CAPITOLO DUE: OTTOBRE

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L'aria di ottobre sapeva già d'autunno dai primi giorni del mese, con foglie che lentamente, una dopo l'altra, cadevano al suolo, secche e di un colorito giallognolo e venature rossastre.

Simone amava quella stagione più d'ogni altra, più dell'estate, più del famigerato inverno. Simone odiava il caldo, odiava sudare senza un motivo ben preciso, senza attività fisica, ma odiava anche il freddo, di quello tempestivo e tagliente. L'autunno, invece, dipingeva Roma di colori caldi e aromi freschi, rendeva la città di una temperatura piacevole e non insopportabile.

Manuel queste cose le conosceva tutte, anche se Simone non gliele aveva mai rivelate. Sapeva che per Simone, l'autunno era il tempo perfetto per indossare quei maglioncini che tanto amava, quelli che profumavano di marsiglia e fiori secchi, sapeva che l'autunno rendeva il più piccolo felice come un bambino, perché l'arancio era il suo colore preferito, e a ottobre le vetrine si tingevano di quel arancio brillante, quasi accecante.
A Simone non importava mai, perché l'arancio era il colore dei tramonti, e il rosso dell'alba.

«Indovina un po'?» chiese il rugbista con tono allegro.

Era ricreazione, i due erano accanto alle macchinette del caffè, appoggiati alla grande finestra che dava sul cortile interno e con una folla di studenti non poco lontana.

«Cosa?» Manuel rispose con un sorriso, impotente di fronte la gioia dell'amico. I sorrisi di Simone contagiavano anche i suoi.
«Domani vado al mare, e ci resto fino al tramonto.» disse Simone. Era così bello da vedere, con un ghigno stampato sul volto e gli occhi grandi che brillavano dei riflessi di quel sole che filtrava dal vetro.
«E con chi?» Manuel pensava fosse stato Dante a proporglielo, cosciente dei tentativi di riappacificazione da parte del padre del ragazzo a fianco a lui.

Le cose fra i due avevano cominciato a essere serene, per la prima volta in troppo tempo. Simone gli aveva raccontato di quando, un sabato sera, dopo essere tornato a casa, Dante gli aveva offerto una birra e di come i due fossero rimasti a parlare per ore e ore di nulla e di tutto. Manuel si ricorda gli occhi lucidi di Simone, increduli e così innocenti che apparivano come quelli di un bambino.

«Mamma torna in Italia per un po'! Ti va di venire? Facciamo un picnic in spiaggia e poi facciamo shopping.» Simone spiegava il piano per quella giornata con voce delicata, la stessa che gli diceva vengo con te, ti aiuto a non fare cazzate. A pensarci, però, Manuel ha finito per farne solo di più.
«Simo, ma nun ce lo vorresti passare da solo con tu madre?» Manuel era preoccupato che la sua presenza potesse rivelarsi un ingombro, perché alla fine quelli erano madre e figlio, uniti da un rapporto che invidiava.
«Ci ho passato un'estate con mamma, e poi sarebbe bello se la conoscessi, no?»

Manuel non sapeva rispondere, quelle parole gli si incastrarono all'altezza del petto, solleticando emozioni che Manuel non aveva ancora riconosciuto. Qualcosa in quel sarebbe bello lo scosse, perché, alla fine e dopo tutto, Manuel ne valeva ancora la pena per Simone, e questo lo riscaldava nell'aria autunnale come una sciarpa nel bel mezzo di un vento freddo.

Simone, d'altro canto, una risposta non l'ha cercata, era già lì, distesa sul viso dell'amico ormai pulito dalla barba dell'anno scorso.
Così, in un modo semplice, Simone gli sorrise sottile, con un affetto immeritato e gli disse: «Ti passiamo a prendere alle dieci.»

«Okay.»

-

La mattina dopo, Manuel era così nervoso che stava seduto sul tavolo della cucina da almeno un'ora e mezza, con le gambe che picchiettavano il pavimento senza mai fermarsi.
Per una volta, aveva accantonato le sue canotte da basket e raccolto, dal fondo del suo armadio, un maglioncino di cotone leggero e un paio di jeans comodi.

Due Anni e Poco Più || SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora