IX

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«Ehi, guarda un po' il nostro amico si è svegliato.»

«Finalmente! A quanto pare hai perso l'ennesima scommessa.»

Royler si stropicciò gli occhi, sopra di lui c'era un soffitto fatto con grosse travi di legno intrecciate a formare delle croci. Si guardò intorno. Era la camera da letto di una taverna. Che ci faceva in una taverna? Aveva un forte cerchio alla testa. Si alzò rimanendo seduto nel letto, due individui lo stavano osservando. Si massaggiò le tempie «Chi siete?»

«A quanto pare il redivivo sa anche parlare» disse quello più basso dei due «Capo, vieni a vedere finalmente ce ne possiamo andare di qui» si girò verso di lui «Come ti chiami?»

Royler non rispose. Sbadigliò fissando la barbetta di quel tipo che aveva tutta l'aria di essere irritante.

«Ehi, sei sordo? Come ti chiami?»

Continuò la scena muta. La taverna sembrava modesta. Cercò la spada e la pistola, non c'erano, probabile che gli fossero state rubate o confiscate da quei due individui. Ritornò con lo sguardo su di loro. Uno era alto più di lui di almeno una testa, di carnagione olivastra, rasato, con occhi neri, veniva sicuramente dal sud, e quelli del sud sanno combattere dannatamente bene! Sarebbe stato senza dubbio un osso duro. Era vestito con una camicia verde e un gilet di pelle scura, dei pantaloni dello stesso colore del gilet e degli stivali neri. L'altro invece era bassetto, robusto, con i capelli biondo scuro, gli occhi celesti e la barba di qualche giorno. Aveva una giacca chiara e dei pantaloni marroni. Dal tono che usava, gli avrebbe tappato volentieri la bocca a suon di pugni. Mi hanno preso? Si ricordava di essere scappato da Fayland in fretta e furia. Guardò fuori dalla finestra, i tetti delle case avevano una forma diversa, doveva trovarsi a Berden.

Entrò un terzo uomo, stava mangiando una mela, era vestito di nero con un ampio mantello «Eliphas tu mi sei testimone» finì di masticare «Ho vinto di nuovo o sbaglio?»

Il nuovo entrato era alto come Royler, aveva i capelli lunghi, neri e lisci, occhi molto chiari, e un viso che aveva dovuto far impazzire molte ragazze. Non erano vestiti da boscaioli, né da mercanti, non indossavano una divisa, ma erano armati fino ai denti. Chi diavolo erano?

Eliphas, quello grosso e dalla pelle bruna fece un sorriso «No, non ti sbagli.»

«Sì, come no, fai pure lo sbruffone» disse scocciato il biondino.

Il nuovo entrato si strinse nelle spalle «Com'è difficile avere sempre ragione amico mio, neanche ti immagini.»

«Scusate un attimo!» Royler li indicò «Chi diavolo siete?»

«Non ti è dato sapere» rispose il belloccio masticando.

«Va bene, ho capito, me ne farò una ragione, allora addio!» camminò verso la porta, ma quello che avevano chiamato Eliphas gli mise la sua possente mano sul petto, gli diede una spintarella e gli fece fare qualche passo indietro «Non così in fretta amico.»

«Sono in arresto?»

«No, vogliamo solo fare due chiacchiere» gli indicò una sedia.

Royler non ci pensò molto e si mise seduto. Era ancora indolenzito e aveva un forte formicolio al braccio, non avrebbe mai avuto la meglio con quell'armadio a mani nude.

«Come ti chiami e cosa ci facevi nella foresta?»

Nella foresta? Corrugò la fronte. O mio Dio un sogno? Possibile?

Nessun sogno amico mio!

«Acc...!» fece uno scatto, cadde dalla sedia in maniera goffa come se tutto d'un tratto ustionasse.

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