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«[...] in realtà il mio sogno è sempre stato quello di saper ballare bene... saper ballare... invece alla fine mi riduco a guardar-»
"Oooh e accanna con sto film del cazzo!"

Sposto svogliato lo sguardo verso il punto da cui proviene la voce e incontro l'espressione soddisfatta di Manuel con ancora il telecomando in mano su cui soffia teatralmente manco fosse una pistola usata per sparare un colpo.
"'A Clint Eastwood! Si da il caso che io lo stessi vedendo il film del cazzo eh!"
"E io invece te l'ho spento... che vogliamo fa?"
Spingo in fuori il labbro inferiore e attendo una sua reazione.

"Nun me fa sta faccia da cane bastonato che non funziona..." ribatte lanciando qualche cuscino per aria e accomodandosi accanto a me.
"Non potevi tenerli qua no? Dovevi per forza tirarli a terra??" chiedo rassegnato mentre mi allungo a raccoglierli senza sollevarmi dal divano.

"Simò dio mio che pesantezza" sbuffa tirandomene uno in pieno volto "o sai che quando sto sotto esame me devo sfogà con qualche stronzata-"
"Tipo aprire tutti i cassetti della cucina alle 7 di mattina e lasciarli così rischiando di farmi ammazzare?"
"Beh-"
"O girare i quadri del salotto al contrario?"
"Uhm-"
"O invertire il sale con lo zucchero per intossicarmi con un caffè che sapeva di magnesia???"

"Quello è stato divertente!" mi sbatte una mano sulla gamba mentre inizia a ridere come una iena "quando- quando ti è uscito dal naso perché ti sei affogato pensavo di morire!"
"Ah tu pensavi di morire?"
Incrocio le braccia al petto e "non è divertente" borbotto contrariato.
Il bacio sulla guancia arriva improvviso a farmi arrossire.

"E' che non resisto con te Simò... è troppo facile farti scherzi! Poi lo sai che sei il mio coinquilino preferito-"
"Sono il tuo unico coinquilino."
"Beh ma anche se ne avessi altri 30 saresti sempre tu al primo posto nel mio cuore." ribatte con voce melensa mentre avvolge un braccio attorno a me.

"Che vuoi Manuel?"
Mi guarda fintamente sconvolto "uh? non posso fare una dichiarazione d'affetto disinteressata al mio migliore amico??"
"No, se il tuo migliore amico ti conosce così bene da sapere che non dici mai nulla del genere senza pretendere qualcosa in cambio..."
"Tu mi offendi!" si porta una mano sotto gli occhi per asciugare lacrime immaginarie "non pretendo proprio nulla!"
"Bene..." affermo poco convinto.

Rimaniamo così in silenzio per un paio di minuti: io che giocherello con i lacci della vecchia felpa che indosso e lui che armeggia al cellulare mentre mantiene ancora quel benedetto braccio sulla mia schiena.
"In realtà una cosa ci sarebbe..." mormora ad un certo punto mettendo anche una piccola distanza tra i nostri corpi.

"Ah-ah!" scatto in piedi dal divano "lo sapevo!"
"No ma- ma è una piccolezza, una roba da niente, veramente una stronzata-"
"Manuel" interrompo questo suo monologo "vai al sodo"
"Ecco- uhm... è che- unrgzzovuolescirecomme"
Cosa?
"Cosa?"
"Un ragazzo vuole uscire con me" scandisce meglio.
"Embè? Lo rifiuti come rifiuteresti una ragazza, guarda che non è tanto diverso."
Si tortura le mani e non accenna a guardarmi.
"Manu?"
"Il fatto è-" balbetta un po' "il fatto è che non credo di volerlo rifiutare..."
Una tonnellata di mattoni addosso mi avrebbe fatto sicuramente meno male e devo risedermi subito per non perdere l'equilibro precario causato dalle gambe tremanti che mi ritrovo.

"In- in che senso?" sento la gola secca e il cuore che balza su e giù sul posto manco volesse uscirmi dalla bocca.
"Nel senso che- cioè ti ricordi che ieri ti ho detto che non andavo a lezione, no?"
Annuisco incerto.
"E infatti so andato girando per Roma come un disadattato solo per cercare de placà l'ansia e vabe, te la faccio breve... so entrato in un museo dove stava 'na mostra d'arte di cui m'aveva parlato Chicca e ho conosciuto sto tipo che stava lì a bighellonare. Abbiamo iniziato a parlà e poi tra na cosa e l'altra se semo scambiati i numeri di cellulare... solo che mo" gira lo schermo verso di me "m'ha mandato un messaggio dove me invita a uscì con lui stasera..."

"E- e da me che vuoi?" chiedo a questo punto sempre più confuso.
Si gratta la testa e la punta delle orecchie gli diventa rossissima, quasi bordeaux.
"Boh... volevo un consiglio forse? Come me dovrei comportà? Devo portà dei fiori? Se me porta a cena me offro de pagà metà o faccio fare a lui? Come- come funziona tra di voi?"
"...Tra di noi?"
Avvampa e "si, voi gay... dai che hai capito che voglio dire..."
Ma. Che. Cazzo.

«Conta fino a 10 prima di parlare Simone» mi suggerisce giustamente una voce nella testa.

"Ecco..." non so manco da dove cominciare "proverò a dirtelo senza impressionarti..." il suo sguardo ora attentissimo segue i movimenti della mia bocca "devi sapere che di solito noi gay" realizzo due virgolette con le dita "quando usciamo, ci raduniamo tutti nello stesso posto... una sorta di tempio, si... e lì iniziamo a pregare in greco antico offrendo doni alla statua del nostro santo protettore, Elton John ovviamente. Dopo aver fatto ciò, le nostre anime ora purificate possono abbandonarsi senza colpe ad una conoscenza biblica con qualcuno a caso degli altri appartenenti alla setta. L'incontro di corpi poi dura finché uno di noi viene e, urlando "tana libera tutti!", pone in questo modo fine al rituale... ora ti chiedo: sei pronto tu Manuel Ferro ad affrontare una roba del genere?"

Mi guarda allucinato con le labbra che unisce e separa come se volesse dire qualcosa.
"Manu?"
Sbatte gli occhi allontanando l'intontimento nel quale era piombato e "ma me stai a perculà?" quasi urla.
Beh, perspicace.
"Tu che dici?"
"Dico che non te ce facevo così simpatico..."
"Mh... vedi quante cose che non sai?" e, prima che possa replicare, o peggio, insistere ancora sulla questione appuntamento con sto tipo del cazzo, gli do le spalle e mi dirigo veloce in camera mia.

Il resto della giornata lo passo immobile sul letto a pensare e ripensare a quanto successo e avendo sempre quella fastidiosissima vocina nel cervello che mi ripete «non sono i maschi che non gli piacciono... sei tu».

Quando finalmente Manuel esce non mi azzardo manco a rispondere al saluto ovattato che urla dal corridoio, ma anzi, infilo le cuffie e alzo al massimo il volume della musica, che non si sa mai come va a finire la sua serata e io di certo non voglio sentire niente.
Se poi mi addormento così, con le canzoni di Mengoni nelle orecchie e le lacrime ormai secche sul viso, beh, questo non deve saperlo nessun altro a parte me.

A drama of jealousy (and other things).Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora