4. "È Mozart?"

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«Nulla di grave. Avevamo paura potesse essere un infarto miocardico o una sincope cardiaca. Invece ha semplicemente avuto un calo di pressione, probabilmente dovuto ad un evento stimolante. È successo qualcosa che può averle causato questi sintomi?» mi chiese il dottore, mentre guardava i risultati delle mie analisi.

«In effetti si...» risposi, ricordando il momento in cui scoprii di essere stata catapultata in un libro.

«Le consiglio per il momento di riposare. Domani potremo dimetterla» disse poi l'uomo.

«D'accordo, grazie» dopo ciò, un'infermiera mi scortò nuovamente nella mia camera d'ospedale.
L'ansia tornò ad impossessarsi di me. Il giorno dopo sarei dovuta andare via da lì e io non avevo la minima idea di come tornare a casa. Inoltre persisteva ancora il problema dei documenti. Ero fottuta.

Mi guardai intorno, notando che non vi fosse nessuno nella stanza. Mi alzai dal letto, andando verso il bagno, vedendo con piacere che ci fosse una doccia. Potrei approfittarne per lavarmi. Non lo faccio da tre giorni e non so quando mi si ripresenterà l'occasione.
Presi una delle asciugamani date dall'ospedale ed entrai nel bagno. Mi tolsi tutti i vestiti e mi infilai nel box doccia.

L'acqua calda scorreva lungo tutta la mia pelle e sui capelli. Era una bella sensazione. Un afflusso di pensieri mi invase d'un tratto. Era tutto assurdo. Mi trovavo in un romanzo. Ogni cosa che mi circondava in realtà non esisteva. Nemmeno l'acqua che usciva da quella doccia esisteva realmente. Era un universo immaginario, inventato da qualcuno. Ma come poteva essere possibile una cosa del genere? Nonostante per tutta la mia vita mi sia sentita un'esclusa, una comparsa, non avevo intenzione di diventarlo veramente.

Cosa avrei dovuto fare? Aspettare la fine del libro? Cercare un portale magico? O farmi rinchiudere in psichiatria e basta?

Feci un sospiro di frustrazione. Pensai alle persone che avevo incontrato in quel breve tempo. Non avevano la minima idea di essere dei personaggi inventati, delle illusioni. Vivevano la loro vita normalmente, non sapendo, però, che il loro destino era già stato scritto. Era lo scrittore a decidere delle loro vite, come fosse il loro Dio.

Un rumore interruppe i miei pensieri. Dato il suono dell'acqua che scorreva, non riuscii a capire cosa fosse stato. Finii di sciacquarmi, per poi chiudere il flusso d'acqua.
Fu proprio nel momento in cui aprii le tende del box doccia che successe ciò che avrei voluto non accadesse mai.

Allo stesso modo della tenda, la porta del bagno si aprì improvvisamente. Una persona spuntò sulla soia. Gettai un urlo acuto, per poi richiudere velocemente la tenda. La porta si chiuse di colpo.

«Non sapevo ci fossi tu. Non ho visto niente... giuro» sentii urlare dall'altro lato della camera.
Adesso come faccio ad uscire da qui? Voglio sotterrarmi.

Jayden Cook aveva visto parti di me che nemmeno i miei genitori avevano mai visto.

Cercai di ricompormi, vestendomi. Mi asciugai i capelli e presi il coraggio per uscire da quel bagno.
Camminai lentamente, mentre l'imbarazzo si faceva evidente sul mio viso.

Quando aprii la porta vidi subito il moro seduto sulla solita sedia. Non riuscii a guardarlo in faccia.
«Dovresti chiuderti a chiave la prossima volta» disse lui.
«Non pensavo che qualcuno potesse entrare all'improvviso» risposi io con tono duro.

«Poi non hai nient'altro da fare tu? Invece di venire qui a disturbare?» domandai con tono saccente.

«Non credo che questi siano affari tuoi. E non scaricare la colpa su di me. Finora sei stata tu l'unica a combinare disastri» rispose allo stesso modo.

«Pff, certo. Pensa quello che vuoi, tanto non esisti» mi resi conto solo dopo di quello che avevo detto. Sbarrai gli occhi allarmata.

«Mi fa piacere sapere che per te non esisto» disse lui. Tirai un sospiro di sollievo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 04 ⏰

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