Parte III

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-Davvero hai voglia di baciarmi qui, di fronte a tutti?- domandò, con un filo di voce.

-Sì, ho voglia di baciarti, Lou!- esclamò Harry, con tono basso e roco.

-Sicuro? Ci stanno guardando tutti e...-

-Smettila di blaterare- mormorò posandogli un dito sulla bocca. -Mi piaci, Louis-

E immediatamente le labbra di Harry furono sulle sue e le dita lunghe e snelle fra i suoi capelli, tirando a volte alcune ciocche mentre tentava di approfondire il bacio.

Quando la sveglia suonò energicamente, si alzò di colpo dal letto tutto sudato e scosso.

Era l'ennesima volta nel giro di due settimane che ogni santa mattina si alzava in quel modo indecente, solo per colpa di IoSonoFigo!

Harry da giorni popolava i suoi pensieri, i suoi disegni e i suoi interi stati d'animo.

E lui non riusciva proprio a controllarsi, nonostante si sforzasse di andare avanti e lasciarlo perdere.

Tuttavia, pensarlo e crogiolarsi nelle fantasie più insensate e ridicole, gli sollevava il morale.

In passato, a volte c'erano stati giorni tremendi, in cui vedeva tutto nero e continuava a camminare nonostante le sue gambe gli urlassero di fermarsi. Non aveva nessuno con cui parlare, con cui sorridere e nessuno con cui uscire e divertirsi.

Tutte le persone che lo circondavano erano false e ipocrite, pensavano al loro benessere e lo usavano solo quando avevano bisogno di lui, magari per copiare qualche compito o pararsi il culo durante le interrogazioni.

E lui era così stupido, che spesso per sentirsi accettato acconsentiva ai loro stupidi giochetti anche se dopo, quando ritornava a casa, sentiva il cuore pesante e le lacrime sempre lì pronte ad uscire. Ma non piangeva, forse perché era troppo orgoglioso o troppo ferito.

Piangere era da deboli e non risolveva i problemi.

Ma con il tempo, crescendo e studiando gli altri, si era sentito meno solo e più capito. La scuola era piena di ragazzi come lui: emarginati, accantonati in un angolino e spesso derisi. Eppure, loro camminavano a testa alta fra i corridoi tentando di infischiarsi dei pareri burberi e superficiali degli altri anche se non era per niente facile.

Nessuno poteva capirli meglio di lui. Nessuno poteva conoscere le sensazioni di esclusione ed emarginazione che per anni si era portato dietro come un grosso macigno sulle spalle.

Nessuno poteva capire il dolore fisico ed emotivo che gli altri, con un unico sorriso di scherno e qualche parola, potevano provocare in una persona.

E guardare quel ragazzino appena deriso, o quella ragazza presa in giro solo perché era più formosa di altre, leggere nel loro sguardo la disperazione più agonizzante e terribile, era davvero soffocante e atroce.

Terribile leggere nel loro sguardo le tue stesse emozioni.

Soffocante il sentirsi persi e annaspare in una piscina di neanche mezzo metro.

Crudele pensare di esser nati sbagliati.

Mostruoso pensare di non essere all'altezza della vita, e magari considerarsi inferiori agli altri e pensare: 'Perché io non sono come lui?'.

E vivere ogni giorni con questi pensieri così brutti, pensare di non essere accettati e avvertire solo quel peso opprimente sul cuore e sulle spalle che giorno dopo giorno aumentava sempre di più, era insopportabile.

E più cercava di andare avanti, più l'oscurità gli porgeva una mano e con un sussurro dolce lo invitava a seguirla.

Era come se gli dicesse 'Tranquillo, ora penso io a te. Da ora in poi sarai felice'.

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