Prologo

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Erano passati due giorni e due notti da quando Eleonora aveva ricevuto l'ennesimo rifiuto della sua vita. Il primo era avvenuto vent'anni prima, la sua stessa genitrice aveva aspettato che esalasse i suoi primi respiri, l'aveva avvolta in degli stracci sudici e lasciata davanti al portone della Saint Paul Church come un pacco indesiderato. Dopo essere stata cresciuta a bastonate e punizioni da alcune suore di un orrendo orfanotrofio di Manchester, era arrivato anche il secondo rifiuto. Era poco più che una ragazzina che muoveva i suoi primi passi nell'adolescenza in un'Inghilterra pretenziosa, abitata da uomini che non accettavano "no" come risposta. Si accorse subito del ritardo, ogni mese le mestruazioni erano regolari come un orologio svizzero, ma non quella volta. Se la ricordava benissimo la faccia disgustata con la quale Suor Mary le aveva intimato di andarsene immediatamente e ricordava ancora meglio la sensazione di sporco che dopo un mese da quella notte orribile ritornava a farsi sentire prepotentemente. Aveva raccolto quei pochi vestiti che aveva all'interno di un piccolo baule sgangherato rubato al mercato e sotto la pioggia incessante di novembre aveva iniziato a girovagare per le strade di Manchester per trovare qualcuno che potesse aiutarla a liberarsi del suo problema.
Eloise, così si chiamava l'infermiera che in uno scantinato umido e freddo le aveva interrotto la gravidanza e in cambio Eleonora avrebbe dovuto lavorare gratis nel ristorante di suo figlio per due mesi. L'Alfie, così si chiamava la trattoria, aveva una scala antincendio sul retro, coperta per metà da una pensilina pericolosamente ciondolante ed è lì che aveva dormito per i due mesi successivi Eleonora.
Erano passati cinque anni da quando aveva conosciuto Leopold dopo la sua ultima sera all'Alfie. Eleonora girovagava senza una meta precisa con il suo piccolo baule che a causa della pioggia si era sfondato e reggeva i suoi pochi averi grazie ad uno spago legato intorno che teneva uniti i lati. Leopold Harris le era atterrato davanti con un balzo scendendo da una grondaia, aveva fatto un buffo inchino togliendosi il cappello bucato e stropicciato e le aveva fatto un bacia mano.
"Leopold Harris, ti stiamo osservando da qualche settimana, sappiamo che dormi sulle scale dell'Alfie e abbiamo deciso che se ti va, puoi unirti a noi"
Eleonora si era fatta spiegare a chi si riferisse il noi e consapevole di non aver migliori offerte si era unita a Clare, James, Leopold e George. Dormivano in appartamenti abbandonati, rubavano per mangiare e si spostavano tra le campagne di Birmingham e Manchester nascondendosi tra i carichi dei carri commerciali. Grazie a Leopold aveva imparato cosa significasse farsi toccare in modo consenziente, anche se è stata dura, era riuscita a superare i traumi lasciati dalle mani di un uomo che ha voluto troppo da lei.
Dopo cinque anni passati con Leopold e gli altri, si era ritrovata nuovamente sola sulle scale di casa dell'infermiera Eloise ad aspettare il suo turno per liberarsi nuovamente di una gravidanza indesiderata.
"Ciao, mi ricordo di te - si affacciò dalla porta di ingresso - vieni, aspetta dentro che fuori piove"
Eleonora si asciugò gli occhi con la manica della giacca ed entrò nel salotto accogliente dell'infermiera.
Sedute difronte a lei c'erano una donna adulta con i capelli scuri e lo sguardo tagliente contrastato dalle guance morbide e una ragazza più giovane che si stringeva la pancia con le mani tremolanti, erano entrambe ben vestite e si chiedeva cosa ci facessero in un posto simile due donne di alto rango. Provò un senso di invidia nei confronti della ragazza difronte a lei, in un momento così aveva qualcuno vicino per stringerle la mano, Eleonora invece era nuovamente sola per la seconda volta.
"Quanti anni hai ragazza?" fu la donna più grande a parlare, estrasse una sigaretta dal portasigarette e gliene offrì una.
"Venti"
Accettò volentieri la sigaretta e l'accese con l'ultimo fiammifero che le rimaneva in tasca.
"Sei sola?"
Eleonora annuì e lasciò ciondolare la testa all'indietro mentre il fumo usciva dalla sua bocca.
"Chissà se il padre del bambino lo sa che lei è qui" chiese la più grande in dialetto zingaro romanì, l'altra alzò le spalle e non rispose.
Eleonora sorrise tra sé e sé, aveva imparato tante cose vivendo con Leopold e gli altri in giro per l'Inghilterra e una di queste era la lingua zingara.
"Eleonora, vieni pure"
Si alzò, prese il suo baule e si avviò verso la scala che portava allo scantinato in cui Eloise operava. Prima di scendere si fermò, alzò la testa e guardò dritta di fronte a sé mantenendo le spalle rigide e senza nemmeno voltarsi nella loro direzione rispose in romanì "Al padre non frega un cazzo, comunque" e sotto lo sguardo sorpreso della signora più adulta continuò a camminare.
Entrò nella stanza, era esattamente come se la ricordava, non era cambiata di una virgola, si sedette sul letto poggiato al muro e inspirò profondamente.
"Perché hai risposto a quella donna? Potrebbe prenderlo come un affronto" fece brusca Eloise.
"Stava parlando di me in un'altra lingua credendo non capissi, le ho semplicemente risposto"
La mammana stette in silenzio qualche istante cercando di capire se la ragazza fosse una totale incosciente o se veramente non conoscesse quella donna.
"Quella è Poll - iniziò urlando, poi abbassò subito la voce temendo di poter essere sentita dalla sala d'attesa - Polly Gray!"
Eleonora alzò le sopracciglia, non aveva la benché minima idea di chi fosse.
"Oh santo cielo! Mai sentito parlare degli Shelby? I Peaky Blinders?"
Udendo quel nome capì subito a chi si riferisse e sorrise amareggiata.
"Quanto vi spaventa pronunciare quel nome....non lo capisco proprio"
Nemmeno il tempo di finire la frase che dei colpi forti e insistenti alla porta di ingresso del piano di sopra ruppero il silenzio.
Eloise si precipitò su per i gradini raggiungendo l'ingresso già riempito da nuovi volti. Due uomini bagnati dalla pioggia e sporchi di sangue e di terra reggevano un uomo privo di sensi che perdeva molto sangue da una gamba.
"Ho aperto io la porta - fece Polly con voce ferma - Eloise, devi togliere il proiettile dalla sua coscia"
L'infermiera non ebbe nemmeno il tempo di pensare, fece segno a tutti i presenti di seguirla al piano inferiore e sotto lo sguardo sbigottito di Eleonora, che nel frattempo si era alzata, fece stendere il ferito sul letto.
"Che diavolo succede?"
Nessuno le rispose e la ragazza più giovane accompagnata da Polly corse a chiudere la porta dello scantinato in cui si trovavano "Da qui non esce nessuno - si appoggiò alla parere e si rivolse ad Eloise con voce concitata - è sicura di essere capace?"
Polly sbuffò mentre aiutava a strappare la gamba dei pantaloni del ferito "Oh andiamo Ada, è un'ex infermiera! Da chi credevi ti portassi ad abortire? Da una pescivendola?"
Nel giro di venti minuti l'infermiera aveva estratto il proiettile, disinfettato la ferita e praticato una cucitura rudimentale. L'uomo ferito nel frattempo si era svegliato per il dolore e si era riaddormentato una volta terminata la medicazione.
"Come ti chiami?"
Uno dei due uomini accendendosi una sigaretta si rivolse ad Eleonora.
"Eleonora, posso? - si spostò per prendere una sigaretta - Eleonora Migliaccio"
L'uomo espirò il fumo "Molto piacere, Thomas Shelby. Loro sono i miei fratelli Arthur e John"
John le fece un cenno con il capo, mentre Arthur doveva essere quello moribondo sul letto.
"Migliaccio - ripeté con fare pensieroso Polly - sei italiana?"
Eleonora annuì "I miei genitori biologici lo erano, o lo sono, di italiano ho solo il nome e il cognome"
Polly sorrise e annuì più volte molto lentamente.
"Lo parli?"
"Si, in orfanotrofio Suor Anna me l'ha insegnato fin da quando ho iniziato a parlare, diceva che era un modo per avere qualcosa dei miei genitori, mi hanno lasciato in una cesta davanti al portone della chiesa con un biglietto scritto in italiano Eleonora Migliaccio. Prendetevene cura. Ci dispiace. che stronzi"
Ada si intromise nella conversazione "Quindi parli italiano, inglese ovviamente e dialetto romanì, giusto?"
"Oh parli la lingua di noi zingari?" la mise alla prova Thomas.
"Ci puoi giurare. Capisco anche qualche parola e frase in tedesco, ma non lo parlo"
Polly e Thomas si scambiarono uno sguardo d'intesa.
"Posso chiederti dove e con chi vivi?" fece la donna.
"In qua e in là, da sola"
Qualche rantolo di dolore interruppe la conversazione, Arthur si stava svegliando e la prima cosa che fece fu guardarsi intorno e imprecare.
"Eleonora, ti interessa lavorare con noi? Abbiamo bisogno di una persona fidata dietro al bancone del nostro pub, dovrai essere i nostri occhi e le nostre orecchie"

__________

Ciao a tutti.
Ho iniziato a scrivere questa storia tempo fa e l'ho lasciata qualche mese nelle bozze dimenticandomene. Ho deciso di recuperarla e di ricominciare a scrivere come valvola di sfogo per il periodo che sto passando.

Spero vi piaccia.

V.

Phoebe Tonkin - Eleonora

Phoebe Tonkin - Eleonora

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Jacob Elordi - Leopold

Maggie Smith - Infermiera Eloise

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Maggie Smith - Infermiera Eloise

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