luce

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la prima cosa che vidi quando qualcuno mi fece nascere, fu un raggio di luce, molto artificiale ma così forte da farmi mantenere gli occhi ben serrati, quella luce tutt'ora la ricordo, forse avevo già predetto che quella sarebbe stata la prima ed ultima luce che avrei visto nella mia giovane vita.
non ricordo un granché, ma dal ricordo di mio fratello, posso ben farvi sapere che sin dalla tenera, forse tenerissima età, la mia vita era già fottutamente a rotoli, come se qualcuno avesse detto 'cavolo, ha bisogno di passare tanto dolore per poter crescere' e quello fu niente rispetto a ciò che passai fino ad arrivare alla mia attuale età.
beh, dunque, dimenticavo, sono Angela, e sono qui per raccontare un piccolo pezzo della mia vita o meglio, dei frammenti della mia vita a pezzi.
sin da sempre, ciò che non dovrebbe mai mancare ad un bambino, a me, mancò, a me come ai miei fratelli, l'affetto di una madre o credo di far prima nel dire, mancò una madre, ma non perché morì, anzi, tutt'ora quella donna fa parte della nostra vita in modo brusco.
lei fu quella donna che non faceva altro che mancare giornate intere da casa, passava la sua vita a rincorrere bottiglie di birra, bottiglie di vino, stupida gente e quel suo 'lavoro' di strada.
potreste mai sentire madre una persona che torna a casa quando è notte fonda, ti distrugge la vita anche solo con la propria presenza e sparisce mattina presto del giorno dopo? una donna in grado di disprezzare i propri figli, i quali essa stessa mise al mondo? questo sicuramente non era l'esempio migliore di madre.
passai quelle giornate susseguite da un loop, in casa di mia nonna, la quale casa era giusto quattro metri distante da casa mia.
aspettavo il momento in cui mio padre tornasse a casa per poter provare a sorridere e se vi steste chiedendo 'come può una bambina così piccola a capire così tanto?' non vi do alcun tipo di torto, ma si, sono cresciuta con persone che già all'età di pochi anni, mi ripetevano: sei matura per l'età che porti.
forse sarà stato solo frutto del dolore che avevo dentro.
ricordo che a farmi camminare per la prima volta, furono le braccia di mio papà che mi tenevano ben ferree e la sua costante paura che potessi cadere e graffiarmi anche solo un pochettino, quel poco tempo che riuscivo a vederlo, era l'unica cosa che mandava avanti le mie giornate, lui come mio fratello e mia sorella, erano la mia piccola corazza di coraggio e forza che mi insegnavano la vera durezza della vita e che ancora non avevo visto proprio niente eppure mi era sembrato di aver vissuto cento vite in una.
a svegliarmi le mattine seguenti fu quel gatto che perennemente dormiva accanto a me, era abbastanza pesante per la sua grande statura.
la luce nella stanza entrava ma per me era come se non esistesse, andando nella cucina di quella casa "umile" di mia nonna, la quale anche essa non era un granché a quei tempi, ma la quale, a differenza di qualcuno, non ci cascò più capendo i propri errori, dunque, in questa cucina c'erano come ogni singola mattina, due fette di pane, una con il classico formaggio emmental, e l'altra con la mortadella quella rotonda e quel caldo tè, il quale era l'unica cosa calda in quella casa affogata nel buio totale di un'assenza strozzata da mancanza di un sorriso.
come ogni giorno anche questo, io e i miei fratelli ci trovavamo sempre a giocare in quel che era il giardino, con tanto di erba metà tosata e metà quasi andata a fuoco, mio fratello aveva tre husky, non so precisamente come, ma li aveva, mentre lui passava le giornate a giocare con essi, mia sorella in casa a colorare quei quattro fogli che potevamo permetterci, io le passavo nel fienile di quel giardino, a guardare l'ampiezza del vuoto che stava fuori essa e quella povera mucca che fu fulminata in un giorno di tempesta domandandomi ogni secondo quante cose ancora avrei dovuto vedere nei giorni, nelle settimane, mesi ed anni che mi susseguivano.

Frammenti di una vita a pezzi.Where stories live. Discover now