Pt. 8

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Tornai in Inghilterra lo stesso periodo dove, l'anno prima, scoprii il fidanzamento di Ian, qualche giorno prima delle vacanze di Natale. Solo perché la famiglia era riunita non avevo promesso a nessuno che sarei rimasto per tutta la durata delle festività. La stanza di mia madre era completamente cosparsa di fiori, sopratutto rose, per evitare altri attacchi di cuore mi ero vestito più normale del solito, portavo i pantaloni e una giacca blu pastello comprata in Giappone.
Ricordo il tumulto che avevo dentro e l'espressione calma che cercai di mantenere per tutta la durata della visita. Il mio patrigno rimase sempre seduto accanto a mia madre, le teneva stretta la mano amorevolmente. Cercai di non fare contatto visivo con Ian in compenso vidi per la prima volta la sua fidanzata, una ragazza blanda nel complesso, con i capelli corti e biondi. Fui il primo a congedarmi, una volta lasciati i fiori ed'essere uscito fuori dall'ospedale mi accesi una sigaretta.
Subito dopo uscì Ian, senza però portarsi dietro la fidanzata.
Lo fermai subito, sapevo che mi voleva parlare.
"Non cominciare stronzo."
"quanto sei acido perché non mi saluti come si deve?"
"perché mi fai ribrezzo."
"ti faccio ribrezzo ma mi baciavi e mi scopavi senza problema."
Mi voltai di scatto "sei così patetico che ti sei trovato una ragazza che vagamente somiglia a me e non è neanche così bella, non mi fai neanche pena."
"è solo il tuo ego che ti dice che sei bello." mi disse avvicinandosi, per qualche secondo mi guardò attentamente. "perché sei truccato?" mi chiese.
"ti offende?"
Gli avrei potuto fare qualsiasi cosa, l'istinto mi disse di sputargli in un occhio e tirargli una ginocchiata nelle palle, e così feci. Mentre gemeva dal dolore feci per andarmene.
"inoltre, ti ho tradito anch'io durante il college, non sei così speciale." fu l'ultima cosa che gli dissi.
Ero nervoso, per quanto mi piacque vedere Ian per terra dal dolore, non riuscivo a concentrarmi su altro che sul fatto che aveva anche solo provato a parlarmi, l'avrei picchiato a sangue se solo avesse anche provato a toccarmi. Camminai per diversi minuti senza una vera propria meta cercando di raffreddare la mente fu allora che mi ricordai della chiamata di Vincent. Mi fermai e controllai l'orario, potevo ancora fargli una visita All'università. Presi l'autobus e per tutto il tragitto mi immaginai la nostra riunione, alzai così tanto le mie aspettative, speravo veramente tanto di trovarlo, volevo in quel momento solo un sincero abbraccio e un potente bacio che avrebbe potuto darmi vita nuova.
Una volta arrivato chiesi alla segretaria che era seduta alla reception.
"Il signor Ortiz? Mi spiace, non si trova in Inghilterra in questo momento."
"Come scusi?" non poteva essere vero.
"É in Francia, é partito questa mattina per Parigi. Vuole il suo numero di lavoro?"
Ringraziai la segretaria e uscii. Ero ancora incredulo, avevo già una vaga idea del perché Vincent si trovava in Francia. Aveva preso quella frase che avevo detto alla lettera, mi sentii imbarazzato, fiero e lusingato allo stesso tempo, ma più di tutto mi sentivo un po una merda. Uscii il cellulare dalla tasca e chiamai Angeline.
"Ho bisogno di andare a Parigi il prima possibile." le dissi. Presto detto Angeline riuscì a trovarmi un biglietto per parigi e la sera stessa partii.
Durante il viaggio pensai a qualche scusa per presentarmi davanti alla porta di Bonheur. Era una mossa da parassita ma mi sentivo una merda, prima di tutto per aver fatto fare quella follia a Vincent, poi per aver usato ancora una volta Angeline, ero la sua ombra, vivevo alle sue spalle. Per ultima cosa mi pentii proprio in quel momento di aver lasciato Bonheur in quel modo, prima di essere la mia compagna Bonheur era il mio lavoro e la mia casa, mi venne malditesta solo a pensarci.
Al tempo durante una sola settimana Bonheur aveva comprato uno spazio nella periferia di Parigi, una sorta di mega studio con delle stanze da letto annesse. Lì Bonheur e i suoi collaboratori si incontravano e creavano la musica, organizzavano i video musicali e i costumi.
Una volta arrivato a Parigi non ebbi tempo di godermi il clima natalizio e le luminarie, la giornata andava avanti come un fulmine, presi subito la metro dal centro alla periferia, durante tutto il tragitto un ragazzo che pareva la versione hippie di Vincent, con un grosso porta chitarra sulle spalle, alzava lo sguardo verso di me più volte di quanto avrei voluto. Ero ancora parecchio infastidito e nervoso, gli lanciai di risposta un occhiataccia e gli feci il dito medio.
Sfortuna volle che scese alla mia stessa fermata e bussò alla mia stessa porta. Incrociai le braccia mentre in un silenzio imbarazzante aspettavamo che qualcuno ci aprisse. Abbastanza presto Bonheur aprì la porta. Era tornata alle sue gonne a palloncino, aveva i capelli biondo platino e delle ciocche rosa pastello, appena mi vide qualcosa in lei si spense.
Fece entrare il ragazzo dopo averlo salutato calorosamente e poi mi fece cenno di entrare.
"Sei venuto a scusarti?" mi chiese mentre camminavamo, durante tutto il tragitto dara direttive alla gente che la circondava, era di una risolutezza unica, come se fosse nel suo ambiente naturale.
Il mio orgoglio parlò per me "dipende." dissi "hai già un nuovo direttore artistico?"
"parliamone sulla terrazza."
Era il primo pomeriggio, si stava già facendo tardi. Dalla terrazza dell'edificio si vedevano tutti i tetti di milioni di case a schiera.
Ci sedemmo in un salottino sotto un gazebo di Legno.
"Saró sincero, in grande parte sono qui per altri motivi, ma mi serve anche troppo questo lavoro."
Bonheur ascoltò tutto attentamente, da vera dama aspettava sempre che la gente finisse di parlare prima di dare il suo imput
"anche se il mio 'ego' mi manda fuori strada... Mi dispiace Bonheur, sono stato ingiusto con te."
Bonheur sospirò e bevve il suo caffè tutto d'un sorso, posò la tazzina e si alzò per sedersi accanto a me. Mi guardò negli occhi e mi prese per il mento.
"Probabilmente proverò rancore verso di te per molto altro tempo ma puoi tornare a lavorare con me anche subito visto che sei qui." mi disse " ora alzati."
Feci come mi disse e mi beccai uno schiaffo bello forte, anche se doloroso era meritato. Con il suo parlato dolce e pacato Bonheur continuó." dovrai lavorare con Tera, la costumista, e se fai lo stronzo ancora una volta ti rovino la vita."
Mi accarezzai la guancia mentre scendemmo le scale, Bonheur mi prese per il polso. "Ho una piccola sorpresa per te, anche se non te la meriti."
Andammo alla porta di ingresso, una volta aperta vidi una figura che poggiava sul corrimano delle scale.
Pelle bruna, capelli lunghi, marroncini. Si voltó verso di noi, aveva gli occhi dolci e leggermente lucidi, un sorriso che poteva farmi sciogliere da un momento all'altro, un abbraccio sincero, un bacio che avrebbe potuto darmi vita nuova.
Vincent.
Cercai di non scivolare in mezzo alle scale e mi scaraventai tra le sue braccia, neanche mille parole potrebbero descrivere la gioia che provai in quel momento, neanche la neve avrebbe potuto farmi sentire freddo se ero con lui.
"sei bellissimo." mi disse prima di prendermi il volto e affondami di baci.

GeorgeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora