Solo3min

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In estate, la cosa preferita di Simone è stendersi nel giardino immenso di casa sua. Aspetta ogni giorno che il caldo asfissiante del primo pomeriggio - che lo costringe a chiudersi nella sua stanza con il ventilatore puntato addosso - lasci spazio al venticello fresco che inizia a scuotere leggermente le foglie degli alberi del suo giardino. È solo in quel momento, che esce in giardino, si sfila la maglietta, restando solo in pantaloncini, si stende a terra e si bea della luce del sole che gli riscalda il corpo. Ama sentire l'erba sotto la sua schiena, quel leggero pizzicore che non è per niente fastidioso, unito al filo di aria fresca che gli smuove i riccioli e al sole che gli illumina il volto.

Quel giorno, il suo momento di tranquillità, è interrotto dal padre che attraversa il giardino quasi correndo per raggiungere il figlio.

"Simone?"

"Mh?"

Simone mette una mano davanti agli occhi, per guardare suo padre.

"Devo dirti una cosa"

E quella è la classica frase che non farebbe paura a nessuno, ma a Simone fa paura. Ogni volta che Dante la dice, significa che sta per fare qualcosa che a Simone non piace per nulla.

"Dimmi"

Dante si tortura le mani nervosamente, sa che aprire quell'argomento con il figlio è difficile. Era difficile parlarne quando andava ancora a scuola, ed è ancora più complicato farlo ora, che la scuola è finita da due mesi e con la fine della scuola sono finite tutte le cose collegate ad essa.

"Domani sera, cena di famiglia"

Simone si siede bruscamente, quasi gli gira la testa per la velocità con cui si è seduto.

"Eh, no, eh"

"Simone, uno sforzo potresti farlo"

"Io devo fare sempre sforzi. Ma a me quando cazzi ci pensi, eh?"

Dante si abbassa sulle ginocchia per stare alla stessa altezza del figlio.

"Senti, io non so cosa sia successo tra te e Manuel, e non sono fatti miei. Ma io e Anita stiamo insieme da due anni e non possiamo fare sempre i fidanzatini ventenni. Capisci che si va oltre ad una certa età, no?"

Simone alza gli occhi al cielo, ha la faccia rossa, sicuramente non per il sole.

"Proprio perché non sai niente, non dovresti costringermi a stare nella stessa stanza con lui, ok?"

Simone sospira, chiude gli occhi, li riapre, riprende il discorso.

"Io non voglio più saperne niente di lui. E non ho intenzione di passare una serata in silenzio a guardare voi che giocate alla famiglia felice, potete farlo anche senza di me. Quindi, mi organizzo con i miei amici ed esco, godetevi la vostra cena del cazzo"

Si alza velocemente e corre dentro, mentre Dante resta lì a guardare il punto in cui era seduto il figlio.

Simone aveva imparato a gestire il rapporto con il padre, aveva capito che continuare a portargli rancore per il passato era controproducente, di conseguenza aveva messo da parte tutto ciò che era successo ed era riuscito a ricostruire un rapporto abbastanza buono con Dante.

Era addirittura contento quando Dante gli aveva annunciato di aver iniziato una storia con Anita, la madre del suo migliore amico. L'aveva sempre trovata una donna estremamente dolce ed era sicuro che sarebbe riuscita a migliorare suo padre.

E così era stato, perché Anita a Simone voleva sinceramente bene, lo trattava come un figlio. E soprattutto, suo padre gli sembrava una persona nuova da quando quella donna era piombata nella sua vita.

Holding on to youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora