~From Roots to Needles~

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Terra. Anno 2356.

Una lieve e crescente pulsazione mi attraversa la mente non appena mi avvicino alla struttura. Sbatto le palpebre per mandar via la sensazione e concentrarmi, ma questo non fa altro che intensificarla. La luce della torcia illumina a malapena le escrescenze metalliche che si ergono dal terreno, come centinaia di aghi. I miei movimenti sono lenti e pesanti, ed ogni passo risuona nell'immenso silenzio di quella tomba congelata.
-"Allora, lo hai trovato?", chiede la voce, palpitante e fremente, leggera come quella di una bambina.
-"Credo di sì".
-"Oh cielo... Avanti, dimmi che cosa vedi!".
Punto la torcia verso le pareti di roccia, illuminando le vene metalliche che si fanno strada dalle viscere della terra fino alla superficie.
-"Ci sono dei pezzi di metallo che sbucano dal terreno. Radici, forse? Sembrano estremamente appuntite".
-"Faresti meglio a non toccarle. Cos'altro vedi?".
-"Dei segni sulle pareti. Come scarabocchi di un'era passata, incisi nella roccia. Vuoi dirmi che cos'è questo posto?".
Finalmente la voce risponde alla mia richiesta, ignorata per più di tre giorni di viaggio.
-"Non ne sono sicura, ma... Forse è un Ricettacolo. Uno di quelli vecchi".
-"E che diavolo sarebbe?".
-"Adam, proprio ora?".
-"Se non mi spieghi che cos'è come faccio ad aiutarti?".
-"D'accordo, te la faccio semplice. Generazioni fa scoppiò una guerra. Una delle tante, a dir la verità. Ogni guerra era sempre più violenta e devastante della precedente...".
-"Non è successo più di cento anni fa? Che cosa c'entra tutto questo con la guerra?".
-"Adam, che cosa sappiamo del periodo pre-bellico? Tutto quello che conosciamo sui nostri antenati si basa sulla capacità di memoria delle tecnologie di quei tempi. Schede, dati, artefatti...".
-"... E Ricettacoli, ho capito. Vuoi giocare a fare l'archeologa".
-"Questo non è un gioco!"
-"Mi hai mandato in una tomba senza dirmelo! Sai quanto me ne può fregare se un tizio di un secolo fa ha vissuto con o senza clonazione, servito da un drone o con un impianto cibernetico? A che mi servirebbe?".
-"A continuare a vivere, Adam. A tenere in vita la memoria dei nostri antenati e magari a trovare delle soluzioni per i nostri problemi. Capire i loro errori e cercare di evitarli. Evitare che la storia si ripeti".
Continuo a camminare sulla lastra di roccia, puntando la luce al centro della sala.
-"Stronzate. La storia si ripete sempre. Credi che gli uomini di quel tempo non facessero lo stesso con i loro antenati? Guarda che fine hanno fatto...".
La voce non risponde, come se sapesse che, nel profondo, ho ragione. Se dopo tutti i loro progressi e sviluppi gli umani si sono distrutti a vicenda, non c'è modo per noi di riparare ad errori al di là delle nostre capacità. Come ha detto la ragazza, le nostre conoscenze dipendono dalle macchine, e senza quelle, non siamo niente.
Mi avvicino lentamente verso il centro della sala.
-"Quelle radici di cui ti ho parlato prima... È come se fossero attratte da qualcosa. Sono tutte convogliate al centro del Ricettacolo, ai piedi di quello che sembra un grosso cilindro metallico. Alto più di due metri, con un diametro di circa un metro. C'è un foro perfettamente rotondo che lo attraversa da lato a lato, nella parte superiore. Sai dirmi cos'è?".
-"Dal rapporto che hai appena fatto, sembra un monolite. Un monolite con... Vene metalliche alla base? Adam, questa è la seconda volta in tutta la mia vita che ne incontro uno! L'ultimo è stato più di sette anni fa, nel Caucaso".
-"E che fine ha fatto l'uomo che hai mandato a cercarlo?".
-"Oh, ecco... È sparito".
-"Andiamo bene. Beh, vediamo cosa fa questo affare".
-"No, non toccare n̸̹̅i̴͋͜ẽ̶͕͖̯̠̐͒̆ņ̴̳̜̬̑̉́̕ẗ̶͈͕̦̳͖́̍́̏̿̿͜ȩ̵̝̥͙̃͒̏̂̒̈-̴͚̼̤̝͎̋̅͐͒̈̕͜͠͠-̴̹̺̞̊̋̆́͒͆́͘.....

0̷̧͍̼̇͂̐1̵̙̪͙̅̔́0̷̹̤̺͌̀̍1̵̧̣̯̒̔̌0̸͙̬̠͂͆͑1̶͈̝̱̅̇͋0̵̡̳͙̆́̂0̵͍̪̲̅̐̐ ̷̣̤̫́̈̋0̸̢͎̙͐́̌1̸͚̳̟̂̅̕1̸̳̮̮̎͂̀0̶̞̙́̀̂͜1̸̣̹̄͌̑ͅ0̷̭̼͈͑̔͝0̸̡̦̖̍̍̋1̸̺̥̦̽͛̚ ̷̟̩̥̐̽̽0̸̥̲̞̔̒̕0̵͍̣̫̈͘͠1̸̖̘̲̐̈̾0̷̜̼͗̈́̃ͅ0̷̺̰̺̄̄̂0̴̧̩̌̉͊͜0̴̤̝̳͑̀̑0̶͙̻̗͑̿̐ ̶̪̺̏́͝ͅ0̵̜̙͓̎́̓1̵͕̱͖̔͆̅1̷̻̣̮̍́͌1̸̧͚̮͆̽̈́0̴͕̥̠͂̾̅1̷͕͔̮̑̃̈1̴̜͚͖͗̚͝0̴̧̡̹̈̈́́ ̴̝̖̰͊̎͐0̸̛͇̤̘̃͝1̶̨̣̦̀́̕1̴̭͚̮͗̑̋0̶̤̦͕̐̾́0̵̗̦͆̇͌͜1̶͍̯̮̂̐̐0̵̼̲̞̓̇̑1̷̯͓̮͊̏̕ ̴̙͔̈́͑́͜0̵̨͉̼̈́̓̈́1̵̮͎͙̐͠͠1̷͈̠̤͒̒͊0̸͎̰͖̀̍̆0̷͙̝̓̕͝ͅ1̶͓̤͈͐̋͘0̷͍̣̃̆̅͜0̸̛̭̘̯̓͌ ̷̘̤̲̃̏͒0̴͈͖̙̆͠͝1̸̧̜̝̓̇̔1̷͉͕̟͒͛̿0̸̟̯͈̏̍̀1̴̘̜̞̾̌͝1̴̰̫̣̋̆̊1̵̡̩̳̑̆̽1̷̗̗̟͂͋͆

Non appena la mia mano tocca la superficie del monolite, un impulso elettrico attraversa il mio corpo. Le incisioni sulla roccia vengono inondate da una luce azzurrina, mentre le radici di metallo iniziano a brillare ad intermittenza.
-"Cazzo. Lo hai visto?".
La voce non risponde. Provo a ricontattarla, ma la radio sembra morta. L'impulso deve averla messa fuori uso.
In qualche modo, il monolite si è attivato nel momento in cui la mia mano è entrata in contatto con la sua superficie. Riesco a sentire delle deboli e confuse voci in una lingua a me sconosciuta, ma ovviamente non possono provenire dalla radio. Mi guardo attorno, ma sono solo. Credo.
Il foro sulla parte superiore del monolite ora è illuminato da un fascio di luce azzurra. La luce... Quella luce segue i miei movimenti, anche il più insignificante. Il mio corpo inizia a tremare, mentre la mia mente viaggia per un periodo che definirei infinito, o infinitamente lungo. Voci. Volti. Luoghi. Tutti sparati contro la mia mente e rimbalzati via in un istante. Il monolite emette un ronzio, lento e procedurale, come una macchina che analizza una sostanza. Poi, di colpo, la luce delle incisioni diventa rossa e la sala viene immersa in un fastidioso filtro di sangue. Il ronzio diviene più forte e la terra inizia a tremare. Le radici appuntite cominciano a muoversi lentamente, strisciando verso di me. Dopo ogni mio spostamento, conoscono esattamente la mia posizione all'interno della sala. Cerco di evitarle come posso e mando un imput al mio impianto oculare. La fotocamera nel mio occhio sinistro scatta foto dettagliate al monolite e all'ambiente che lo circonda, così, prima di uscire da quel buco, avrei avuto del materiale da analizzare. Tiro un calcio ad una di quelle radici, ma è estremamente dura e resistente. Decido di lasciar perdere ed allontanarmi, ma proprio mentre sto per andar via, un rumore mi paralizza. Un suono così oscuro e sinistro da farmi restare di sasso. Mi volto e, con gli occhi pieni di orrore, vedo un abominio di luce e metallo calarsi dal soffitto della sala. Un incubo che in pochi possono dire di aver visto. Nessuno vorrebbe mai trovarsi faccia a faccia con una cosa del genere. Il mio braccio va a tentoni alle mie spalle, ma soltanto dopo qualche secondo ricordo di aver lasciato la mia arma sul rover. Inizio a correre verso l'uscita, ma le radici di metallo cercano di ostacolarmi. Sento l'ululato del mostro alle mie spalle. Sento la roccia che viene pestata dai suoi freddi arti meccanici. Corro senza voltarmi, lasciandomi alle spalle quella tomba perduta. La luce del giorno inizia ad affiorare in lontananza. L'aria torna a poco a poco a farsi respirabile. I passi alle mie spalle si fanno sempre più vicini e provengono da angolazioni differenti. Non sono più soltanto sul pavimento, ma anche sulle pareti e sul soffitto. Vedo la porta e prego con tutto me stesso di riuscire a raggiungerla in tempo. Inizio già a sentire l'odore del sangue e del sodio alle mie spalle. Con un ultimo scatto, costringo le mie gambe a correre ancora più veloci, ancora per qualche secondo, e quando arrivo a qualche metro dalla porta, salto. Mi getto in avanti e subito mi rialzo per afferrare la leva. Immediatamente, la porta si richiude, lasciandomi vedere solo per un istante, centinaia di punti rossi nel buio di quella galleria. Subito dopo la chiusura, si sentono innumerevoli colpi abbattersi sulla spessa superficie metallica.
-"Niente cavi né circuiti. Chiusura manuale, stronzi!".
In era pre-bellica quello doveva essere una sorta di bunker anti atomico. Nessun rischio di tecnologia facilmente danneggiabile. Solo fisica e meccanismi.
Sono vivo. Respiro a pieni polmoni e mi getto a terra, stremato. Guardo il cielo, e i miei occhi si perdono nell'infinità che c'è oltre di esso. Non l'avrei mai detto ad alta voce, ma mi sarebbe mancato, nel caso fossi rimasto intrappolato per sempre in quella tomba infernale.
Mi rialzo e mi metto a sedere, asciugando il sudore sulla fronte. Il cuore mi è arrivato in gola, ma almeno posso ancora sentirlo. Provo a ricontattare la ricercatrice, ma la radio non si accende. Completamente andata.
-"Avrei dovuto farmi impiantare un comunicatore neurale invece di questo stupido impianto oculare... Senza radio e con tre giorni di viaggio davanti a me. Ohh, spero davvero che ne sia valsa la pena, Viliana".

Piccolo disclaimer.
Spero innanzitutto che questa nuova storia vi piaccia. È la prima volta che provo a scrivere in prima persona al presente, quindi siate clementi. Buona lettura!

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