CAPITOLO 12.

231 8 0
                                    

Aurora

L'orologio nel soggiorno segnava le 19.09. Mi alzai di scatto dal divano e iniziai a lanciare in aria cuscini alla ricerca del cellulare.

«È tardissimo!» gridai riuscendo finalmente a riavere indietro il telefono dai meandri più nascosti della poltrona. «Devo tornare a casa, mia madre sarà in pensiero» mi voltai, ma Nanami non aveva mosso un dito.

Seduto sul divano, con le braccia comodamente appoggiate sulla spalliera, si osservava la punta dei piedi pensieroso.

Dopo l'imprevisto, quanto gradito, bagno nel lago ci eravamo cambiati entrambi; per fortuna avevo dietro la borsa di ginnastica che quella mattina non avevamo fatto, così avevo potuto indossare un paio di leggings neri e una larga, comoda maglietta fucsia.

Sbloccai lo schermo del cellulare, convinta di trovarci come minimo 20 chiamate perse: la barra delle notifiche era vuota. Nessuna chiamata.

Tornai con lo sguardo su Nanami, che aveva alzato gli occhi su di me. «Puoi rimanere, se vuoi...».

Calò il silenzio. All'inizio non capivo perché fosse leggermente nervoso nel farmi quella richiesta, poi una lampadina mi si accese nella mente, e a conferma della cosa mi si imporporò il viso.

Il primo, stupido, pensiero fu se, per una volta, mi fossi messa della biancheria intima decente.

Non avevo mai fatto caso a cose come quelle, ma mentalmente mi diedi una manata sulla fronte. "Non ce l'ho combinata, quello poco ma sicuro", pensai maledicendomi. "Guarda il lato positivo, la ceretta almeno te la sei fatta", parlò una vocina in un angolo della mia testa.

La voce di Nanami mi riportò alla realtà. «Domani tanto è sabato, non hai scuola...giusto?»

Giusto.

Qui il problema era un altro.

Escluso qualche bacio durante gli anni delle medie, il mondo segreto di una relazione mi era del tutto sconosciuto. Sicuramente non doveva essere così per l'uomo di 27 anni che avevo di fronte. Cosa si aspettava da me?

Come mi sarei dovuta comportare se...?

"Stiamo calmi! Di cosa vai a preoccuparti? È sempre Nanami! E poi non fingere che non ti piacerebbe..." Beh sì...palese...mi aveva sempre fatta andare fuori di testa, ovvio che mi sarebbe piaciuto andare oltre.

Dopo tutti questi dubbi, decisi: non potevo farmi bloccare da pensieri fatti totalmente a caso come quelli. Lo guardai negli occhi, e, accantonando l'imbarazzo, gli sorrisi.

«Sì, mi farebbe piacere! Chiamo mia madre per avvertirla allora.» Vidi il suo petto alzarsi e abbassarsi un paio di volte, come se avesse ripreso a respirare in quel momento.

Lo osservai meglio mentre giravo intorno al divano verso il corridoio...e con sorpresa mi resi conto di una cosa: se io ero agitata, o meglio emozionata, al pensiero di passare per la prima volta una notte con lui, Nanami lo ero due volte di più.

Quando uscii dalla sua visuale si piegò in avanti appoggiando i gomiti sulle ginocchia e passandosi le mani sul viso. Si scompigliò i capelli, cosa che faceva molto raramente, poi tornò seduto come prima. Sorrisi già più tranquilla e chiamai mia madre.



«Comunque devi essere stato baciato dal dio del cibo da piccolo. Non è possibile che qualunque cosa cucini tu sia squisita!» Avevamo appena finito di vedere un film.

Quando avevo scoperto che in casa aveva tutti gli ingredienti per fare la pizza lo avevo pregato in così tante lingue che alla fine era stato costretto a cucinarmi quella. L'avevamo mangiata sul divano, di fronte alla TV, ridendo (lui) o scoppiando a piangere (io) via via che la storia si faceva più avvincente.

NON GIOCARE CON IL FUOCODove le storie prendono vita. Scoprilo ora