E così, Marlee aveva ufficialmente toccato il fondo.
Metaforicamente. Ma anche un po' letteralmente.
Il suo palmo trovò le labbra del ragazzo di fronte a lei in maniera forse troppo irruenta, soffocando sul nascere un gemito. Lui la guardò, nell'oscurità che li separava, con espressione confusa. Marlee aspettò che i passi che echeggiavano nel corridoio oltre la porta dello stanzino si allontanassero, per poi affondare nuovamente le mani nel colletto della camicia del ragazzo – Jonathan? Josheph? Decisamente un nome che inizia con J – e attirarlo nuovamente verso di sé.
Lo sentì sorridere sotto le sue labbra, i suoi denti le sfiorarono la lingua.
«A volte mi spaventi, Marlee Hawksley.»
«Ti sorprenderà saperlo, ma non sei il primo a dirmelo.»
Riprese a baciarlo, e lui non si tirò più indietro.
Marlee non aveva esattamente una lista. Più che altro, una serie di linee guida, ecco. Era più ottimale in questo modo. Ad esempio, quella cosa che il ragazzo stava facendo con le dita contro il suo fianco scoperto? Sì, decisamente sì. Il modo in cui il suo corpo da giocatore di rugby la schiacciava contro al muro incrostato dello stanzino? Stranamente... sì. La sua lingua che si faceva strada forzatamente nella sua bocca, in un vortice di saliva e retrogusto di patatine al barbecue? No. Dio. No.
Marlee lasciò il collo ricadere all'indietro, e il ragazzo colse il suggerimento. Iniziò a baciarle la gola, facendo scivolare la lingua fino a raggiungerle lo sterno lasciato scoperto dalla scollatura della divisa. Il modo in cui i denti di lui affondavano nella sua pelle? Sì. Le sue dita che le sfioravano la schiena scoperta? Senza dubbio. L'essenza al rabarbaro del suo dopobarba? Meh. Se tratteneva il fiato, Marlee quasi non lo sentiva.
Intanto le labbra di come-si-chiama avevano raggiunto il gancetto anteriore del suo reggiseno, e lei si rese conto troppo tardi che lui le stava chiedendo qualcosa.
«C-come?»
«Ho chiesto, com'è possibile che io e te non abbiamo fatto questa cosa prima?»
Le sue dita iniziarono a tracciarle lentamente la spina dorsale, fino ad arrivare ad affondarle nel sedere. La voce femminista nel cervello di Marlee gridò 'di più, grazie'.
«Mi avevano detto che avevi... tipo una ragazza» riuscì a mormorare, ingoiando un gemito.
I polpastrelli di lui iniziarono a carezzarle il basso ventre, e lei affondò il volto nell'incavo del suo collo, mordendosi il labbro. Così vicino... Giusto qualche centimetro più in basso...
Per un secondo, si lasciò sperare.
«Sì, ma Lucy è sempre stata una palla al piede. Ho intenzione di rompere con lei il prima possibile.»
Marlee non era fiera del secondo di esitazione in cui la sua testa prese in considerazione l'idea di far finta di non aver sentito. Non con le mani di come-si-chiama – recentemente rinominato Il Maiale – più vicine a slacciarle la zip della gonna di quanto non avrebbe mai potuto sperare.
Alla fine, gli premette le mani contro il petto e lo spinse via.
«Eeee... qui abbiamo finito.»
Il Maiale, incespicando fra un mucchio di scope e spazzoloni accatastati contro la parete, la guardò confuso.
«Cosa?»
«Andiamo, non ti prendi neanche la briga di mentire? Puoi fare di meglio, Jonny.»
«Mi chiamo Brian.»
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Each and Every Hidden Line
RomanceMarlee Hawksley è tre cose e tre cose soltanto: intelligente, ambiziosa e... maledetta. Letteralmente. Per quanto sia incredibile, non c'è alcun dubbio che la maledizione che Nathara Seagrave le ha lanciato in terza media sia reale. Perchè non imp...