ARALE

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Avete presente il cartone animato "Arale"? Magari i più "vecchi" lo ricorderanno sicuramente, comunque da piccola ero la sua fotocopia in tutto e per tutto, infatti era uno dei miei due soprannomi.

L'altro era "orsacchiotto abbraccia tutti",  derivante un po' dal mio fisico e dal mio carattere dolce. Da piccola abbracciavo tutti, persino le maestre dell'asilo; come Olaf "amo i caldi abbracci".

In famiglia eravamo solo in due a essere romantici, io e mio cugino.
Davide.
Il mio primo grande amore: bastava che mi guardasse negli occhi che subito capiva di cosa avessi bisogno.

Ho sempre provato un amore sproporzionato verso i miei cugini maschi, ma per lui era diverso, ancora più intenso.
Lui aveva e ha tuttora un posto riservato nel mio cuore.

Purtroppo non ci vedevamo spesso: vuoi il lavoro, vuoi la famiglia (dato che era marito e padre di due bimbi), vuoi impegni vari, le uniche occasioni per vederci e stare insieme era per Natale o per matrimoni, compleanni: eventi vari.
Ogni qualvolta che ci si incontrava, la scena era sempre uguale: ci guardavamo, lui mi sorrideva e apriva le braccia. Io correvo da lui per farmi abbracciare...
Ricordo bene il nostro ultimo momento insieme.

Ventiquattro dicembre 2018.
La vigilia di Natale eravamo soliti passarla a casa dei miei zii materni, nonché mamma e papà di Davide.
Quella sera, quando entrai, lui era già lì in piedi sullo scalino della cucina che mi aspettava con un sorriso a trentaquattro denti. Aprendo le braccia, mi disse:
"Vieni qui", forse anche lui sentiva che quell'abbraccio sarebbe stato l'ultimo... Forse anche lui, come me, sentiva qualcosa.
Restammo così per oltre 15 minuti.

La serata continuò tranquilla, tra battibecchi e frecciatine che eravamo soliti fare.
Ma il momento che non dimenticherò mai è quando, scherzando, gli dissi che ero arrabbiata con lui perché mi trattava male, mi sorrise e mi tirò dal braccio.
"Dai vieni qui, abbracciami."
"No lasciami stare, non ti voglio abbracciare" risposi. Riuscì a liberarmi dalla sua presa ma, quando passai di nuovo accanto a lui, mi afferrò facendomi cadere sulle sue gambe. Continuò:
"Vieni facciamo pace". Mi abbracciò poggiando la testa sulla mia spalla, mi accucciai a lui sussurrandogli all'orecchio:
"Sei di mia proprietà, sei mio!"
"Mi va bene" rispose. Se vi state chiedendo se sua moglie fosse gelosa, la risposta è no, lei comprendeva il nostro rapporto ma soprattutto sapeva ciò che io "provavo" per Davide.
In realtà, tutti in famiglia ne erano consapevoli; mia zia mi diceva sempre:
"Pari u to zitu"(sembra il tuo fidanzato).
Scattata la mezzanotte, prima di tornare a casa ci scambiammo l'ultimo forte abbraccio, ignari che quello sarebbe stato l'ultimo... Ignari che da quel momento in poi non ci saremmo più visti.

Passarono i mesi, 6 con l'esattezza, che, Dio mio, se solo avessi saputo... giuro non l'avrei più lasciato.
Arrivò quel maledetto tre giugno 2019, data che vorrei cancellare se solo mi fosse possibile.

Era una giornata alquanto strana.
Notai che qualcosa non andava quando, tornando a casa da lavoro, tirava un vento caldo ma che ti faceva venire i brividi.
Mi coricai con mia nipote, che allora aveva quasi due anni, e ricordo perfettamente che fu lei a svegliare me e che io non riuscivo ad aprire gli occhi per nessun motivo.
Lei non volle mangiare e neanche io... Non avevo fame, mi veniva da vomitare, mi girava la testa mentre mia nipote sembrava avere la febbre.
Eravamo con mio cognato, davanti al negozio di mia sorella, quando mia mamma lo chiamò al telefono dicendogli che doveva uscire dalla macchina...
Riuscivo a sentire poco, percepii solo una frase che tuttora, dopo due anni, molte volte, la notte ancora sento pronunciare:
"Cu mossi? Sti maliditti motu!" (Chi è morto? Queste maledette moto!".
Scesi immediatamente dalla macchina iniziai a pensare a tutte le persone che conoscevo che avessero una moto, compreso mio papà. Iniziai a chiedere insistentemente cosa fosse successo, mentre mia mamma, dall'altro lato, lo pregava di non dirmi niente. Lui, in un momento di confusione e panico, mi disse: "Tuo cugino Davide". Sentii mia madre urlare dal telefono, dopo... non sentii più niente...

Il cuore si era fermato, le lacrime scendevano rigandomi il viso.
Da quel momento niente ebbe più senso: tutto nero, tutto inutile, io ero cambiata! Non facevo altro che piangere, a tal punto che, il giorno prima del funerale, mia nipote, ingenuamente, mi accarezzò la gamba e, guardandomi dritta negli occhi, disse:
"Zia ti prego, non piangere più".
Il mio cuore si spezzò di nuovo in mille pezzi, mi resi conto che stavo facendo soffrire anche lei... Lei, l'unica vera ragione della mia esistenza... L'unica persona che mi stava dando la forza di restare lì!
Ero aggrappata a lei, così piccola... fragile... Eppure mi teneva in vita.

Ero a casa di mio cugino con lo sguardo fisso su quella maledetta bara quando mia zia, sua madre, abbracciandomi, mi sussurrò: " L'amore della tua vita non c'è più". Non risposi, scoppiai di nuovo a piangere sulla sua spalla...
Ancora ora, dopo quasi tre anni, non riesco a farmene una ragione, mi manca infinitamente, mi mancano i suoi abbracci, mi manca lui...
Mi pento di non avergli mai detto il bene che gli volevo e di non averlo visto un'ultima volta.
Ricordo bene quell'anno, quando a Natale del 2019 tutti erano felici e contenti, mentre io pensavo solo a lui, pensavo che un anno prima lui era con me, e che io, all'orecchio, gli avevo bisbigliato: "Nessuno potrà mai portarti via da me".

Se è vero ciò che dicono, che quando una persona muore tu non la vedi, ma lui c'è, allora spero soltanto che lui sia con me sempre e che la notte venga ad abbracciarmi come era nostro solito fare.
"Cosa sarà mai portarTI dentro solo tutto il tempo, PER SEMPRE?"
Buon compleanno vita mia
                     
                                        Baci, Arale.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 02, 2022 ⏰

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