Antiprologo: Nova

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"La tua visione diventa chiara solo quando guardi dentro il tuo cuore. Chi guarda fuori, sogna. Chi guarda dentro, si sveglia." -Carl Gustav Jung

Si trovava nella piazza centrale di Baluardo. L'imponenza del Monumento all'Umanità dava alla piazza un aspetto maestoso che lei trovava bellissimo. Non dimentichiamoci dei vicoli che si diramavano come gli affluenti di un fiume, in cui grassi commercianti vendevano i propri vegetali, i propri salumi, i propri formaggi. E le strade, come aveva fatto a dimenticarle? Le strade in cui era nata e cresciuta, aveva fatto le prime conoscenze (e i primi amori), dove la mattina iniziava a giocare e la sera puntualmente tornava a casa sporca e malconcia.

Era da molto che non visitava quella città, la sua oasi natia che per diciassette anni l'aveva accudita come una seconda madre e le aveva garantito un'infanzia davvero felice.

Nova era nata due anni dopo la fine del tremendo conflitto che aveva sconvolto le vite di tutti, e che fortunatamente i suoi avi avevano vinto, annientando i giganto-nani, facendo sprofondare i superstiti nel baratro più profondo del mondo. Da piccola, suo zio, veterano di quella guerra, le raccontava per filo e per segno come erano andate le cose: i giganto-nani invadevano tutto il continente, umani e magici che combattevano insieme contro la minaccia comune.

Quelli che una volta avevano combattuto insieme nell'interesse della propria terra, oggi guerreggiavano e si pugnalavano a vicenda.

E ora, gatti grigi passano fra i tetti di Baluardo. Nova cammina ai piedi dei palazzi.

Alza lo sguardo, e i suoi occhi incrociano uno di essi..

La ragazza si svegliò, e per un attimo credette ancora di osservare il volto del felino, sul soffitto della sua cabina, nella sezione delle forze speciali, incaricate di sorvegliare la Fossa dei Perdenti.

Nova strofinò i suoi occhi sulla coperta, poi sospirò: si sentiva strana.

A questo pensiero, improvvisamente, scoppiò a ridere. "I sogni possono fare i buoni e i brutti scherzi" osservava saggiamente sua nonna, ogni qualvolta lei attraversava nel buio il corridoio per venire a svegliarla, per dirle che aveva fatto un brutto sogno "considera il sonno come il miglior giullare."

Il pensare più profondamente a sua nonna, la fece tornare più cupa: "quanto vorrei che tu fossi qui, nonnina" disse.

Sua nonna non era morta: l'aveva lasciata a Baluardo viva e vegeta, alla veneranda età di novantasei anni, per entrare nelle forze speciali.

Mai come adesso si sentiva in colpa per questo.

"Abbiamo litigato, e adesso c'è la possibilità che si sia trasferita permanentemente nell'aldilà" rifletté.

"Adesso però" si disse "non è tempo per questi pensieri. La mattina è la mattina: devo sorvegliare la mia terra."

Si alzò dal letto con un balzo: tolse la vestaglia da notte e indossò la divisa delle forze speciali, che aveva piegato sulla sedia del proprio scrittoio la notte prima.

Non trovando subito le ciabatte, si decise a scendere le scale scalza, inconsapevole del fatto che fossero semplicemente finite sotto il suo letto.

Lisciò con un pettine di osso i suoi folti capelli scuri e si precipitò sulle scale. Arrivò al piano terra e si diresse verso la sala comune per fare colazione insieme ai suoi compagni.

Prima di entrare, però, decise di sgattaiolare nelle cucine per avere un'anticipazione del pasto di quella mattina.

Non ci riuscì: Nosh il cuoco la beccò in fragrante, accovacciata dietro la porta. Si prese un mestolo in faccia.

L'ultima frontieraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora