ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ ᴛʀᴇMi aveva trovata. Sapeva dove abitavo ed io non avevo preso nessuna precauzione per allontanarlo da questo posto...
«No mamma, non aprire la porta!»
La mia mano schiaffeggiò con violenza quella di mia madre, che era appoggiata sulla maniglia della porta.
«Ma che cosa ti prende?» Sbottò con il viso rosso dalla rabbia visto che non riusciva a capire per quale motivo mi comportassi in questo modo.
Feci un respiro profondo, gli dovevo una spiegazione, non potevo continuare a vivere nella paura senza dirglielo, dovevo essere aiutata.
«Ascolta mamma, vai a prendere il telefono e chiama la polizia.»
Parlai con una calma inquietante, volevo farle capire che era tutt'altro che uno scherzo, ero seria, doveva fidarsi di me su questo. Le avrei spiegato una volta che tutto fosse tornato alla normalità, ma per ora dovevo proteggere la mia famiglia da quel psicopatico.
All'improvviso mia madre iniziò a ridere. Si avvicinò a me e mi spintonò leggermente, per raggiungere la porta.
«Nari, è solamente il tagliasiepi.»
Mi informò prima di spalancare la porta.Indietreggiai e i miei occhi fissarono la porta dove si trovava un minuto signore, invecchiato con il tempo, i suoi capelli erano di un grigio quasi lucido, la sua grande pancia sembrava quella di un fornaio caduto nella sua busta di lievito.
Un grande sollievo venne su di me quando capii che sarei stata in grado di vivere un po' più a lungo. Mi sentivo così stupida che preferii lasciare questa stanza prima che mia madre mi mandasse a quel paese.
Salutai timidamente l'anziano e mi incamminai verso il bagno per lavarmi la faccia. Lo stress mi stava facendo dei brutti scherzi. Sembravo essere diventata paranoica ... Ma come non diventarlo quando all'improvviso uno squilibrato comincia a seguirti? Forse era per via del liquido che aveva iniettato? Dovevo ricordarmi di cosa si trattava, per poter fare ricerche. Forse era tossico, probabilmente stavo rischiando di morire... Morire, morire, morire... Avevo in mente solo questa parola... stavo per morire...
Stavo per morire? Sì...
Mi guardai attentamente allo specchio. Goccioline d'acqua cadevano e scivolavano sul mio viso, stanco per i tanti incubi della notte prima. Mi fissavo dritto negli occhi, di fronte al mio riflesso, vedevo solo debolezza e paura. I miei occhi finalmente lasciarono il posto al mio riflesso, le mie mani afferrarono il lavandino e un groppo in gola si formò. Volevo scoppiare in lacrime. Avevo voglia di crollare a terra e urlare tutta la paura che stava ribollendo dentro di me. Mi stavo trattenendo, ma anche le lacrime cedettero e si mischiarono con le goccioline d'acqua.
Rimasi in bagno dieci minuti, il tempo per calmarmi. Una volta rilassata, mi legai i capelli in una coda di cavallo e tornai nella mia stanza.
Il fine settimana era ovviamente finito in silenzio, ma la paura non mi aveva mai abbandonato, nemmeno di notte.
...
Lunedì, alle otto, mi avvicinai a Jennie seduta su una delle panchine che fiancheggiavano la grande finestra. Misi lo zaino sulle ginocchia e l'avvolsi tra le mie braccia come un orsacchiotto.«Mi sono successe cose strane ultimamente.»
Le dissi. Mi guardò, pronta ad ascoltare la mia storia.«Venerdì sera, un pazzo mi ha molestato mentre andavo a fare la spesa. Mi ha inseguita per tutto il supermercato e fino alla fermata dell'autobus dove sono riuscita a seminarlo. È da settimane se non mesi che continua a inseguirmi e non so più che fare»
Rimase in silenzio. La sua bocca era aperta ma non usciva alcun suono.
«So che sembra pazzesco, ma devi credermi...» Le dissi cominciando ad agitarmi.
«Nari ti credo, ma non hai provato a sporgere denuncia?» Domandò provando a tranquillizzarmi.
«No, non so se dovrei. È uno squlibrato che vuole i miei soldi e se lo denunciassi non li rivedrei più, questo è certo.»
Mentivo. Sapevo benissimo che non voleva i miei soldi. Mi voleva. E sembrava che non avesse bisogno di soldi, a primo impatto mi era sembrato una persona benestante.
Continuai a condividere le mie paure, i miei incubi con lei ma quando la campanella suonò entrammo nella nostra classe.
La campana annunciò finalmente la fine della lezione. Ero esausta e volevo dormire. Jennie ed io ci dirigemmo verso l'uscita ma i sussurri fastidiosi di alcuni studenti catturarono la nostra attenzione.
«La polizia?» Chiese strabiliato un ragazzo.
«Perché sono qui?»
Tutti intorno a noi parlavano solo del gruppo delle forze dell'ordine che entrava nel corridoio. Erano armati fino ai denti e indossavano un'uniforme simile a quella dei militari. Camminavano all'unisono, un brivido mi percorse la schiena, perché questa brutta sensazione stava riaffiorando di nuovo?
«Credi che siano qui per arrestare l'insegnante di lettere?» Jennie mi sussurrò piano.
«Perché dovrebbero?»
«Compra la sua biancheria intima su Vinted.»
«Sei seria e come fai a saperlo?» Le domandai stranita.
Mentre continuavamo la nostra ridicola conversazione, il gruppo armato si avvicinò a noi e uno di loro incrociò il mio sguardo e fece un cenno di testa verso di me ai suoi compagni. Questa volta, un groppo si formò nel mio ventre e nella mia gola.
«E mia madre ha visto che era il profilo dell'insegnante e che voleva comprarsi la biancheria intima solo che lei...» Continuò il discorso che non avevo minimamente ascoltato.
«Jennie.» La interruppi, vedendo che il gruppo di uomini avanzava pericolosamente verso di noi. «Jennie, corri. »
Mi guardò senza capire, ma la mia orribile espressione facciale le fece capire che doveva obbedirmi.
Ci voltammo per fuggire ma un uomo che era dietro di noi ci fermò. I suoi occhiali da sole non mi permettevano di vedere i suoi occhi.
«Per favore, seguici, Choi Nari.»
Che diavolo stava succedendo?
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𝗨𝗡𝗗𝗘𝗥 𝗬𝗢𝗨𝗥 𝗖𝗢𝗡𝗧𝗥𝗢𝗟
Fanfiction[ 𝗜𝗡 𝗖𝗢𝗥𝗦𝗢 ] Era una sera d'autunno, Nari era fuori a fare la spesa. Una serata normale. Eppure lui era lì. Quel ragazzo che continuava a perseguitarla da molti mesi. Non le aveva mai parlato, quindi si sentiva lontana da ogni pericolo. Forse...