Faccio un giro a New York - Kathrine

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Primo giorno sulla strada, era stata una scelta a lungo meditata, avevo lasciato la mia casa, o meglio la casa di mia mamma e del suo nuovo marito... Avevo 3 anni quando mia mamma aveva deciso di sposarsi e ora dopo dodici di convivenza con Bob, il mio patrigno, avevo deciso di andarmene.

Il mio vero padre non l'ho mai conosciuto, "era così affascinante e attraente, così misterioso" questo mi diceva mia mamma di lui quando provavo a parlarne... Insomma era stata una semplice avventura romantica, probabilmente erano stati colpiti da una freccia di Eros ecco come sono venuta al mondo.

Ma il rapporto con mia mamma era sempre andato bene fino all'arrivo delle mie due adorate sorellastre.

Due gemelle bionde con gli occhi azzurri, sempre molto delicate e raffinate, brave a scuola e sempre a fare la spia su ciò che facevo.

Non avevo nulla in comune con loro oltre agli occhi azzurri, i miei capelli erano castani, ero sempre stata brava a mettermi nei guai e i miei voti a scuola erano un disastro, anche dovuto al mio deficit dell'attenzione e alla mia iperattività.

Mi divertivo a fare scherzi a volte forse un po' troppo pesanti, ma non è colpa mia se le persone che mi circondano non hanno un minimo di senso dell'umorismo.

Poi sono iniziate le mie piccole prese in prestito, all'inizio erano cose banali, come merendine e giocattoli, poi man mano aumentavo il valore degli oggetti da prendere e anche il rischio.

Mi divertivo ad entrare nei negozi e sgraffignare ciò che mi piaceva, ero piuttosto brava e poche volte sono stata scoperta.

Un giorno presi l'mp3 di un mio compagno di scuola, arrivata a casa feci lo sbaglio di usarlo mentre c'erano le mie sorelle. La sera stessa lo riferirono alla mamma e a Bob, ho dovuto riportare l'mp3 al vecchio proprietario e mi misero in punizione per un mese intero. Non potevo uscire, ma la sera sgattaiolavo fuori dalla finestra e giravo per il quartiere.

Sempre più spesso le mie sorelle si immischiavano nei miei "affari" e quando per vendetta gli tinsi i capelli di blu non la passai per niente liscia.

Proprio per questo colsi l'occasione di andarmene di casa. Come ogni mattina uscii per andare a scuola, ma non ci arrivai mai.

Presi la strada opposta, fino ad arrivare a New York, amavo quella città. I grattacieli altissimi, i carretti degli hot dog, i marciapiedi e le strade affollate!

Al posto dei libri nello zaino avevo messo provviste e una tenda da campeggio, dei vestiti più pesanti per la notte e qualche dolcetto da mangiare durante il viaggio, e qualche banconota, in caso non avessi avuto l'occasione per prendere le cose gratis.

L'Empire State Building dall'alto sembrava controllare tutta la città, più di una volta mi era sembrato di vedere del movimento in cima, ma quando provavo a dirlo a qualcuno mi dicevano che avevo le allucinazioni, forse è anche vero, una volta vidi un cavallo nero volare!

Avevo qualche ora prima che mia mamma e Bob si sarebbero accorti del mio allontanamento, avevo lasciato anche un biglietto sulla scrivania, per spiegare i miei motivi.

Non mi sento accettata in questa casa, ho bisogno di vivere la mia vita, io non posso cambiare, ho deciso di allontanarmi per un po' di tempo, non so se un giorno tornerò qui. Non cercatemi, non cambio idea.

Questo è quello che ho lasciato scritto.

Prima di partire mi ero accordata con un mio amico, una delle poche persone  che stava ai miei scherzi, la notte l'avrei passata da lui, ma solo quella, non ci avrebbero messo molto a trovarmi lì. Matthew aveva un anno in più di me, frequentava la mia stessa scuola, accidentalmente era diventato vittima di un mio scherzo, avevo messo un petardo in un muffin, sarebbe dovuto esplodere in faccia ad un'ochetta della scuola, una barbie in persona. Ma Matthew la aveva superata nella fila alla mensa e quindi il bomba-muffin era capitato a lui. Io che da lontano ammiravo il mio operato appena vidi l'errore di vittima cercai di fermarlo, ma arrivai troppo tardi. Il muffin esplose e le gocce di cioccolato finirono sulla sua faccia e sulla mia dato che ormai gli ero arrivata davanti.

-Scusa! Non eri tu la mia vittima!- mi affrettai a dire.

Lui prese una delle gocce di cioccolato dalla mia faccia e se la mise in bocca -Sono sicuro che questo sia l'esplosivo più buono che possa esserci- e scoppiammo a ridere.

Era il mio migliore amico e anche il complice di alcuni dei miei scherzi, solo che finiva sempre per farsi beccare.

Il luogo di incontro prestabilito era una panchina a Central Park, non dovetti nemmeno aspettarlo, notai subito la sua cresta castana e il suo giubbino nero in pelle.

-Katy! La mia ribelle! Vedo che sei riuscita a venire senza farti trovare- mi disse porgendomi una patatina fritta.

-Ormai dovresti conoscermi, Matt, sono un asso in questo campo!- presi dallo zaino due lattine di Diet Coke.

Rimanemmo su quella panchina mangiando patatine e Diet Coke a parlare per una decina di minuti.

-Kathrine....- non mi chiamava mai con il mio nome completo, io per lui ero Kat o Katy -Dove hai intenzione di andare?- era serio, non era il solito Matthew.

-Non lo so ancora...- mi spostai una ciocca di cappelli dalla faccia -Sai bene che a casa non posso tornare-

-Questo è vero, ma non puoi girare così per la città, da sola poi, so che te la sai cavare... Ma.... Non ci vedremo più così spesso...-

-Potresti venire con me!- proposi.

-Non scherzare... Sai bene che mia mamma....- smise di parlare -Cosa è tutto questo frastuono?-

Ci voltammo.

All'inizio pensai fosse una delle mie solite allucinazioni, ma quando guardai la faccia di Matthew capì che quella cosa che avevamo davanti era reale.

Difronte a noi avevamo un essere indeterminabile, aveva delle ali, degli artigli al posto delle dita e.... Impugnava una frusta infuocata?

-Matt...- gli presi un braccio -Forse dovremmo andare...-

-Come ha fatto a trovarmi? E poi perché anche tu la vedi?- lo guardai confusa -Non possiamo fuggire, devo combattere-

Mi stavo per mettere a ridere, ma rividi la frusta che teneva l'essere. -Non scherzare-

-Mai stato più serio- dalla tasca del giubbino prese un coltellino svizzero, ma quando lo aprì nella sua mano c'era una spada.

Feci un passo indietro -Cosa sta succedendo? Matt perché  impugni una spada?-

-Kat allontanati!- Matt stava menando fendetti all'essere e schivando la sua frusta che sembrava essersi allungata.

Per schivare un colpo Matthew si buttò a terra perdendo la spada, l'essere alzò la frusta pronta a colpire quando si dissolse gridando. Corsi vicino a Matt, dove prima c'era l'essere adesso c'era una ragazza alta e muscolosa, con i capelli castani a spaghetto, gli anfibi e una giacca mimetica. Ah e alle mani aveva una lancia elettrica ed uno scudo. Cosa abbastanza normale.

-Tutto bene Matt?- Chiese la ragazza solo dopo avermi incenerito con lo sguardo.

-Certo sorellina! Avevo la situazione sotto controllo-

-Sorellina?- ero piuttosto confusa -Potete spiegarmi cosa sta succedendo?-

-Vedi Kat...- iniziò Matt a spiegare prima di essere interrotto dalla ragazza mimetica

-Allora... 1. sei una semidea, 2. anche noi siamo semidei, figli di Ares, 3. quella era una benevola, non ho idea del motivo per cui vi stesse cercando, ma è meglio andare al Campo- si voltò e iniziò ad allontanarsi.

Lo ammetto ero ancora più confusa. -Sta scherzando vero?- chiesi a Matt mentre lo aiutavo a rialzarsi.

-No- si passò una mano fra i capelli -A quanto pare abbiamo più cose in comune di quanto pensassi! A proposito, lei è mia sorella Clarisse, può sembrare aggressiva, ma dopotutto è innocua, o quasi...- scoppiò a ridere.

-Se non volete incontrare le sorelle di quella cosa è meglio che vi spicciate!- ci urlò Clarisse, allora iniziammo a seguirla

La figlia di HermesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora