Capitolo 1

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L'aria dell'estate si poteva ancora percepire. Tutto era tranquillo nella piccola cittadina di Clockud.  Il giovane Adam aveva passato tutta l'estate chiuso in camera sua, a differenza dei suoi coetanei non era per niente entusiasta dell'inizio della scuola. Da quando era morta la madre, la sua vita era cambiata, si era chiuso in se stesso. Passava intere giornate a leggere libri sugli orologi, questo lo faceva sentire vicino a lei. A volte durante la notte stringeva forte a sé l'orologio da taschino che gli aveva regalato.
Più i giorni passavano più l'ansia in Adam saliva, l'inizio della scuola era ormai alle porte e lui non aveva rivolto parola neanche al suo amico Juan. Nonostante lui aveva provato a chiamarlo fino al giorno prima dell'inizio della scuola.


Aveva passato tutta la notte sveglio a pensare come sarebbe stato il primo giorno di scuola, l'idea che tutti lo avrebbero trattato diversamente lo divorava, non gli era mai piaciuto stare al centro dell'attenzione.
Stranamente la notte era trascorsa velocemente, quando posò gli occhi sulla sveglia posta sul comodino erano le sette in punto.
"Cavolo devo sbrigarmi o finirò per fare tardi", pensava mentre lanciava in aria le coperte e correva in bagno a lavarsi.
Si fermò di colpo di fronte alla scrivania, aprì un cassetto, dove all'interno c'era l'orologio da taschino. Prima di addormentarsi Adam era solito porre l'orologio sul letto e iniziare a fissarlo intensamente, si era convinto che c'era un grande mistero dietro a quell'oggetto, lo aveva osservato così allungo che conosceva ogni più piccolo segno di imperfezione.
Con sopra inciso una torre, lo prese in mano e iniziò a tremare, quasi gli mancava il respiro. Lo aprì, si accorse che si era mosso rispetto alla sera prima mettendogli   una grande curiosità.
«Sbrigati Adam! farai tardi anche oggi.» gridava intanto suo padre Peter dal piano di sotto
«Arrivo papà.» ribatté urlando.
Non capiva come era possibile, più si chiedeva come aveva fatto, più la voglia di smontarlo lo assaliva, la paura di romperlo era troppa. Dopo averlo girato in mano per un po', decise allora di metterlo in tasca e di scendere a fare colazione.
Mentre scendeva le scale notò che aveva il respiro piuttosto lento e affannato, si fermò sulle scale e tutto d'un tratto la sua mente si svuotò, il padre nel vederlo lì fermò si preoccupo e cerco di richiamare la sua attenzione.
«Sei di nuovo rimasto tutta la notte sveglio a leggere quel libro sugli orologi?»
Adam rimase in silenzio, per qualche strano motivo era come se per un attimo tutto si fosse fermato anche lui, in più non aveva detto nulla al padre dell'orologio, anche se avrebbe tanto voluto chiedergli tante cose e raccontargli come si sentiva.
Suo padre era un uomo alto dall'aspetto ben curato, due occhi neri molto penetranti e le labbra carnose, indossava sempre una giacca antica.
Tutto il contrario di Adam che aveva ripreso dalla mamma, aveva il corpo esile, gli occhi di un blu molto intenso, il naso un po' a patata le guance rosse che spiccavano con la carnagione chiara, i capelli ricci e neri sempre scompigliati.
«Mi stai ascoltando Adam?»
«Si papà, scusami. Ma adesso devo proprio andare.»
«Mah.... i ragazzi di oggi.»
Mise lo zaino in spalla e chiuse la porta dietro di lui.
Si fermò davanti alla porta gli veniva da piangere ma sentiva che non poteva doveva essere forte anche per suo padre.

Rimasto solo, Peter andò in salone e si mise a guardare attentamente la foto di famiglia. Ogni volta che lo faceva sentiva salire un nodo alla gola.

Completamente assorto nei suoi pensieri, Adam pensava e ripensava alle ultime parole dette dalla madre "tre passi avanti, tre passi indietro".
Nel quartiere dove viveva Adam tutti avevano saputo della morte di Mary Bellow, in un primo momento il quartiere aveva mostrato volontà nel voler aiutare Peter e suo figlio ma con il passare dei giorni le cose cambiarono e iniziarono tutti ad avere un atteggiamento dispregiativo nei loro confronti.
Mentre camminava per il quartiere sentiva le voci delle persone che dicevano
«Povero ragazzo, come fare senza l'amore della sua mamma.»
Nell'udire quelle parole Adam si strinse la mano sul petto ed aumentò il passo.
"Le persone non capiscono proprio nulla. Dove ero rimasto."

«Devo scoprire a tutti i costi cosa voleva dire.» disse alzando il tono di voce.
Arrivo davanti un edificio piuttosto grande era la Cloukud School, la scuola del quartiere.
Sì addentro in quello che sembrava un ospedale più che una scuola per quante aule aveva e per via delle finestre con le sbarre che dava un tocco horror a tutto l'insieme.
Cercò di non dare troppo nell'occhio, camminò con la testa bassa, quando la alzò vide in lontananza un ragazzo, più alto di lui, con una camicia bianca e un paio di jeans neri. Se ne stava pensieroso accanto a un muretto.
Era Juan il suo amico, non lo aveva visto tutta l'estate.
Non era sicuro di volerlo raggiungere, si era convinto che nessuno poteva capirlo. Ma alla fine si fece coraggio e si avviò verso di lui.
«Ciao Juan, come stai? Sono felice di rivederti»
«Ciao, sto bene. Piuttosto tu come stai? Non ti sei più fatto sentire.»
«Lo so, mi dispiace. Tu come hai passato l'estate?»
«Capisco, sono stato nella casa a lago con la mia famiglia, la prossima volta dovresti venire anche tu.»
«Certo.»
«Sembri strano, cosa ti frulla per la testa.»
«A te non posso nascondere nulla, credo di avere un mistero fra le mani.»
«Sei ancora a caccia di misteri?»
«Si, questo è davvero molto strano, dopo scuola ti faccio vedere.»
I due entrarono nell'edificio.

L'aula era piuttosto grande anche se le grate alle finestre la rendevano piuttosto cupa. Il professore di storia cercava di richiamare a sé l'attenzione dei ragazzi, nessuno però gli dava retta, prese un libro e lo sbatté con forza sulla cattedra. In un attimo ci fu subito silenzio, tutti di colpo si fermarono e si misero composti.
L'ora passò molto in fretta, Adam fremeva dalla voglia di andare dietro la scuola e mostrare a Juan quello che aveva scoperto.
Quando la campanella suonò tutti si alzarono di corsa e scattarono come molle fuori dalla classe.
In un attimo i corridoi furono invasi dai ragazzi, Adam e Juan si avviarono a passo svelto verso il piazzale della scuola sperando che non ci fosse nessuno.

Adam guardava attentamente ogni punto del piazzale   per essere sicuro che non ci fosse nessuno, dopo un respiro profondo mise la mano in tasca, tirò fuori un orologio e lo mostrò all'amico. La luce del sole lo faceva brillare ancora di più.
«È davvero molto bello.»
«Vero, lo osservato allungo cercando qualcosa che non quadrasse, a parte la torre incisa e la doppia rondella che sembra renderlo unico. Leggendo il mio libro sugli orologi non ho trovato nulla riguardo la seconda rondella. Parla solo del meccanismo della rondella principale che come per tutti serve a impostare l'ora. Non le ho ancora provate.»
«Davvero, sembra fantastico. Perché non ci provi adesso, a vedere che succede qualcosa se tocchi la seconda rondella?»
Adam era molto curioso di scoprire come funzionava, ma aveva anche paura di danneggiarlo. Quell'oggetto aveva un significato particolare per lui in quanto era l'ultimo dono fattogli dalla madre prima di morire. Dopo qualche minuto di esitazione, con la mano che tremava prese la rondella con due dita e la girò tre volte in senso antiorario. L'aria si fece a un tratto più secca. Il vento sembrò invadere Adam che si guardò intorno smarrito, gli sembrò per un attimo di non riconoscere il posto.
«Davvero, sembra fantastico. Perché non ci provi adesso, a vedere che succede se tocchi la seconda rondella?»
«Cosa? Ma l'ho appena fatto.»
«Ma che dici, non l'hai ancora nemmeno toccato»
Adam era ancora più confuso, qualcosa era successo, ne aveva la certezza. Per qualche strano motivo le parole di Juan glielo confermava.
Fisso l'orologio cercando risposte, gli passo per la testa la vecchia scacchiera del nonno per qualche strano motivo la torre incisa sull'orologio adesso gliela ricordava. "Devo indagare" pensò.

I due amici si salutarono prendendo due strade diverse. Mentre Adam tornava a casa ripensava a quello che era successo, che cos'era quella sensazione che aveva provato, come se ad un tratto non fosse più in grado di riconoscere il luogo in cui si trovava. Arrivato a casa si sedette sul divano, iniziò a guardare pensieroso l'orologio. "Che cosa nascondi?" pensava tra sè e sè. Sentì arrivare il padre che dopo aver buttato la giacca sulla poltrona gli si sedette accanto e con aria malinconica disse:
«So che ti manca, manca tanto anche a me.»
Adam restò in silenzio, il padre vedendolo visibilmente turbato decise di cambiare argomento. Tra i due non c'era più il rapporto di una volta, la morte di Mary li aveva segnati più di quanto loro fossero disposti ad ammettere a se stessi.
«Che ne dici di mangiare qualcosa.»
«D'accordo papà.»
I due iniziarono a mangiare tranquillamente senza toccare più l'argomento.

L'aria si era fatta secca, improvvisamente di fronte alla finestra comparve un uomo con un cappotto nero che osservava attentamente Adam e Peter. Tirò fuori dalla tasca un orologio da taschino con inciso una rosa.

Febbraio 1979

Mary guardava attentamente il disegno di un orologio da taschino appeso al muro in salotto. Lo aveva fatto suo padre, aveva una passione per gli orologi sin da piccolo. Iniziò per hobby ad imparare come aggiustarli, passando intere giornate, alla fine diventò il suo mestiere. Era così bravo da essere apprezzato non solo a Clockud ma anche nei paesi limitrofi.
Aveva un piccolo negozio in un quartiere che stava nascendo da poco, Mary amava stare con lui a vederlo mentre aggiustava i "suoi" orologi.

Quel giorno decise di andare un po' più tardi, mentre si avviava percepì che l'aria si stava facendo sempre più secca.
Arrivata davanti al negozio vide che era chiuso, gli sembrò strano, ma poi gli venne in mente il progetto del padre.
«Starà ancora lavorando a quel progetto» disse ridendo.
Mentre andava sul retro vide che la porta era aperta, iniziò a preoccuparsi.
«Non è da papà lasciare la porta aperta.»
Quando entrò gli mancò il respiro il laboratorio era sottosopra. Fece due passi indietro, ma sentì una presenza dietro di lei e si fermò. Si girò lentamente, davanti a lei c'era un uomo con un cappotto nero e una maschera, era completamente liscia aveva solo due fori per gli occhi.
Mary rimase immobile, paralizzata dalla paura.
«Dove tuo padre?» disse l'uomo con una voce metallica.
«Io... io non lo so.» rispose con  voce tremolante.
I due scomparvero improvvisamente nel nulla.

"Il tempo è solo un concetto, siamo noi a dargli una forma."

Il mistero dell'orologio (revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora