3: ...Rome.

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Sabato 14 febbraio 2015, ore 21.04, Londra, Sumi Restaurant, civico 157 di Westbourne Grove.


«Perciò...» esordì Niall, mentre pescava con le bacchette un altro pezzo di nigiri. «Cazzo, che mortorio!» si lamentò con la bocca piena.

Liam e Zayn si scambiarono un'occhiata accigliata. «Harry non è di ottimo umore» bisbigliò quest'ultimo, mentre aspirava una fronda di yakisoba.

«No, perché pensi sia di cattivo umore?» chiese con sarcasmo, esibendo il nuovo orologio legato al polso. «Voglio dire... sono praticamente agli arresti domiciliari, però va bene. Era l'aspirazione della mia vita».

«Non sei agli arresti domiciliari» svalutò Liam, sorseggiando il brodo spurgato dal sukiyaki. «E' solo che non puoi incontrare Louis!»

«E tu lo trovi corretto?» sbottò, poggiando le hashi sul tovagliolo di stoffa.

«Non ho detto questo... intendevo solo... che non sei agli arresti domiciliari» ribadì. Zayn gli tirò una gomitata e grugnì, fino a che l'altro non abbassò la testa sulla propria portata.

«Questo aggeggio» continuò Harry, indicando l'apparecchio che circondava il suo polso, «ha un geo localizzatore incorporato. Ne possiede uno anche Louis; in questo modo, se decidessimo di incontrarci di nascosto, Simon lo saprebbe».

Per qualche momento si fece silenzio. Fu Niall il primo a esporsi: «E' legale? Perché a me sembra una follia».

«Temo proprio che non lo sia» concordò Harry, tamburellando le dita sul tavolo. «Ma non possiamo fare niente. Simon ci tiene in pugno... e stamattina ha ripreso a farneticare su quello stupido matrimonio».

«Quello tra Louis ed Eleanor?» domandò Zayn, sistemando i vaporosi capelli scuri, leggermente mossi. Harry annuì. Non possedeva abbastanza energie per discuterne ancora. «E' solo una minaccia che utilizza per manovrarvi... giusto? Non accadrà davvero, no?»

Inspirò a fondo, senza guardare l'amico negli occhi ambrati. Non ne era capace. «Credo di no, no» rispose con un grumo di fiato. «Louis dice di no».

«Allora sarà vero» consolò Liam, stendendo le labbra color amarena. Avrebbe voluto scorgervi sollievo, nelle sue iridi farcite di nocciola. La verità era che lì dentro, insieme all'affetto, vi trovò soltanto compassione e tristezza.

«Che cosa vi ha detto, di preciso?» ficcanasò Niall. Era almeno la dodicesima volta che gli poneva quello stesso quesito, al quale Harry non aveva ancora risposto.

Era così stanco, e afflitto all'idea di non poter trascorrere la serata di San Valentino insieme all'amore della sua vita. Non che fosse determinante incontrarlo proprio quella sera: per Harry era fondamentale incontrarlo tutte le sere, e anche tutti i giorni. Aveva bisogno di lui. La sua presenza era urgenza come il gelo lo era per l'inverno, come le margherite lo erano per la primavera. Louis era il sole e la luna delle sue giornate, delle sue nottate, del suo sempre.

Era tanto prossima l'impellenza di bere e di non pensare più a nulla, da non esser più capace di attingere ossigeno e di espellerlo a una cadenza regolare.

L'unico sprone che lo aiutava a tenersi in piedi, era la consapevolezza che di lì a poco avrebbe potuto baciare il suo ragazzo, seppure per mezzo di un metodo eccentrico e stravagante.

«Ha detto che – e cito testualmente – se continueremo a comportarci come i cazzo di Romeo e Giulietta, sarà costretto a separarci per sempre».

«Simon non può impedire alle persone di amarsi» considerò Niall, accartocciando una smorfia.

«Oh, può farlo eccome, se le persone in questione sono due uomini, per giunta membri della boy band che lui stesso ha formato» confutò Harry, ingabbiando le tempie tra i palmi. Gli occhi azzurri dell'amico divennero un trapano nel cranio che si impegnò a cacciare con fermezza. Sopportare la pietà delle persone che lo amavano, era un disturbo troppo ingombrante da trainarsi dietro. «Se non vi dispiace, adesso...»

Somewhere in Neverland [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora