Manuel se ne sta steso sul letto mentre guarda il soffitto, la porta della sua camera è aperta e Anita, sua madre, continua a parlare ininterrottamente mentre è davanti lo specchio in bagno e si sta truccando.
"Manuel, tu la devi smettere di rispondere male ai professori, hai capito? Io non posso ricevere telefonate tutti i giorni solo per i tuoi comportamenti di merda"
Manuel alza gli occhi al cielo, Anita ha ragione. Lui, però, non riesce mai a controllarsi, soprattutto quando non c'è Simone. Quella mattina, infatti, il più piccolo non è andato a scuola per una partita importante di rugby, a cui Manuel avrebbe voluto assistere, ma la madre non gliel'ha permesso visto che ha già fatto troppe assenze.
Da quando c'è Simone, Manuel riesce ad essere più pacato. Sicuramente la sua tendenza a rispondere male ai professori o a cacciarsi nei guai facendo disperare la madre, non è sparita, però va sicuramente meglio. Anche perché lui è una persona estremamente impulsiva, non conta fino a dieci prima di agire, agisce e basta. Questo lo ha portato a perdere un anno, quindi si ritrova ancora in terza superiore; lo ha portato a tornare a casa decisamente troppe volte con un labbro sanguinante o uno zigomo tumefatto; lo ha portato a perdere il controllo di qualsiasi cosa.
Da quando quella testa riccioluta è entrata nella sua vita, Manuel si è calmato. C'è sempre Simone che con uno sguardo o una mano appoggiata al suo braccio gli fa capire che sta esagerando, e allora lui si ferma. Quando Simone non c'è, Manuel resta lo stesso di sempre, scatta come una molla per il minimo problema, si rifiuta di andare alla cattedra per l'interrogazione, si arrabbia facilmente. E anche sua madre si è accorta di questo suo cambiamento in assenza di Simone.
"Lo capisci che non hai sempre Simone che ti fa da babysitter o no?"
"Ma', e basta. Sempre co' sto discorso te n'esci"
La madre si affaccia davanti la porta della sua camera con lo scovolino del mascara in mano.
"Se te lo dico un motivo c'è. Tu senza Simone nun te sai regola', Manuel"
E Manuel lo sa che Simone è la sua camomilla, che è l'unico in grado di placarlo, che è l'unico che con uno sguardo lo capisce, che Simone è l'unico a riuscire a fare tutto con lui. Simone è sempre e solo l'unico. L'unico che Manuel considera, l'unico che Manuel guarda come un appassionato d'arte guarderebbe il Cristo Velato, l'unico che gli provoca la sindrome di Stendhal quando lo guarda, perché Simone è un'opera d'arte. Lo è nel modo in cui cammina, lentamente; nel modo in cui muove le mani grandi e affusolate; nel modo in cui sorride; nel modo in cui muove le labbra quando parla; nel modo in cui si sistema i riccioli fuori posto; in qualsiasi cosa, per qualsiasi gesto, Manuel vede solo lui, il resto sparisce. Ma odia sentirselo dire, anche se è la persona che più ama a farlo.
"Perché lui sa come farmi stare tranquillo"
"E allora ci devo parlare, lo deve spiegare pure a me come fa, magari ce riesco pure io"
E come può spiegarlo alla madre che sono i suoi occhioni a tenerlo lontano dai guai? Che è la sua mano appoggiata sul suo braccio, oltre il banco, che lo calma? Che è il sorriso caldo che Simone gli rivolge quando Manuel gli dà ascolto?
Manuel ha bisogno di chiudere quella conversazione, immediatamente.
Si alza dal letto, prende lo zaino che solitamente usa per la scuola e lo svuota. Cerca due asciugamani e li infila là dentro, chiude la cerniera, si mette lo zaino su una spalla e va nel bagno dalla madre.
"Facciamo che nun ce pensiamo più, mh?"
"Manuel, non puoi scappare sempre così"
Manuel le si avvicina, le lascia un bacio sulla tempia.