

Quando le porte dell'ascensore si aprirono, ci trovammo davanti ad una hall. Proseguimmo in avanti, fino ad arrivare di fronte una porta in legno scuro. Sembrava essere un ufficio.

L'uomo bussò.

«Avanti» disse qualcuno al di là del muro.

Aprirono la porta ed entrammo nella stanza. La prima cosa che vidi fu un uomo seduto davanti una scrivania. L'etichetta diceva: "Direttore Donovan"

«Prego, si accomodi. Voi potete andare» si rivolse a me. Mi sedetti nella sedia davanti la scrivania, guardandomi intorno spaesata.

«Allora. Lei deve essere la signorina che ha tentato di fuggire dopo essersi svegliata da un coma di due giorni» annuii lievemente, sentendomi in imbarazzo.

«Vuole spiegarmi il motivo?» chiese con un tono calmo di voce.

«Vede, il fatto è che...» ero nervosa. Avrei voluto sprofondare.

«Ecco io... non posso permettermi le spese ospedaliere...» spiegai, dicendo una parte della verità.

«Ma questo non è assolutamente un problema. Dovrebbe preoccuparsi prima della sua salute, piuttosto che dei soldi» disse il direttore gentilmente.

«Non può scappare così da un ospedale dopo un coma. Potrebbe avere un problema grave, quindi non posso permetterglielo» il problema grave lo avevo davvero, ma riguardava più la mia salute mentale che fisica.

«Adesso risolviamo il suo problema, non si preoccupi»
«Davvero?» domandai titubante.

«Ma certo. L'unica cosa che lei deve fare è consegnarmi i suoi documenti, in modo da poter avviare una procedura di prestito di denaro. In questa maniera potrà pagare in seguito il suo debito» cosa? Documenti? Le cose non potevano mettersi peggio di così.

«D-documenti?» balbettai.

«C'è qualche problema?» mi chiese lui.

«Ecco io...» come potevo fare per uscire viva da quella situazione.

«Ho...ho lasciato il mio zaino in stanza» dissi la prima scusa che mi venne in mente.

«Nessun problema, manderò subito qualcuno a ritirarlo» detto ciò premette il bottone di quello che sembrava essere un telefono fax.

«Signorina Kim, potrebbe far portare in ufficio lo zaino della paziente della 182?» le gambe iniziarono a tremare. Non potevo permettere che vedessero i miei documenti. Se davvero mi trovavo all'interno di un libro, i miei dati lì non esistevano. Stavo per essere gettata nella fossa dei leoni.

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