2.

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Simone era appena uscito dalla doccia quando sul suo telefono comparve una notifica dai direct di Instagram, il nome di Daniel torreggiava all'inizio del messaggio e lui ci cliccò sopra tranquillamente come era solito da ormai qualche giorno.

-quindi ci vediamo stasera?-
-si, appena finisco di lavorare-

Rispose rapidamente e posò il telefono sul bordo del lavandino. Daniel lo aveva contattato qualche giorno prima, avevano iniziato a parlare tranquillamente fino al giorno prima, quando il ragazzo si era fatto avanti chiedendogli di uscire.
Simone non si aspettava assolutamente niente da quelle interazioni, non si era mai dedicato troppo alle persone conosciute su Instagram e non si aspettava niente nemmeno quella volta, ma aveva comunque accettato di uscirci perché magari qualcosa poteva guadagnarlo comunque.

Guardò l'ora sulla schermata di blocco del telefono e notò di essere in anticipo per l'orario di uscita delle scuole, meglio così, pensò, meglio prima che dopo.

Si preparò velocemente indossando la felpa grigia e il cappotto e scese le scale trovandosi davanti suo padre che camminava verso la cucina.

«io vado, non torno a cena» disse velocemente.
«va bene, mi raccomando fai attenzione»

Simone annuì prima di sparire dietro la porta. Suo padre si era dimostrato subito molto scettico quando gli aveva detto di aver piazzato dei volantini per lavorare come babysitter, in primo luogo perché non c'entrava nulla con la sua laurea e in secondo luogo perché riteneva una responsabilità grande prendersi cura del figlio di qualche sconosciuto.

Gli aveva promesso che se non si fosse sentito all'altezza o se avesse trovato un lavoro più attinente ai suoi studi, avrebbe mollato all'istante e Dante si era calmato parzialmente.

Guidò fino a scuola di Enea e parcheggiò poco distante tra le macchine dei vari genitori che aspettavano i propri figli fuori dall'edificio, si avvicinò anche lui aspettando pazientemente che aprissero la porta, Manuel gli aveva spiegato che avrebbe dovuto aiutare Enea a cambiarsi le scarpe e prepararsi per uscire ma che, comunque, era in grado di farlo da solo.

Si trovò a pensare di essere capitato anche abbastanza bene perché di bambini così svegli alla sua età ce n'erano pochi e questo contribuiva a fargli sentire meno il peso delle responsabilità che aveva nei suoi confronti.

Quando le porte si aprirono lui fu uno degli ultimi ad entrare, seguendo gli altri genitori per farsi indicare la strada all'interno di quello che gli sembrava essere un labirinto in quel momento.

Sinistra, sinistra, destra.

Si ripeté a mente, camminando in modo cauto.

Quando arrivò nella stanzetta con le diverse panchine trovò Enea già intento ad infilarsi le scarpe non accorgendosi, però, che le stava invertendo.

«ciao piccoletto»
«ciao» Gli occhioni verdi su puntarono su di lui quando si abbassò alla sua altezza e gli regalò un sorriso luminoso.
«le stai mettendo al contrario, le sistemiamo?» il bambino annuì facendo rimbalzare i ricci lunghi e Simone allungò le mani sulle scarpe sfilandole dai suoi piedi. «le vedi le stelline?» gli indicò le tre stelle cucite sulla scarpa e il bambino annuì. «queste vanno sempre verso fuori, perché tutti devono vedere le scarpe belle che hai» Enea sorrise sfilandogli la scarpa dalle mani, fissò per qualche secondo i suoi piedi e poi si infilò la scarpa nel piede giusto, ovvero quello destro. «bravo» disse Simone, tirandosi su.

Finì di prepararsi nel giro di qualche minuto e Simone gli chiuse il cappotto fino al collo per evitare che prendesse freddo alla gola. Uscirono da lì mano nella mano mentre Enea gli raccontava della giornata scolastica appena avvenuta, appena arrivarono alla macchina Simone lo posizionò su un vecchio seggiolino rispolverato dai meandri del suo garage e salì al posto del guidatore percorrendo all'incirca tre chilometri prima di parcheggiare sotto casa del bambino.

Nani e giganti buoni. | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora