01

135 17 1
                                    

Al desk delle informazioni abbiamo tirato fuori tutte le banconote e gli spicci che avevamo guadagnato durante quell’anno. Due idiote, con monetine da venti centesimi così come banconote da cinquanta euro che cercavano di capire che viaggio si sarebbero potute permettere. 

Non avevamo fatto nessun progetto, avevamo solo deciso che era ora di cambiare aria per un po’, di andar via e incontrare nuove persone. 

La ragazza dietro la scrivania avrà avuto all’incirca trent’anni, ma i capelli scuri raccolti in uno chignon basso la invecchiavano, stessa cosa valeva per la divisa blu ch’era costretta ad indossare. 

Stendiamo i soldi proprio sotto il suo naso, ancora stordite dalla nottata trascorsa, troppo assonnate per ragionare rapidamente.

“Abbiamo - Sara cominciò a contare tutti i soldi minuziosamente, noncurante delle occhiatacce che riceveva dai passanti - milleduecentoquattordici e qualche centesimo, cosa ci proponi Matilde?” deve aver letto il nome sull’etichetta argentata che porta attaccata sul petto, mentre le rivolge un sorriso gentile. 

Matilde sospirò rumorosamente, spostando lo sguardo dagli occhi chiari di Sara per poggiarli sullo schermo del computer; qualche click e torna a guardarci, dubbiosa ma allo stesso tempo divertita da quella situazione.

“Andata e ritorno o solo andata?” chiede, e apro la bocca per risponderle ma la biondina al mio fianco continua a voler mantenere il ruolo da primadonna, prendendo parola prima di me “Solo andata!” dice entusiasta.

E non servì a nulla guardarla male, perchè lo scintillio di adrenalina ed eccitazione che viveva nel suo sguardo non si sarebbe spento facilmente né rapidamente. “Bene allora, avete tante possibilità”

Matilde afferra un foglio da sotto il bancone e ce lo porge, poi si sporge un po’ di più nella nostra direzione e comincia a cerchiare delle mete con la biro blu.

“Se andate a New York spendete sui 500€ a testa, quindi vi resterebbero duecento per l’alloggio. Altrimenti Los Angeles 400 a testa, stessa cosa per Rio de Janeiro e per Orlando, in Florida” cerchia altri aeroporti, ma credo di non seguirla più, non dopo aver sentito LA. 

Da bambina volevo fare la regista, quella che chiama il ciak, o taglia le scene, che dirige i film e decide come far muovere gli attori sul set. Sognavo Los Angeles da così tanto tempo che sentire di poterci finalmente metter piede sembra essere impossibile. “Los Angeles” dico appoggiando entrambi i gomiti sul bancone, e questa volta è Sara a rimanere in silenzio.

Passiamo il check in, i controlli e saliamo sull’aereo. Avevano parlato di diciassette ore di volo al Gate, e il solo pensiero di dover trascorrere così tanto tempo in una scatoletta chiusa nel bel mezzo del cielo mi manda su di giri. 

Guardo Sara, i suoi lunghi capelli biondi sono legati in un’alta coda di cavallo, mentre si sistema la mascherina sugli occhi per poi accasciarsi nella non troppo scomoda poltrona grigia. Pronta a dormire ancor prima di esser decollati mi chiedo se sia capace di rimanere in quella posizione per tutto il tempo.

Sara era quel tipo di persona che non aveva bisogno del caffè, mai, sempre vivace, sempre pimpante, sempre allegra e sempre bisognosa di sesso. Alcuni la definiscono ninfomane senza neppure averci mai scambiato una parola; etichettano per noia forse, o semplicemente perchè va di moda, troppo occupati a pensare alla propria immagine per trovare la voglia ed il tempo di conoscere una persona per quella che è, e non per quello che viene detto di lei.

La cosa che più adoro di Sara è la capacità di fregarsene, te ne freghi di quello che la gente dice, di quello che fa, come ti tratta e come si rivolge a te, per lei non vale la carta del ‘se mi rispetti allora ti rispetto’, lei tratta allo stesso modo chiunque capiti, gentile o cane che sia. ‘Tu sei una persona, non cambi a seconda del carattere di qualcun altro, tu sei tu e nessuno può farci nulla’ ha sempre detto, e credo sia una delle frasi più significanti che qualcuno abbia mai condiviso con me. 

Chiudo le palpebre non appena sento la voce del comandante riempire il corridoio, mentre avverto l’aereo cominciare a spostarsi per raggiungere la posizione sulla pista. Poi sfilo le Stan Smith blu e le spingo sotto il sedile, tiro fuori la coperta verde che poco prima mi aveva passato una delle tante hostess e appoggio la testa sulla spalla di Sara. 

Terrorizzata ed elettrizzata allo stesso tempo non avevo la più pallida idea di come avremo fatto per tornare indietro, con solo quattrocento euro in tasca si sarebbe rivelata la pazzia più grande che la mia malsana mente potesse aver mai pensato.

brood ⊗ calum hoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora