VIII

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Belorin chiuse gli occhi e fece un lungo respiro. Aprì il sigillo di ceralacca a forma di mezza luna, era di Giles, spiegò la lettera. Era scritta con poche e concise parole. Hanno lasciato il castello da poco quindi... La bruciò nel camino della sua stanza subito dopo averla letta.

Si sedette e riprese fiato. Ripensò alla questione, c'era poco da stare allegri. Satyon non avrebbe più ripetuto il rito, aveva fallito, ma solo in parte. Il demonio ora camminava tra gli uomini. Forse Walster si sbaglia, forse è tornato negli inferi. Era più una speranza che una riflessione. In quel momento però aveva altro di più urgente a cui pensare. Se Xalabas fosse rimasto nel regno dei vivi lo avrebbero saputo presto. Era solo una potenziale minaccia. Ora doveva occuparsi della minaccia imminente. Le sue spie erano sicure che l'organizzazione di quel maledetto Satyon, i black candles, stessero tramando qualcosa riguardo il trattato tra la corona e gli ecclesiasti che si sarebbe tenuto l'indomani. Quella mattina aveva un'udienza con il re. Dopo essersi lavato con cura le mani, il viso e la barba, uscì dai suoi appartamenti dell'ala est del palazzo e si incamminò verso la sala delle vittorie.

Arrivato aspettò seduto su una sedia fatta di legno laccato d'oro e foderata con soffice tessuto di raso rosso. Davanti a lui c'era un tavolino con il legno sempre laccato d'oro, la sua superfice era ricoperto da un sottile strato di pietra decorata. Sopra la sua testa splendeva un grande lampadario di cristallo, e nei muri arazzi con dipinte le gesta dei vecchi reali che si erano distinti in azioni militari gloriose. Difficile che Urlic avrà mai la sua faccia in quel muro.

Il re arrivò con prevedibile ritardo, salutò Belorin e sprofondò nella comoda sedia. Era di media statura, di bell'aspetto ed esile come gli indolenti. Si massaggiò la barbetta sempre curata, sbuffò «Vi prego ditemi che ci avete ripensato!»

«Purtroppo no vostra maestà, credo ancora che il trattato sia la via migliore per ristabilire la pace tra la corona e gli ecclesiasti.»

Urlic fece un gesto di stizza «Ma come potete stare dalla sua parte, dopo quello che mi ha fatto?»

«Io servo la corona, lo sapete.»

«Sono stato io a nominarlo gran sacerdote, l'ho messo io lì dov'è! E adesso che ha acquistato un briciolo di potere, mi si rivolta contro, a me! Al re! È inammissibile, dove andremo a finire» batté un pugno sul bracciolo «Dopo di lui chi mi tradirà ancora?»

«Lo so vostra maestà, purtroppo per noi ha giocato d'astuzia e si è messo in una posizione di vantaggio, ma io vi dico, che è solo una posizione momentanea.»

«Voi credete?»

Belorin appoggiò le braccia sul tavolino «Ne sono sicuro, posso permettermi di consigliare vostra grazia?»

«Assolutamente padre, assolutamente, andate avanti»

«Voi domani firmate questo trattato—»

«Ma così apparirò un debole! Chiunque si arrogherà il diritto di ribellarsi! Il veto della corona sulla nomina dei gran sacerdoti esiste da secoli, perché dovrebbe essere abrogato proprio con me seduto sul trono!» era diventato paonazzo, si fermò un istante, fece un gesto di scuse e appoggiò la schiena sulla sedia «Continuate pure.»

«Sarò franco, firmando quel trattato non apparirà un debole, tutt'altro, eviterà di perdere popolarità, cosa molto importante in questi tempi turbolenti in cui la corona è minacciata da più fronti, e in più si ingrazierà tutti gli ecclesiasti apparendo un innovatore, vi posso assicurare che ci sono molti altri modi per avere influenza su di loro oltre al veto, inoltre» prese fiato «Impedirà a Leofwin di fare ulteriori richieste, sono più che sicuro che a lui non interessa niente dell'elezione del prossimo gran sacerdote, anche se lo eleggeranno senza il benestare della corona non sarà affar suo, sarà inevitabilmente morto, a lui interessa solo alzare il livello dello scontro con la casa reale, spera che vostra maestà non accetti, spera di portare più gente possibile dalla sua parte, e magari avanzare rivendicazioni a lui più gradite.»

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