Pensa positivo.
Il viaggio aereo è stato tremendo, il tempo non era dei migliori e la mia ansia ha raggiunto livelli di quota.
Pensa positivo.
Il viaggio in macchina con le strade piene di neve è stato massacrante.
Pensa positivo.
Joshua parcheggia nel vialetto. Inquadro la porta di casa e ho un brivido.
«Siamo arrivati.» mi appoggia la mano calda sulla coscia. Io gli scocco un'occhiata in tralice, sperando che non mi legga addosso tutta la mia preoccupazione.
Deglutisco. «Casa Jefferson è...» affollata? Ingestibile? Difficile da sopravvivere? «diversa da ciò a cui sei abituato.» anche solo per il fatto che è una fattoria, ognuno fa il suo, non c'è una governante e_
«Andrà bene.»
Lui è sicuro di sé, è una delle caratteristiche che me lo fanno amare di più. Io sono in fibrillazione.
«Andiamo.»
Acconsento, ma non sono tanto d'accordo. Ho la strisciante sensazione che qualche giorno qui manderà a rotoli la mia vita perfetta.
«Non ci mangeranno, no?» ridacchia, ma solo perché non sa con chi ha a che fare.L'arrivo a casa Jefferson è, ahimè, come me lo aspettavo: un intero plotone di esecuzione pronto a sparare a vista sulle mie scelte di vita e sul mio ragazzo perfetto.
Ally Rose, mia sorella maggiore, felicemente sposata con una cucciolata di figli ha solo un paio d'anni più di me, e si veste come nonna Rose: gonna sotto il ginocchio, camicia e cardigan, tutto sui toni del beige e del crema. I lunghi capelli scuri sono raccolti in uno chignon basso sulla nuca. Poco trucco. Scarpa décolleté con tacco cinque centimetri massimo. È l'unica che mi accoglie con un sorriso solare, un abbraccio che stritola ed è davvero felice di rivedermi, le si illuminano gli occhi «Che bello averti qui, Amber!»
Anna Rose invece è la sorella più piccola. Sta frequentando il college, credo. Sfoggia uno dei suoi soliti outfit con felpa oversize di dubbio gusto e jeans skinny strappati, anzi bucati, sneakers ai piedi. I capelli scuri e lunghi legati in modo disordinato e acconciati con una matita. Mi scocca un'occhiata glaciale e un sorriso tagliente «Sei più bionda di Barbie California.» arriccia le labbra con disgusto.
Non è vero! Ho delle meches appena accennate che illuminano la mia chioma scura.
Mi muovo suoi piedi, non resisto alla tentazione di toccarmi i capelli, sono legati alla nuca in una coda bassa. Non voglio darle la soddisfazione di vedermi in difficoltà, quindi passo solo il palmo a lisciare la chioma a lato della testa, per controllare che sia tutto in ordine.
Poi c'è mamma con i suoi stivali di plastica imbottiti di pelliccia color caffè, la felpa in pile marrone e l'immancabile jeans scuro. Tiene i capelli ormai grigi tagliati a caschetto appena sopra le spalle e sembra invecchiata dieci anni, così dal vivo e anche un po' appesantita, ma non lo dico, per rispetto. Lei invece mi tasta come avrebbe fatto la strega di Hansel e Gretel e un «Come farai a tenerti un uomo che sei tutta ossa» me lo scocca senza neppure aver detto ciao. È arrabbiata con me da sempre, tipo, forse perché sono sempre stata la preferita di papà, forse solo perché siamo troppo diverse. Vorrei battere in ritirata e non tornare per i prossimi cinque anni, invece mi limito tirare un sorriso sforzandomi di non fare trasparire il disagio. Del resto sono abituata a Choice, ma mi viene il dubbio che la mia armatura sia stata forgiata al tempo della mia adolescenza tra queste mura.
«Sua figlia è bellissima, ma posso capire da chi ha preso.» Joshua dal canto suo non si scompone. È abituato ad avere a che fare con gli squali della finanza, cresciuto in una famiglia che mangia pane e politica. Sorride e stringe mani. Le sue calde, grandi e abili mani. È perfetto. L'ho già detto? E siamo la coppia più invidiata della Grande Mela. Vorrei sbattere in faccia questo alla mia famiglia, invece continuo a sorridere aspettando che il passaggio ai raggi X finisca presto. Capisco subito che la sua galanteria non ha fatto colpo: mia madre alza le mani «Che esagerato!» Anna Rose sbuffa annoiata. Tipico delle zitelle inacidite. Del resto mia sorella è sempre stata una vera stronza. Solo Mary Rose si squaglia e mi fa il segno dell'anello. Quando ci sposiamo? Spero proprio che me lo chieda a Natale. Non è un caso se l'ho portato a conoscere la mia famiglia. Anche io ho avuto l'onore di incontrare la sua, e a parte che mi hanno fatto una serie di domande a gamba tesa su ogni aspetto della politica (cosa alla quale non ero affatto preparata e che mi è costato una serie di balbettamenti incomprensibili, senza nessun tipo di aiuto) direi che è andata. Il plotone è formato solo dalle donne di casa Jefferson e ne sono in un certo senso sollevata anche se desidero tantissimo rivedere il mio fratellone e «Dov'è papà?» sono un po' delusa che non sia presente. Vorrei presentargli Joshua. Sono certa che gli piacerà. Mi sporgo per sbirciare che non sia in cucina.
Abram Jefferson è il tipo di padre che sa sempre cosa dire, cosa fare e come comportarsi. In questo Joshua me lo ricorda il più delle volte e così riesco a tenere a bada le mie insicurezze e le nevrosi.
«Dove vuoi che sia?» mi rimbecca Anna Rose increspando le labbra. Sarebbe così carina, se solo si tenesse. Ha labbra carnose e grandi occhi azzurri come quelli di mio padre. A differenza sua gli occhi di Anna sanno diventare affilati come il ghiaccio.
Lo so dov'è. Nella stalla con qualche animale malato o bisognoso e non ho intenzione di spingermi fin lì. Già essere tornata a casa ha un gusto amaro. Mi sembra tutto così caotico, ingombrante, vecchio. Qui sono cresciuta, anche se allora ero una ragazzina in jeans e stivali che sognava sulle riviste di moda e passava il tempo a leggere o correre per i campi in sella a qualche cavallo o mucca in compagnia di Wonka, il mio cane, di Andrew, mio fratello e del suo inseparabile amico Joe. Chiudo gli occhi e respiro. Solo pensare a lui mi fa ribiombare nella disperazione. Come è possibile, se sono passati quasi dieci anni? Dovrei aver dimenticato, sono una donna adulta, non più l'adolescente che si struggeva perché il suo amato le aveva preso tutto e poi era partito per il college. Pensavo ci saremmo tenuti in contatto. Pensavo che il nostro legame, nato da un'amicizia profonda, avrebbe superato ogni cosa, invece si è squagliato come neve al sole. Deglutisco. Respiro. Allontano il pensiero di lui. Mi concentro sul presente. Qui. Ora.
Un senso di malinconia mi avvolge, senza che possa contrastarlo. Come ho fatto a stare tanto tempo lontano? Mi sono lasciata risucchiare dalla mia vita, forse ho voluto dimenticarlo, dopo averlo aspettato per troppo tempo. Che ingenua.
«Un penny per i tuoi pensieri.»
Mi accorgo che sto sorridendo in modo triste alle punte dei miei stivaletti Jimmy Choo.
Mi volto richiamata dalla voce di Andrew, mio fratello gemello. È davanti a me in tutto il suo splendore, capelli corvini e tenuti corti, come vuole l'etichetta militare, occhi blu come il cielo e quel sorriso che stenderebbe ogni anima da qui al Nuovo Messico.
«Ora valgono un po' di più.» gli salto al collo, prendendomi alle sue spalle possenti. Sapete ciò che dicono dei gemelli? Quando eravamo vicini eravamo indissolubili, ma crescendo e prendendo ognuno la propria strada ci siamo allontanati.
Mi stringe. Lo sento allentare la presa solo quando allunga la mano a Joshua.
«Piacere, io sono Andrew.»
«Joshua, lui è il mio fratello preferito.» quando mi volto però noto che il fratellone sta esagerando con la stretta di mano. Lo fulmino con lo sguardo, ma non mi considera troppo occupato a fare l'uomo di Neanderthal.
«Soprattutto perché sono l'unico e come ben sai i gemelli sono legati per la vita» e vista la situazione suona come una minaccia. Gli schiaccio un piede con il tacco, cercando di evitare la punta di metallo della scarpa, ma calcandolo sul collo, così da pungerlo sul vivo e la stretta si allenta.
Il mio sguardo è pieno di ammonimento, quello di Andrew invece è puntato su Joshua, finché non si volta nella mia direzione e mi scocca un bacio sulla fronte.
«Bentornata sorellina e benvenuti.» fa un inchino, prima di salire le scale a due a due.
«Ah, mamma ha detto che potete sistemarvi nella tua vecchia camera.» Mia mamma nel frattempo è scappata in cucina. E anche le mie sorelle si sono dileguate. Sorrido a Joshua che muove le dita doloranti. Gli prendo la mano tra le mie e la porto alla bocca lasciando un bacio sulle nocche. Adoro le sue mani grandi.
«Le valigie sono ancora in macchina, possiamo scappare.» sussurro in un mezzo sorriso.
«Non sarà la famiglia Jefferson a farmi capitolare, cucciolotta, sono abituato a peggio.»
Mi piacerebbe che tanto bastasse.Probabilmente le quattro grosse valigie che Joshua, il perfetto, sta portando sul pianerottolo, sfidando il gelo e la neve dell'esterno hanno fatto ritirare tutti i componenti della mia famiglia. Se lo avessi saputo, gli avrei chiesto di fare scendere prima i bagagli e poi sarei entrata in casa.
«Amore, lo sai che non staremo più di sette giorni?»
«Certo» mio perfettissimo quasi fidanzato «ho evitato apposta il Capodanno, se no mi sarebbe servita un'altra valigia.»
Joshua sorride e scuote la testa. I suoi capelli folti e neri nei quali vorrei sempre infilare le dita si muovono appena. «Aspetta che ti aiuto.» mi propongo, solo che in quell'istante mi suona il cellulare. Alzo il dito come a dire che ci metterò solo un minuto. Non ho fatto i conti con il fatto che all'altro capo c'è Mark in piena crisi di nervi.
«Non puoi capire!» urla alla cornetta e io davvero non capisco. «Dimmi che l'aereo è rimasto a terra per maltempo» piagnucola. «Questo è un disastro!»
«Mark!» lo richiamo tra lo scocciato e il scocciato «respira e dimmi cosa è successo... da capo.»
Solo che sentire la sua confessione mi fa tremare le ginocchia. Mi acquatto sul primo gradino delle scale che portano al piano di sopra e mi liscio con il palmo i capelli legati nella coda, respirando dal naso e buttando fuori l'aria dalla bocca. Chiudo gli occhi.
Devo mantenere la calma.
«Stai per partorire?»
La voce di Anna Rose la stronza mi catapulta fuori dal mio stato di calma, appare dallo stipite del salotto con il suo nido di capelli, lo sguardo sospettoso e il sorriso maligno.
Le sorrido a mia volta, fingendo indifferenza e scatto in piedi.
«Tutto bene, Mark, viaggio stupendo. Non vedevo l'ora di stare con la mia famiglia.» scandisco perché lei senta. Nella mia vita perfetta nulla può andare storto. Non questo. Non ora e non a me.
Salgo le scale con studiata lentezza, mentre la voce di Mark mi perfora il timpano a causa del timbro isterico. Non darò a Anna Rose la soddisfazione di vedermi nel pantano.
«Certo, caro, non ti preoccupare. Ci vediamo al mio rientro.» chiudo la chiamata appena sopra le scale e poi digito veloce.
-Cazzo! E adesso?-

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La Magia Della Neve -sospesa-
Romanzi rosa / ChickLitAmber Rose Jefferson era una donna di successo. La sua vita perfetta fu stravolta da un Natale tutt'altro che ordinario.