È da giorni che sono in viaggio ed i miei occhi sono fissi sul display del rover. Dalla scorsa notte l'indicatore del carburante ha iniziato a muoversi più velocemente del dovuto. Ho fatto i calcoli, come prima di ogni mio viaggio, ed il carburante mi sarebbe anche dovuto avanzare. Ora, più guardo quella lancetta, più mi domando come farò a tornare alla Città. Qualcosa non va. La foresta è silenziosa. Troppo silenziosa. Lo è sempre stata? Non lo so. Non posso saperlo. Volto lo sguardo verso il sedile del passeggero, ma sono solo. La radio è andata. Almeno prima avevo Viliana a farmi compagnia, o l'incessante voce robotica di propaganda, ma ora... L'unica cosa che sento sono i miei pensieri. D'un tratto il veicolo inizia a rallentare, fino a fermarsi quasi del tutto. La strada davanti e dietro di me è deserta. Se avessi bisogno di soccorso, non potrei contattare nessuno. Decido di scendere e controllare. Il davanti del rover sembra apposto, ma non appena mi sposto a controllare il retro, mi rendo conto del problema: una perdita. Come ho fatto a non rendermene conto prima? Forse perché prima non c'era... Il serbatoio era bucato, ed un lungo filo d'olio partiva dal rover fino a perdersi lungo la strada percorsa il giorno precedente.
-"Come ha fatto a bucarsi!? Ho preso un masso senza accorgermene?".
Senza un robot o un computer, tento di fare una stima precisa del danno.
-"Vediamo. Ho percorso circa seicento chilometri da quando sono ripartito, e se la perdita è iniziata durante la notte mi rimane... Poco. Troppo poco per tornare".
Mi siedo sul terreno, con una mano sulla fronte, iniziando a pensare. Per prima cosa, prendo del nastro isolante dalla cassetta degli attrezzi e cerco di coprire alla meglio il foro sul serbatoio. Osservo attentamente e noto che insieme al foro ci sono altri segni. Graffi. O meglio, artigliate. Qualcosa ha sabotato la mia vettura, ma non può essere stato un animale. Cosa può capirci una bestia di motori e macchine?
Mi rialzo una volta tappato il foro, ma mi accorgo di un'altra cosa: la scia d'olio si divide. Una seconda striscia nera ed untuosa parte dal di sotto del veicolo e si spinge nella boscaglia. Rimango inmobile davanti alla scia. Seguirla sarebbe stato come seguire un Incubo, o quello che una volta avrebbero chiamato Diavolo. Ma che scelta mi rimane? Vagare finché non finisco il carburante? Prendo la mia decisione e stacco le chiavi dal quadro del rover. Mi avvio lungo la scia nera ed oleosa che si inoltra tra gli alberi. Non è carburante. È qualcosa di diverso, di pulsante, di vivo...
Inizio a ripensarci. So che è una pessima idea, ma sento che devo farlo. Un vantaggio di avere un impianto oculare, oltre a poter fare letteralmente foto di un preciso istante, e quello di avere a disposizione una sorta di telecamera. L'impianto mi permette di avvertire anche i movimenti più piccoli e lontani. Per ovvi motivi, spero non possa servirmi mai.
Cammino per un bel po', seguendo la scia fresca di olio, finché non giungo ad una piccola pianura. La foresta si dirada e gli alberi lasciano spazio ad un grosso rudere. Un edificio abbandonato da chissà quanto, e la traccia porta direttamente al suo interno. Immortalo il momento, sbalordito.
-"Un edificio pre-bellico... Non immaginavo di trovarne uno qui, nel mezzo del nulla. Ma che cosa sarebbe?".
Mi avvicino e tocco con delicatezza il muro usurato. Ben solido, nonostante il tempo.
Prendo la torcia ed entro, facendo attenzione a dove metto i piedi. Scatto foto ad ogni angolo mentre, seguendo l'olio, mi ritrovo ad osservare una serie di interminabili tubi, contenitori vuoti e grosse vasche di vetro spaccate. Ovunque, qui dentro, c'è muffa ed edera, e la puzza di prodotti chimici è pestilenziale. Le vasche sono ormai secche, ma completamente sporche e macchiate da aloni neri. Nella mia mente risuona un eco lontano. Cerco di sopprimerlo e continuo a camminare, coprendomi il viso con un panno. La scia si arresta di colpo al centro di una grossa stanza, piena di leve e nastri trasportatori. Nient'altro. Ad attendermi, soltanto un singolare e continuo ronzio.
Cerco con la mano dietro la schiena, cercando la mia arma, ma ancora una volta ricordo di averla lasciata nel rover. Impreco mentalmente e mi faccio strada verso il centro della stanza, ma procedendo vicino ai macchinari, con passi piccoli e lenti: quel ronzio era il verso di un Incubo stesso. L'incarnazione del terrore.
-"Non ci casco due volte... Dove ti sei nascosto?".
Inizio a guardarmi intorno, scrutando nel buio, quando i miei occhi si fissano sul centro della stanza: la chiazza di olio si era allargata, anche se di poco, ed ora era diventata una piccola pozza.
-"Bingo!".
Sollevo lo sguardo e lo vedo, appeso al soffitto, come al Ricettacolo. Aspettava che cadessi nella sua trappola per poi stritolarmi col suo corpo di vetro e metallo.
Per qualche motivo, però, non si è ancora accorto di me. Sembra danneggiato. Rallentato. Cieco.
Poi penso.
E se mi avesse seguito per tutto quel tempo attaccato al di sotto del rover? Cerco di togliermi dalla mente quella terrificante idea, ma i conti tornano: il suo corpo è schiacciato, perde olio e non mi è ancora saltato addosso. L'Incubo è vulnerabile.
Non posso di certo andarmene senza far nulla... Cerco qualcosa con cui colpirlo per farlo cadere, ma poi ci ripenso: anche se non può vedermi, non so in che condizioni versa la sua struttura fisica. Ergo, non posso correre rischi.
Mi guardo intorno e mi rendo conto che quella in cui mi trovo è una sala macchine. Cerco il generatore ed incrocio le dita. Con molta fatica, la grossa scatola inizia a scoppiettare e a fumeggiare, ed in pochi secondi la metà dei quadranti si illuminano. Schiaccio tutti i pulsanti, tiro tutte le leve ed inizio a correre tra i tubi colpendoli con la torcia per fare quanto più rumore possibile. Istantaneamente, l'Incubo si attiva e cade giù dal soffitto. Tenta di monitorare lo spazio davanti a sé, ma il suo visore è troppo danneggiato. Inizia a seguire la prima fonte di rumore, poi un'altra, ma ben presto i suoi arti si incrociano, trovandosi costretto a seguire più fonti contemporaneamente. I cavi che partono dalla sua schiena si aggrovigliano attorno alle sue gambe, facendolo cadere ed inciampare. L'essere di vetro e luce si ritrova legato con le sue stesse estremità al grande macchinario tossente fumo.
Sono davanti a lui, in silenzio. Lo vedo mentre scuote il capo ed agita le sue viscere inorganiche. Non sente niente. Vero?
Senza pensarci due volte, corro al generatore e schiaccio il pulsante rosso. Il grande nastro trasportatore inizia a muoversi, spinto a fatica dal vecchio ma inesorabile motore pre-bellico. In una morsa letale, l'Incubo viene trascinato verso gli ingranaggi, e lo osservo mentre viene fatto a pezzi. L'olio e le scintille schizzano sul mio volto, mentre gli ultimi spasmi di energia corrono attraverso le pareti del suo vetro. La luce abbandona il suo corpo.
Non rimane altro che un guscio vuoto.
Mi sento... triste.
Triste cone se avessi stroncato una vera vita. Il suo "sangue" continua a scorrere sugli ingranaggi ossidati. I suoi "occhi" cadono a pezzi, ormai privi del loro istinto assassino.
Faccio un bel respiro e mi rimbocco le maniche. Avrei dovuto staccarlo da lì e portare il suo corpo al rover. O almeno, quello che ne resta.
Non so con esattezza che cosa sia un Incubo, se un vecchio prototipo difettoso, se un essere privo di autocontrollo o chissà che altro. Nessuno lo sa. Ma io so di cosa sono fatti e come fanno a "vivere". Nei cavi scorre un liquido nero, una miscela scura e puzzolente che viene convogliata in diverse camere di stoccaggio. Al centro del loro petto risiede un 'core' energetico contenete sodio: una capsula di costanti reazioni chimiche. Ho davanti ai miei occhi un nero prodigio, un angelo caduto dell'ingegneria. Allungo la mia mano per toccarlo, ma non appena il contatto avviene vengo attraversato da un impulso di energia.0̷̧͍̼̇͂̐1̵̙̪͙̅̔́0̷̹̤̺͌̀̍1̵̧̣̯̒̔̌0̸͙̬̠͂͆͑1̶͈̝̱̅̇͋0̵̡̳͙̆́̂0̵͍̪̲̅̐̐ ̷̣̤̫́̈̋0̸̢͎̙͐́̌1̸͚̳̟̂̅̕1̸̳̮̮̎͂̀0̶̞̙́̀̂͜1̸̣̹̄͌̑ͅ0̷̭̼͈͑̔͝0̸̡̦̖̍̍̋1̸̺̥̦̽͛̚ ̷̟̩̥̐̽̽0̸̥̲̞̔̒̕0̵͍̣̫̈͘͠1̸̖̘̲̐̈̾0̷̜̼͗̈́̃ͅ0̷̺̰̺̄̄̂0̴̧̩̌̉͊͜0̴̤̝̳͑̀̑0̶͙̻̗͑̿̐ ̶̪̺̏́͝ͅ0̵̜̙͓̎́̓1̵͕̱͖̔͆̅1̷̻̣̮̍́͌1̸̧͚̮͆̽̈́0̴͕̥̠͂̾̅1̷͕͔̮̑̃̈1̴̜͚͖͗̚͝0̴̧̡̹̈̈́́ ̴̝̖̰͊̎͐0̸̛͇̤̘̃͝1̶̨̣̦̀́̕1̴̭͚̮͗̑̋0̶̤̦͕̐̾́0̵̗̦͆̇͌͜1̶͍̯̮̂̐̐0̵̼̲̞̓̇̑1̷̯͓̮͊̏̕ ̴̙͔̈́͑́͜0̵̨͉̼̈́̓̈́1̵̮͎͙̐͠͠1̷͈̠̤͒̒͊0̸͎̰͖̀̍̆0̷͙̝̓̕͝ͅ1̶͓̤͈͐̋͘0̷͍̣̃̆̅͜0̸̛̭̘̯̓͌ ̷̘̤̲̃̏͒0̴͈͖̙̆͠͝1̸̧̜̝̓̇̔1̷͉͕̟͒͛̿0̸̟̯͈̏̍̀1̴̘̜̞̾̌͝1̴̰̫̣̋̆̊1̵̡̩̳̑̆̽1̷̗̗̟͂͋͆
Tutto è rosso. Tutto è morto. Tutto è statico. Una voce meccanica urla, nel vuoto più assoluto. Urla da sola. Non c'è niente, oltre a lei.
Mi rialzo da terra, madido di sudore e sporco d'olio. Le mie mani tremano ed il fiato manca. Per quanto tempo sono rimasto in quel posto? Il generatore si è spento. Il nastro trasportatore, immobile. Non so cosa sia successo, ma devo darmi una mossa. Ormai è quasi notte.
Trascino il corpo in un grande contenitore, dall'edificio fino al rover. Inserisco uno dei cavi dell'essere nel serbatoio del veicolo e vedo l'olio scorrere da un contenitore ad un altro tramite osmosi. La mia idea ha funzionato: non appena metto in moto, vedo la lancetta del carburante sollevarsi immediatamente.
-"Hehheh... Con questo dovrei farcela. Si torna a casa!".
Carico il corpo sul retro del veicolo e lo nascondo sotto un grosso telo, tra bulloni, attrezzi e due pneumatici. Nessuno avrebbe dovuto vederlo o saperlo, a parte Viliana. Lo avrei portato da lei per farlo analizzare.
E poi... E poi. E poi, cosa?
Non lo so. Sono sopravvissuto ancora, è questo che conta.
Continuo a vedere una luce rossa, quando chiudo i miei occhi, e a sentire quell'urlo meccanico che mi riporta alla realtà quando mi distraggo.
Ma sono sopravvissuto ancora.
È questo che conta.
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<Disconnected>
Science FictionTerra. Anno 2356. Il mondo è segnato da guerre e cataclismi di ogni genere, ma questo non ha impedito all'umanità di progredire con il suo sviluppo. Ora l'umanità fa affidamento sulle macchine e le persone sono raccolte e divise in città ed habitat...