Capitolo 6.

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One Republic - Apologize


"Caro James,

Finalmente ho scoperto che i distruttori della nostra persona siamo noi stessi. Vedi, se consideriamo un'azione,bella o brutta che sia, ci saranno sempre delle conseguenze. Siamo succubi delle nostre scelte. Siamo succubi di noi stessi. Il che, non risolve il mio stato d'animo, né lo allieva. É solo colpa mia se provo qualcosa per Jace, o se tutti sono preoccupati per me.

Io sono un disastro, James. E l'ho capito solo ora. Ora che forse ho perso la persona che più amo solo perché sono stata io a mandarla via. Ora che non merito di stare in questa vita, io non merito niente. Quando l'ho visto li, di fronte ai miei occhi, il cuore ha incominciato a battere così forte che per un momento ho pensato potesse uscire fuori dal petto. Ho pensato che finalmente ero riuscita a trovare un posto nel mondo. Ma poi il dolore era tornato come un'ondata d'acqua salata e non ho potuto non sentirmi sbagliata.

Io lo amo, perché non si può smettere di amare una persona da un giorno all'altro. Si può smettere di divertirsi, o di comprare scarpe costose. Amare é come respirare, non potevo farne a meno ora che sapevo come si facesse.

Ma lui mi aveva lasciato senza dire niente. Gli addii erano la cosa più difficile del mondo, ma quello era stato troppo.

Io.. Non sapevo che pensare. Non mi amava abbastanza? Speravo di avere avuto amore a sufficienza per entrambi, forse non era bastato.

Almeno so che tu ci sarai sempre per me,no?"

Lasciai cadere la testa contro la porta. Chiusi gli occhi inspirando profondamente, per poi buttare via tutta l'aria. Uscire da quella stanza avrebbe significato incontrare Jace, o almeno in fondo speravo fosse rimasto. Da una parte volevo ascoltare tutte le spiegazioni che mi avrebbe dato, spinte anche e sopratutto dal desiderio di vederlo, dall'altra volevo rimanere ad affogare nei miei pensieri seduta contro la porta, le gambe strette al petto.

-Non si può raggirare il futuro-. Sussurrai sospirando. Presi il diario in mano e prima di dirigermi in bagno, lo posai sull'amaca. Misi dei semplici jeans e una felpa verde, ma guardando il mio riflesso allo specchio non riuscii a non sentirmi sbagliata per la seconda volta. L'amore è qualcosa di pericoloso, di rischioso, perché in quel momento mi stava uccidendo.

Mi versai un po' di succo d'ananas nel bicchiere, quando arrivai in cucina. Quel ventisei Dicembre la mia voglia di fare qualcosa era tarata zero, e ringraziai mentalmente mia madre per non aver esagerato con le decorazioni, perché mi avrebbero solo fatta chiudere in camera. Volevo distrarmi, dimostrare che non ero asociale come credevano, così mi diressi in salotto a vedere un po' di televisione.

Seduto sul divano in tutta la sua magnificenza, vidi Jace di spalle, che probabilmente guardava qualcosa fuori nel giardino. Mi bloccai, cercando di mantenere il controllo.

La sua presenza è irrilevante, mi ripetevo. Era così surreale la sua figura ferma lì, ma di più il fatto che volevo stargli lontana. Il che, era piuttosto strano in quanto ero ipoteticamente la sua ragazza. Ipoteticamente.

Prendendo in considerazione il fatto che in quella stanza c'era solo un divano, mi dovetti sedere insieme a lui, ma a debita distanza. Presi il telecomando e incominciai a cercare un programma decente che rispecchiasse il mio stato d'animo. Sentivo il suo sguardo profondo e sicuro bruciarmi la pelle, ma mantenni costante la mia attenzione alla TV. Trasmettevano Romeo & Giulietta.

-È incredibilmente affascinante come l'amore possa portare a scelte,come dire, estreme-. Ammise con un sorrisetto dopo un teso silenzio. Aveva allungato le gambe, e disteso le braccia, arrivando con la mano ad attorcigliare una ciocca dei miei capelli.

-Infatti. Ma sai, loro si amano. Non che tu sappia cosa sia,ovviamente-. Ribattei dando uno schiaffettto alla sua mano, continuando a guardare il film. Giulietta si stava per uccidere, pronta a non vivere più senza il suo amato. Ero riuscita a cacciare quel sorrisetto furbo dalla sua faccia, e per questo mi sentii soddisfatta. Jace si fece serio, avvicinandosi un po', ma mi alzai subito in piedi,scoppiando.

-Clary, io...-.

-Cosa? Pensavi che tornando ti avrei accolta a braccia aperte come se tu non te ne fossi mai andato senza dire nulla?-. Dissi indicando la porta, per poi lasciar cadere le braccia lungo i fianchi. -Mi sa che allora non hai capito proprio niente di me-. Aggiunsi per poi andarmene in camera, senza lasciargli il tempo di ribattere. Sentivo che mi stava seguendo, sentivo i suoi passi. Quando feci per sbattere la porta, mise il piede in modo tale da non rimanere fuori, ed entrò chiudendola.

-Lasciami spiegare, ascoltami solo per un secondo!-. Disse cercando di avvicinarsi, ma ad ogni passo in avanti io ne facevo un indietro. Annuii incrociando le braccia al petto.

-Portarti con me avrebbe significato rischiare di farti del male, perchè hanno attaccato alcuni dei nostri. Clary, non potevo rischiare di rallentare le ricerche,se tu ti saresti fatta male io...-.

-Dio Jace, ma ti senti? Parli come se fossi una stupida ragazzina indifesa! Tu mi hai addestrato ad affrontare queste cose per settimane, perché io credevo nelle tue parole, e ora mi vieni a dire che vi avrei rallentati?-. Gridai arrabbiata come non mai. -Oh grazie tante, davvero! Le tue erano solo parole per limonare, giusto? Idiota io che ci sono cascata!-. Gridai ancora più frustrata, mi ero avvicinata senza accorgermene. Sentii il mio stomaco più leggero, come se mi fossi liberata di un peso enorme. Improvvisamente il suo sguardo si fece cupo e strinse la mascella. Fece un passo avanti e mi strinse il polso troppo velocemente. I suoi occhi erano sui miei e sentivo il suo respiro sulla mia pelle. Passarono alcuni secondi prima che prendesse parola, nel frattempo misi tutta me stessa per non annullare quella distanza.

-Non dire mai che ti ho usata. Non lo devi nemmeno pensare-. la sua voce rauca mi risuonò nelle orecchie come una melodia. La mia rabbia verso di lui stava andando a dissolversi, le sue labbra erano come una calamita.

-Lasciarti è stata la cosa più difficile di questo mondo, Clary. Dio sa quante volte ho cercato il tuo sguardo tra tutte le persone, ogni giorno, sperando di trovarti a ridere o ad osservarmi. Solo che lasciarti in quel modo mi era sembrata la cosa meno dolorosa, anche se è stato peggio per entrambi-. Aggiunse per poi liberarmi il polso. Le lacrime incominciarono a scendere come un uragano e la rabbia si era trasformata in stanchezza e afflizione. Non avevo più la forza di gridare.

-Tu hai la minima idea invece di cosa ho provato io in questa settimana? Ho - ho provato l'inferno, Jace. Non è stato solo 'peggio'. Mi sono sentita senza vita, ho pensato che non ne valesse più la pena, capisci? Ho pensato che non sono stata abbastanza, ho pensato che non ero riuscita a dimostrarti quanto ti amassi. Ho pensato di aver fallito, ancora una volta. Mi sentivo una carcassa, un peso, un nulla. Ho pensato...-. Scossi la testa chiudendo gli occhi ormai fiocchi di lacrime. Feci un respiro profondo, e cercai il suo sguardo.

-Senti, io non so a cosa tu creda o no, ma non c'è stato attimo in cui tu non mi sia mancato. Io stavo morendo dentro, Jace. Tu mi sei mancato da morire,letteralmente, capisci?-. Aggiunsi. Cercavo nei suoi occhi un qualcosa che mi facesse capire cosa stesse provando. Ma Jace rimase fermo a fissare un punto indistinto, non disse niente. Niente.

-Bene-. Alzai le spalle facendo sbattere le braccia lungo i fianchi. Le lacrime continuarono a scendere.

-Penso la discussione sia conclusa-. Detto ciò, incominciai a dirigermi verso Il corridoio. Sarei uscita a prendere aria fresca nella speranza che le lacrime avrebbero smesso di fare il loro stupidissimo lavoro.

Prima di scendere le scale, sentii qualcosa che mi tirava indietro. Mi ritrovai le sue labbra premute sulle mie, disperate e avide. Poggiò la sua fronte sulla mia, per poi guardarmi negli occhi.

-Anche tu mi sei mancata da morire, amore-.

Cademon's fell - Phoenix's cindersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora