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<Diciamo che sono malata, Wilson.>

Quelle parole irruppero improvvisamente nella stanza durante il mio breve monologo interiore. Tornò a sedersi alla sua scrivania e aprì uno dei cassetti. Tirò fuori una specie di diario e me lo mise davanti.

<Che cos'è?> le chiesi.

<Una lista.>

<Una lista di cosa?>

<Aprilo e vedrai..> mi disse.

Intanto lei riprese a giocherellare con l'accendino. Io con un po' di esitazione aprii il diario. C'erano scritti dei nomi. Alcuni erano stati cancellati con una linea rossa (e qualcuno con la linea ricalcata più volte).

<Chi sono queste persone?>

<Vedi, Wilson, come ben saprai io ho anche il compito di mantenere l'ordine e la pace in questo distretto. Tuttavia, molte persone mi sono.. come dire.. d'intralcio. Loro sono la rovina, la parte più spregevole e corrotta della società. Ed è per questo che vanno educate, al fine di renderle persone migliori, cittadini esemplari. Capisci quello che voglio dire?>

<Ma quindi..> replicai <questi nomi.. sono di persone che..?>

Il cuore riprese a battermi all' impazzata.

<Sì, Wilson, esatto. Sono di persone che hanno infranto la legge e che hanno avuto o avranno la punizione che meritano.>

<Oh.. capito.>

Non sapevo che dire. Ero ancora sconvolto.

(Ma c'è una cosa che ancora non capisco. Quei segni rossi?) pensai.

<Vedi invece quelli che sono stati cancellati?> mi chiese additandomene qualcuno.

Fu come se mi avesse letto nel pensiero.

<Sì, li vedo.>

<Lo sai chi sono, o meglio... chi erano?>

Non potei fare a meno di deglutire in quel momento. "Erano"?

<Aspetti, mi sembra di intravedere il nome di "Paul Smith".>

<"Paul Smith" dici? Ma certo...>

Paul e io frequentavamo la stessa scuola. Fu grazie a lui che conobbi Sophie. C'è stato un periodo, terminati gli studi, in cui noi 4 eravamo sempre insieme: io con Sophie e lui con la sua ragazza. Poi si sa come va a finire: si cresce, ognuno per la sua strada, ci si perde di vista e si rimane solo "amici di vecchia data". Non avrei mai pensato di sentire di nuovo il suo nome, dopo così tanto tempo...

<Sì, se è il Paul che intendo io, lo conosco.>

Lei per un po' rimase in silenzio. Avevo un brutto presentimento.

<Wilson...>

<Sì..?>

(Eccola che arriva, la brutta notizia. Me lo sento...)

Il suo telefono squillò.

<Scusami un attimo. Pronto?>

Mi lasciò con un allucinante nodo alla gola.

Possibile che Paul Smith era davvero... morto? No, dai. Impossibile. Non uno come Paul.

<Certo, sì, veniamo subito.> disse al telefono.

Riagganciò.

<Vieni con me, Wilson.>

Posai il diario sulla scrivania e mi alzai dalla poltrona.

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