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La sveglia suonò, era arrivato il momento di alzarsi, non vedevo l'ora, suonava sempre alle 5.30, non prima non dopo.
La colazione al mattino diventò sempre più un opzional, o quella o rischiavo di perdere il pullman al mattino.
Mi preparai e dopo di che, bus, cuffie, musica and go to school!
Di solito arrivavo 10-15 minuti prima del suono della campanella alle 8.00 in punto, davanti scuola, giusto il tempo di una sigaretta e chiacchierare con le nuove amicizie.
Le amiche di mia cugina erano alquanto strane ma sembravano simpatiche.
Giada, una delle due, era una piccola ragazza, alta 1.50 con i capelli a caschetto castani e gli occhi scuri.
Era simpatica e sembrava capirmi.
Alessia, l'altra, era una ragazza che vestiva sportivo, capelli e occhi scuri, quasi sempre legati, faceva battute che ti facevano ridere un casino.
Entrai in classe e la prima cosa che feci fu cercare il suo sguardo tra le facce nuove dei miei compagni novellini.
Oramai mi stavo rassegnando, quel giorno non sarebbe di sicuro venuto a scuola, quando ad un tratto sento qualcuno che dietro di me mi da uno spintone con delicatezza e tutta la dolcezza di questo mondo.
Ci salutammo con due baci sulla guancia e decidemmo di metterci vicini di banco, fila centrale ultimi banchi, in modo che mandammo il povero Gabriele, il suo compagno di banco, vicino alla mia di compagna di banco, Roberta, la più carina della classe.
Da oggi lui sarebbe stato il mio vicino di banco e guai a chi me lo avrebbe toccato.
...
-"Oggi test in classe!".
Non ci credevo, eravamo al terzo giorno di scuola e già verifiche!
In quel momento stavo odiando con tutto il cuore la mia professoressa di Scienze dell'alimentazione.
Tra gridolini e risatine la professoressa urlò:
"Irene, vedo che ti piace parlare, perché non vai fuori e parli un po con la preside?!".
Chiesi scusa e stetti in silenzio, un perché non volevo essere presa di fissa, un po perché avevo paura, fino a quando Tommaso non ne sparò una delle sue.
non trattenni la risata a lungo e sia io che lui fummo sbattuti fuori con viaggetto dalla preside risparmiato però.
...
Eravamo fuori seduti già da un , era quasi finita l'ora.
Lui mi prese tra le sue piccole ma possenti braccia e io mi sentii così piccola e fragile, che con un soffio sarei volata via, ma mi facevano sentire al sicuro, protetta.
Appoggiai la testa sul suo petto, che facendo football americano era ben formato, e poi alzai lo sguardo fissandolo negli occhi, non so perché ma avevo l'impressione che lui mi capisse anche solo con uno sguardo.
Mi fissò a lungo poi sorrise e mi disse:
-" Migliori amici?".
Io lo abbracciai e senza esitare risposi:
-"Migliori amici".

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