Sono Camilla e ho quindici anni, mi trovo ora davanti alla mia nuova scuola, davanti a questo enorme portone di legno scavato per formare volti di leoni e combattenti, di bambini in braccio a bellissime dame, e si legge chiaramente la paura nei loro occhi così come l'innocenza di quelle piccole creature nei loro sorrisi ingenui, ed è tutto così trasparente, come se i loro visi trasudassero emozioni in ogni tratto, come se fosse tutto reale, non scalpito nel legno; mi era stato detto che questa scuola fosse molto antica e che contenesse al suo interno stanze dipinte da autori molto celebri, ma non pensavo che già solo dalle mura esterne si potesse rimanere allibiti. Ho sempre visto l'arte come un modo silenziosamente piacevole di comunicare, ma amo anche i suoi suoni, mi piace l'emozione su carta, il passaggio che fanno i colori per indicare sensazioni e tutto ciò che comprende riuscire a capirsi senza parlare.
Comunque, tralasciando i miei pensieri artistici, sto morendo di agitazione, non conosco nessuno qui al liceo tranne due ragazzi che non frequenteranno la mia classe in quanto un anno più grandi, e sto pensando a tutte le possibilità di inciampare sugli scalini e fare una figuraccia davanti a tutti il primo giorno di scuola, quindi mentre salirò le scale dovrò ricordarmi di alzare bene i piedi.
Mentre, in preda al panico, cerco di respirare profondamente e farmi coraggio per entrare, mi accorgo che proprio dietro di me si è creato un cerchio di ragazzi ammassati intenti a vedere qualcosa al centro del mucchio. Mi dirigo verso là per vedere che succede e dopo svariate sgomitate riesco a trovare un posto in cui poter vedere senza dar fastidio; ci sono due ragazzi, uno con gli occhiali, un bicchiere di carta e dei libri in mano e l'altro con una sigaretta e un taglio di capelli all'ultima moda, il tipo con la sigaretta tiene l'altro per la camicia con una mano, grida contro di lui e poi lo spinge indietro e il ragazzo cade vicino a me rovesciando la bevanda su una mia scarpa.
"Ommioddio scusa!" chiede scusa visivamente dispiaciuto.
"Non preoccuparti" rispondo sincera dandogli una mano per alzarsi.
"Non impicciarti!" grida l'altra tizio avvicinandosi a me prepotentemente.
"È caduto e l'ho aiutato, qual'è il problema?" rispondo senza guardarlo negli occhi, accidenti alla mia timidezza.
"Vattene e basta" mi minaccia scansandomi da un braccio.
Io senza contraddire me ne vado a testa bassa facendomi spazio tra tutti.
Fantastico! Il primo giorno di scuola e di già qualcuno mi ha messo paura, incominciamo davvero bene.
Speriamo che quel ragazzo non si ricorderà di me.
Decido di farmi forza ed entrare, prendo la piantina che ho stampato e cerco la mia classe; questo istituto è enorme, ci saranno una centinaia di aule. Finalmente riesco a trovare la giusta stanza ed entro. Ci sono già alcune persone, e stanno parlando quasi tutte quante, quindi si conoscono...ottimo.
Cerco con gli occhi un posto libero e ci appoggio lo zaino.
"Qui è libero!" sento la voce di un ragazzo dietro al banco che avevo scelto, mi giro e vedo il tipo che prima mi aveva bagnato la scarpa.
"Posso?" dico sorridendo.
"Sono Camilla Dwayne" mi presento porgendo la mano con un sorriso.
"Piacere Camilla, sono Patrick Brooke, mi spiace per prima" dice indicando per terra.
"Naah tranquilla, dovevo lavarle queste scarpe, tu mi hai aiutata!" dico sorridendo.
Patrick ride e poi va al bagno prima che arrivi il professore.
Proprio mentre stavo cercando di rilassarmi, sulla porta appare il ragazzo maleducato che stava di sotto, appena entra tutti si zittiscono impauriti, lui si avvicina a me.
"Di nuovo tu? Spostati" mi dice con fare pericoloso. Evidentemente è più grande di me ed è stato bocciato un paio di volte, avrà minimo diciassette anni.
"Non puoi metterti lì? È libero" dico impaurita indicando il banco davanti. Non l'avessi mai detto.
Lui esce arrabbiato e non lo vedo per un po'.
Visto che Patrick non è tornato, ritorno a guardarmi in giro per la classe, e noto visi come compiaciuti che mi guardano di tanto in tanto.
"La signorina Dwayne?" urla una bidella.
"Sono io!" rispondo alzandomi.
"Ti vogliono in segreteria, devi firmare qualcosa credo" dice la signora e se ne va.
Esco dalla classe e mi dirigo verso la segreteria che mi pare di aver capito che stia al piano di sopra.
Proprio in cima alle scale, rincontro lo scontroso, accidenti.
Lui mi nota subito e si mette davanti alla mia strada, guardamdomi dal'alto al basso.
"Ascoltami bene, già mi hai rotto abbastanza, devi starmi lontana, o te la vedrai molto, molto brutta, sono stato chiaro o devo farti un disegnino?" mi minaccia e io mi spavento non rendendomi conto delle scale che ci sono dietro di me.
Il piede sinistro mentre faccio un passo indietro trova il vuoto e cede e io non riuscendomi ad aggrappare cado all'indietro dalle scale sbattendo la testa e trovandomi in fondo al primo pianerottolo, cavolo, ho sbattuto davvero forte.
All'improvviso inizio a vedere tutto molto appannato, non riesco ad alzarmo e, poco prima di perdere i sensi, mi accorgo che il ragazzo è sparito.
Tutto ciò che sento come ultimo suono sono voci intorno a me e un'ambulanza con persone che cercano di tenermi sveglia.
STAI LEGGENDO
Escape
RomanceVoglio andarmene, lontanta da tutto, lontana da questo male, lontana da questa merda, lontana da te.