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Ci sono alcuni giorni che sembrano esser stati già vissuti e non si ha la forza di riaffrontarli e questa era la sensazione che provava Hayden nel suo giorno libero.

Era una meravigliosa domenica di inizio Aprile e la primavera sembrava essersi risvegliata da un pezzo, proprio come il dottor Anderson; aveva aperto gli occhi nel cuore della notte, senza più riuscire ad addormentarsi.

Aveva passato il tempo a fissare il bagliore fioco dell'abat jour che illuminava il soffitto, fin quando l'alba non iniziò a dipingere il cielo di bianco.

Osservò tutte le sfumature che i raggi del sole regalavano, dal biondo al rosso fuoco, sino a mostrare un limpido azzurro una volta che il giorno era completamente sorto.

Aveva ammirato con estasi quello spettacolo e mai l'aveva considerato di quella magnificenza. Riuscì anche a ignorare il tormento che la stanchezza continuava a riservargli, lasciando momentaneamente da parte il suo cattivo umore.

Come ogni volta però, lanciò uno sguardo sulla parte vuota del suo letto e si sentì solo.

Un brivido di freddo gli fece tramortire il cuore, mentre la sua mente masochista continuava a mostrargli le immagini di sua moglie mentre era ancora a letto.

Lui poteva vederla, bellissima con i suoi lunghi capelli biondi e spettinati che andavano a circondarle il viso leggermente affondato nel cuscino, con una mano abbandonata ai lati della testa e l'altra che cercava un contatto con la sua dolce metà, verso il centro del materasso.

Poteva sentire ancora il suo profumo, fresco come le rose di Maggio, dolce come un succoso lampone.

Se fosse stata realmente lì, le avrebbe lasciato un bacio a fior di pelle sul collo e un altro sulle labbra, finchè non avrebbe aperto i suoi occhi azzurri come il cielo d'estate, grandi e brillanti come due diamanti.

Si sentì stupido mentre sfiorava nell'armadio alcuni dei suoi vestiti.

Kinsley amava fare del bene e questa sua virtù era nota a tutti, proprio per questo, dopo la sua morte, ogni suo avere materiale era stato donato a chi ne aveva bisogno, per rendere felice la sua anima volata via troppo presto.

Hayden però, egoisticamente nascose alcune cose, aveva bisogno di continuare a pensare che tutto fosse un brutto sogno e sperava che prima o poi si sarebbe svegliato.

Una lacrima gli scivolò sul viso, seguita da tante altre che diedero vita a un silenzioso pianto di frustrazione.

Quello era proprio un giorno no, fatto di ricordi e di dolore che riaffiorava sempre di più.

Si sedette sul letto, i gomiti poggiati sulle ginocchia e il viso stretto nelle sue grandi mani che ogni giorno tentavano di salvare una vita e si rese conto che però non riusciva più a salvare se stesso.

Non era solo il senso di colpa a divorarlo, ma era anche quella sensazione di incompletezza a farlo sentire effimero. In cuor suo sapeva che stava aspettando solo la sua fine e continuava ad andare avanti per merito di un'inerzia spirituale.

Dopo aver asciugato maldestramente le sue lacrime, andò nella camera di Brian e lo guardò mentre continuava a sonnecchiare.
Lo faceva da sempre, sin dal suo primo giorno di vita.
Era l'unico momento in cui poteva ammirare la sua perfezione.

Era la cosa più bella che potesse fare insieme a sua moglie e nonostante gran parte del lavoro fosse stato fatto da lei, la prova che anche lui aveva contribuito vi era a un palmo dal suo naso.

Brian era identico a Kinsley, più cresceva e più era evidente; avevano gli stessi occhioni azzurri, la chioma bionda come baciata dal sole e un fare ruffiano decisamente irresistibile; ma nei suoi modi di fare era la copia identica di suo padre.
Era preciso e molto testardo.

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