Prologo

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Ci sono sogni che abbiamo sin da bambini, quei sogni che ci sembrano l'unica cosa alla quale aspiriamo, forse ingenuamente, perché non ancora coscienti di cosa significa "diventare grandi".

Mi hanno sempre detto che generalmente i sogni nel cassetto non sono destinati a vedere la luce, ma che restano chiusi a chiave, continuando però ad occupare quel piccolo spazio nel cuore e quella minima, minuscola, quasi impercettibile parte nella mente.

Il mio sogno nel cassetto è sempre stato uno: entrare ad Amici di Maria De Filippi.

Alla veneranda età di 2 anni mi sedetti sul tappeto davanti alla televisione pronta per la prima edizione di quella che al tempo era la prima edizione di "Saranno Famosi".

Di lì in poi è diventata un'abitudine: alle 14 di ogni sabato, di ogni mese, di ogni anno. Non importava cos'altro avessi avuto da fare, ma quel lasso di tempo di 2 ore del sabato pomeriggio era sacro e nessuno, neanche la più bella delle notizie, avrebbe potuto farmi distogliere l'attenzione da quello schermo.

Passò neanche un anno dalla prima messa in onda ed io all'età di 3 anni mi iscrissi a scuola di danza, quella di zia Lia, infondo alla strada. Non è che a quell'età potessi fare molto, mi limitavo a far parte della propedeutica e ad ammirare le più grandi danzare e volteggiare su quelle punte che tanto sognavo la notte.

Dopo 3 anni finalmente iniziò la danza seria. Partii con il classico e poi via via col tempo, man mano che cresceva aggiungevo stili: il moderno, poi il contemporaneo, l'hip hop, il jazz, il musical; tutto ciò che era possibile fare in quella scuola io lo facevo.

Ero parte di tutto.

Poi all'età di 13 anni quella pazza di mia zia e quella donna ancora più pazza di lei, mia madre, mi presero da parte e mi dissero testuali parole: "Il liceo coreutico non è abbastanza, c'è bisogno di qualcosa di più. Preparati, perché tra 4 mesi avrai il provino per il San Carlo".

Il Teatro San Carlo, il sogno di ogni bambina o bambino di Napoli che vuole ballare fino a quando le gambe non cedono. Il rigore, la disciplina, la costanza erano tutte in quel teatro così maestoso.

Entrata lì il giorno del provino mi sentii così piccola, così insignificante davanti a tutti quei sedili rossi, a quelle balconate, agli strumenti dell'orchestra, a quel sipario e a quella sceneggiatura che mettevano i brividi. Ma soprattutto totalmente insignificante dinanzi a quel palco, calcato da chi la danza l'aveva nel sangue.

Quelli di preparazione al San Carlo furono mesi tosti. Uscita da scuola ero in sala a danza e non ne uscivo prima delle 8 di sera. Poi cenavo e studiavo, fino a tardi, ma cercando sempre di prendere il massimo dei voti per eccellere in tutto, perché se la danza non fosse stata la mia strada avrei dovuto avere un piano B.

Dopo il provino si attendeva con ansia la lettera del teatro: presa o scartata. La notte non dormivo, pensavo a come avrei potuto reagire in entrambi i casi.

Ma poi quella lettera arrivò, il giorno del compleanno di mamma, ma a lei non importò neanche il fatto  che le avesso rubassi la scena nel "suo giorno", perché era anche una sua vittoria.

Una figlia al San Carlo.

Cosa avrebbe dovuto chiedere di più?

I costi c'erano, i sacrifici anche, ma non per questo era impossibile.

Passai gli anni del liceo correndo a destra e a manca per raggiungere tutto ciò che mi ero prefissata: la maturità al liceo linguistico e lo studio al San Carlo.

Miracolosamente, con non pochi ostacoli, realizzai tutto, ma quel piccolo sogno nel cassetto era ancora lì, che cercava di girare la chiave che lo teneva ben nascosto per vedere almeno uno spiraglio di luce.

Così eccomi nell'estate del 2021, poco dopo la vittoria di Giulia Stabile, a rincorrere quel sogno tanto atteso, sotto lo sguardo fiero di mamma e quello ormai rassegnato alla mia carriera artistica, ma pur sempre fiero e felice, di papà.

Ma non tutto va come sperato e forse, dopo l'ammissione al San Carlo, avevo iniziato a vedere le cose talmente tanto in modo positivo che quasi pensavo mi spettassero di diritto dopo il duro lavoro.

Eppure ad amici non fui richiamata.

La nuova edizione iniziò ed io mi limitai a seguirla con le lacrime agli occhi ed un barattolo di gelato chiusa a chiave seduta sul letto della mia stanza. Da sola. Perché mi sembrava di aver davvero deluso ogni aspettativa mia, di zia Lia, dei miei genitori.

Avevo dato tutto alla danza, la mia intera vita, talmente tanto che le amiche che mi ritrovavo erano 2 ed ormai già iscritte a 2 differenti università fin troppo distanti da Napoli.

Sola. Col sogno nel cassetto infranto. Con l'abbandono al San Carlo. Ed un misero foglio di carta: il diploma del quinto anno di liceo.

Dopo essere stata scartata all'ultimo step ad Amici la mia visione di tutto iniziò ad essere completamente negativa. Mi ritrovavo a fare piccoli lavoretti qui e lì, traduzioni e turni in un baretto del centro, perché per l'università era tardi. Ma nei giorni o nelle sere libere tornavo nella scuola di Zia Lia e ci stavo anche fino a notte fonda se ne sentivo il bisogno.

Eppure però un qualcosa successe, un qualcosa che mi diede ancora una piccola speranza. Quella mail della produzione di amici.

"Gentile signorina Varriale,
la invitiamo a ritornare nei nostri studi Elios di Roma per poter effettuare nuovamente il suo casting, data la possibilità di concederle un banco sotto richiesta dei docenti della sezione ballo.
L'appuntamento è previsto per il 7 Gennaio 2022 alle ore 10 di mattina. Prenderà parte alla prima registrazione dell'anno. Se è intenzionata a venire attendiamo la vostra risposta a questa e-mail. Cordiali saluti".

Piansi. Letteralmente e praticamente. Tremavo tutta, quasi non mi reggevo in piedi.

Avevo ancora una possibilità. Ancora una.

"Salve, vi ringrazio dell'opportunità. Il 7 Gennaio sarò sicuramente lì. Cordiali saluti anche a voi".

Inviato.

Ed ora si ritornava a lavorare duro, sodo, più sodo di quanto non feci per entrare al Teatro San Carlo.

Ero grande, ero cosciente dei miei limiti e delle mie potenzialità. Ero sicura e pronta.

Stavolta questo piccolo grande sogno non me lo sarei lasciato scappare fra le dita neanche fosse stata l'ultima cosa a me rimasta.

Avevo avuto una nuova possibilità e non potevo sprecarla. Non stavolta che da perdere avevo i sacrifici di una vita.

Come nelle canzoni -Luigi StrangisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora