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17 Aprile 2098

<Senti, Daniel, nessuno ti obbliga ad andarci. Potrebbe essere pericoloso per te, anzi, per entrambi.>

<Stai tranquilla, Sophie. Starò attento. Fidati di me. E poi i soldi ci servono.>

<Ma tra tutti i lavori che potresti fare... Perché proprio lì? Perché vuoi lavorare per lei?>

<Non abbiamo scelta. Tu sei già al settimo mese, non c'è più il tempo di cercare un altro lavoro. E' la mia, o meglio la nostra unica occasione.>

Mentii a Sophie. In realtà avrei potuto benissimo cercarmi un altro posto. Ma ormai ero curioso. Ero curioso di vedere in faccia la persona che aveva causato tutto questo.

Da quando lei è salita al potere, le cose qui a Darston sono peggiorate. Non c'è più "vita". Ha seminato il terrore in tutto il distretto. Ha abolito ogni sorta di divertimento. Sono ben 8 anni che va avanti così. Nessuno ha il coraggio di ribellarsi. Non si può fare questo, non si può fare quello. Divieti e soltanto divieti. Una sfilza di rigidissime regole da seguire. In ogni angolo ci sono guardie che tengono d'occhio chiunque esca di casa. Gli abitanti sono costantemente sotto osservazione. Sono stati chiusi i ristoranti, i bar, gli hotel, le discoteche, le piscine, i parchi per bambini, i cinema. Niente più vita sociale insomma. I prati sono stati incendiati, insieme a fiori e alberi. E' tutto così grigio, spento, triste. E quel che è peggio, è che non c'è modo di lasciare il distretto, se non per delle vere emergenze. E per "vere emergenze" intendo essere in punto di morte. I confini sono stati chiusi, nessuno può uscire né tantomeno entrare.

Perché?

E' quello che mi chiedo anch'io. "Perché". Ora voglio andare fino in fondo. Cosa spero di ottenere? Forse qualche spiegazione. E qualche soldo. E sono già in ritardo per il colloquio. Devo correre.

<Sophie, io vado.>

Le diedi un bacio sulla fronte mentre lei stava seduta sulla poltrona a guardare la TV. Trasmettono soltanto vecchissimi film biografici e documentari sui più efferati serial killer della storia. Fantastico, vero?

<Daniel.. stai attento, mi raccomando. Ti aspettiamo.> mi disse mentre si accarezzava il pancione.

Uscii di casa e appena chiusi il cancello, vidi già una guardia a pochi passi da me che mi osservava. Sarà stato alto almeno 2 metri, armato e tutto vestito di nero. Passai oltre. Lungo la strada, il deserto. Silenzio totale. Solo qualche uccello in lontananza di sottofondo. L'uso delle auto è stato vietato 5 anni fa. Ora ci si sposta a piedi o al massimo in bici. Mancava ancora un po', ma già intravedevo il famoso "Palazzo del Governo", il mio obiettivo, da dove tutto "questo" ebbe inizio. Attraversai il ponte e arrivai davanti a quello che prima era il Parco Wellview, dove io e Sophie ci siamo conosciuti, quasi 11 anni fa. Bei tempi. Notai per terra, vicino alla panchina, un ciondolo a forma di fiore, luccicante, chissà chi lo ha perso.

Il cuore cominciava a battermi e le mani mi sudavano mentre stavo per varcare la soglia del cancello del Palazzo. Mi fermai. Lo osservai in tutta la sua grandezza e sfarzosità. Molto bello all'esterno, non c'è che dire, ma è risaputo che "non è tutto oro quel che luccica". E' stato definito in tanti modi diversi: "Palazzo dell'ingiustizia", "Manicomio", persino "Bottega degli orrori". Manca solo la scritta "Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate". Ma ormai non potevo più tornare indietro. Ero lì. E anche lei.

Una guardia mi vide e mi accompagnò alla reception.

<Buongiorno. Mi dice il suo nome?>

<Daniel Wilson, signore.>

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